innanzitutto, mi preme elogiare la Sua sensibilità per aver chiesto
al Suo medico una possibile anamnesi afferente i comportamenti
assunti dal bambino, da cui è stato possibile desumere che le urla
ed i pianti potrebbero rappresentare una manifesta esternazione di
aspetti che sottendono a forme di disagio. In questi casi, è fors'anche
possibile intravvedere delle carenze, da quelle di natura affettiva,
legata alla sfera del "prendersi cura", fino a quelle di mancanza di
impegno a rispettare le regole di condominio e, più in generale, di
assicurare il rispetto delle esigenze abitative altrui. Da questi,
ancorché generici, assunti è possibile intravvedere le due
principali forme di rivendicazione all'interno delle quali
potrebbero essere avanzate, nei confronti dei genitori, dacché
responsabili dei comportamenti assunti dal minore, l’avvio di idonee
azioni coercitive volte, quantomeno, a calmierarne gli eccessi,
accordando lo svolgimento di una normale vita domestica.
A tal riguardo, i comportamenti che intralciano la vita interna al
condominio traggono precipuo riferimento nel regolamento (ex
art. 1138 c.c.), il quale rappresenta l'atto con il quale vengono
regolati i diritti e i doveri dei condomini. A baluardo di tale
disciplina fa dunque riferimento l'Amministratore, il quale, oltre a
raccogliere le lagnanze espresse, potrebbe ricevere mandato
dall'assemblea di adire alle vie legali contro il condomine che
contravviene alle regole del condominio o, finanche, risulti
imputabile di danno. Tenga presente che se il regolamento è di
natura contrattuale (cioè predisposto dall'originario costruttore o
approvato all'unanimità) le norme prevalgono sulla legge salvo il
disposto dell'art 72 disp. att. al codice civile. Si aggiunga che
anche il singolo condomino può agire contro altro condomino
sia per violazione del regolamento, sopratutto se contrattuale, ma
anche per immissioni sonore moleste ed intollerabili, previa
miglior verifica da parte di un tecnico abilitato alle rilevazioni
fonometriche. Si può anche instaurare prima dell'azione civile, ed a
seguito della diffida, una mediazione presso gli organismi
competenti.
La seconda questione, di cui Lei ha peraltro fatto intravvedere
cenno, riguarda l'assunzione di responsabilità nell'ambito della
sfera penale (ex art. 659 C.P.) la quale, risulta utile
ricordare, è attivabile solo su querela di parte. Pare
indubbio che, sebbene tale riferimento contempli la rivendicazione
dei disturbi arrecati da vicini, sempreché le immissioni interessino
una pluralità indefinita di persone, come ribadito da consolidato
orientamento della Suprema Corte, permane al contempo l'esigenza di
dover salvaguardare i buoni rapporti col vicinato che, qualora si
intendesse procedere in azioni davanti all'Autorità Giudiziaria,
potrebbero addirittura risentire di una loro successiva accesa
esacerbazione.
In siffatte circostanze, pare piuttosto opportuno voler procedere
per gradi, non solo per evitare di sollevare conflitti
all'interno delle relazioni interpersonali, comprese quelle tra gli
stessi genitori, quanto più per salvaguardare la serenità del
bambino, il quale rappresenta la vittima di una situazione che
lo ha reso artefice inconsapevole di comportamenti dei quali
non ha facoltà di comprendere la reale portata circa le conseguenze.
Esprimo peraltro mia disponibilità ad altro e più approfondito
riscontro qualora Lei intendesse usufruire di servizi di consulenza
in separata sede, mediante canale di comunicazione privata,
attivabile con i riferimenti in epigrafe.