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Possibile alternativa al criterio comparativo della normale tollerabilitàMaggio 2023 - A cura di Luca Bridi (1), Giorgio Campolongo (2) e Luciano Mattevi (3)
(1) Avvocato - Patrocinante in Cassazione
- Presidente del Foro Immobiliare sez. Milano
Con l'espressione "rumore" intendiamo un "suono non gradito", ossia che produce degli effetti "negativi" (nocivi). Risulta quindi evidente che tale valutazione sia, principalmente, frutto di un "apprezzamento" di natura soggettiva, che può variare da individuo a individuo, anche se, come tale, resta del tutto insindacabile. Da ciò ne consegue che non esiste un solo criterio né, di conseguenza, un solo limite generale che vada bene in tutte le condizioni. Le analisi psicoacustiche si fondano proprio su una valutazione del soggetto esposto a diverse sonorità e dalle quali sono state tratte delle indicazioni statistiche di frequenza, intesa come percentuale di persone che riconoscono quella sonorità come "sgradevole". Si pensi al riguardo ai grafici di Miedema o alle analisi psicoacustiche ben descritte nella pubblicazione "Un'introduzione alla psicologia dell'udito" di Brian Moore. Risulterebbe quindi, a mera opinione degli autori, concettualmente non appropriato utilizzare lo stesso descrittore per descrivere eventi diversi. Nel corso degli anni, si è aperto sempre più una "biforcazione" fra i fautori dell'impiego di indicatori "fisici" nella rappresentazione del rumore che traggono origine dalle teorie di gestione del segnale elettrico, a partire dal valore efficacie (RMS), acquisito dal microfono (trasduttore acustico), e quello desunto mediante l'impiego di indagini psicoacustiche, di cui il Dott. Mario Cosa era un accanito sostenitore, forsanche perché di formazione igienista. Tant’è che, nel tempo, i fautori delle analisi matematiche hanno prevalso sulle teorie dei medici-igienisti, essendo prevalsa la convinzione, peraltro non sempre corretta, che nei primi si racchiudesse l'oggettività, quindi l’imparzialità, del giudizio, giacché rinviato al rigore della scienza metrologica dei risultati; mentre nei secondi si paventava l'idea che i risultati dovessero essere rinviati all'arbitrarietà del giudizio soggettivo del medico-igienista al quale avrebbe dovuto compete l’elaborazione dell'anamnesi del paziente attraverso un'analisi multi-parametro (intensità, qualità e persistenza del fenomeno sonoro, reazioni manifestate e conseguenze generate sulla psiche e sul fisico). In campo giuridico, compiendo un piccolo passo indietro, pare utile voler rammentare che le prime sentenze sul finire del 1970 che usufruiscono del "metodo comparativo" traggono origine dai fondamenti proposti nella 1^ Edizione della Raccomandazione ISO 1996:1971 - Valutazione del rumore in rapporto alle reazioni delle collettività, si badi bene il termine "collettività" e non "singolo individuo", tant'è che la stessa nota introduttiva alla norma sottolinea che "Il metodo descritto (...) è giudicato adatto a prevedere approssimativamente la reazione delle persone che sono suscettibili di essere provocate dal rumore e può aiutare le Autorità competenti a fissare dei limiti per i livelli di rumore". Inoltre, la norma rinvia l'analisi fonometrica a partire dai valori di livello espressi in dB(A), anche se poi gli stessi devono essere adattati alle curve di valutazione del rumore (NR). Il livello attribuito alla sorgente è quello "continuo" di livello acustico (LA), mentre solo se la variazione del rumore è consistente viene proposto di utilizzare il livello continuo equivalente di rumore (LAeq). In entrambi i casi, i livelli vanno analizzati su lunghi periodi e, qualora presenti, vanno introdotte le diverse correzioni per componenti impulsive, tonali e di tempo parziale, al fine di determinare il LIVELLO DI VALUTAZIONE. La distorsione alla quale è stata sottoposta la predetta norma nel corso degli anni, attraverso differenti, susseguenti e spesso arbitrarie interpretazioni, accompagnate da un approccio non sempre logico e razionale, hanno portato ad allontanarsi sempre più da tali precipui fondamenti, tanto che oggi è divenuto difficile riconoscere, all'interno delle valutazioni alla reazione al rumore, un qualche riferimento alla predetta ISO del 1971, la quale, è utile ricordare, trae fondamento nel collegamento tra livello (dose) e reazione degli individui (effetto), mediante un criterio che potremmo identificare di tipo "olistico". Senza allontanarsi troppo da tali capisaldi, l'impiego di un indicatore ritenuto più appropriato di altri non può prescindere dal metodo di valutazione assunto, in quanto da questo traggono fondamento le reazioni della collettività sulle quali tale indicatore si fonda. Ciò, tuttavia, non impedisce di applicare diversi metodi e, persino differenti indicatori, qualora comprovati da analisi socio-acustiche. Ben differente è la questione, forsanche "semplicistica", con la quale si vorrebbe operare, in automatismo, il confronto fra parametri dei quali il tecnico non sempre sa' riconoscere il contributo in termini di reazione percettiva al rumore. Con il termine "misura", infatti, è compreso anche la valutazione della reazione che la persona esposta al rumore manifesta o può manifestare nel tempo. In altre parole, è come se intendessimo riconoscere il duro lavoro dei campi ritratto nel "I mangiatori di patate" di Vincent van Gogh usufruendo di un colorimetro, piuttosto che raccogliere le reazioni emotive dei visitatori. Un buon Tecnico, dovrebbe fare uso innanzitutto della ragione e poi dello strumento di misura (fonometro o altro). Mediante la ragione, infatti, sarebbe possibile eseguire una valutazione della c.d. "normale tollerabilità" senza l'ausilio del fonometro, anche se questa è un'altra storia che affonda le radici nelle teorie del Diritto. Tuttavia, ritornando su questioni prettamente metodologiche, il tema "cardine" sul quale ruota la valutazione del rumore si accentra proprio su alcuni interrogativi: quante persone possono ritenersi disturbati ad un determinato fenomeno sonoro? Quante persone intendiamo rappresentare all'interno di una rivendicazione? Quali persone intendiamo riconoscere il Diritto di imporre un'azione di contenimento o, nei casi gravi, inibitoria a carico del soggetto che risulta responsabile di siffatte illecite immissioni? Quali indicatori impiegare e come riconoscere in essi anche un'adeguata incertezza nei risultati? Queste sono solo alcune delle domande che la valutazione "tradizionale" non sempre affronta, prefigurandosi di voler rispondere, quasi meccanicamente, ad un "SI" o ad un "NO" quale mero sunto di un'elaborazione matematica, sia essa definita attraverso il modello del "livello equivalente", sia essa estrapolata dalla recente specifica tecnica UNI/TS 11844:2022 – Procedure per la misurazione e l’analisi del rumore intrusivo. Risulta indubbio che i metodi sui quali verte l'attuale analisi non siano quelli più adatti e confacenti per rispondere alla domande iniziali e questo rappresenta certamente un buon inizio. Ora tuttavia sembra giunto il tempo di trovare un utile riferimento grazie al quale poter sviluppare, elaborare e finanche tradurre in casi concreti da applicare nel corso delle vertenze. La tollerabilità del rumore in deciBel (dB) è la condizione o il carattere di ciò che è tollerabile, il che determina l’impossibilità pratica di giungere alla definizione di un limite che includa anche la tolleranza percentuale della popolazione che è la capacità di tollerare ciò che è o potrebbe rivelarsi sgradevole o dannoso indipendentemente dal tipo di rumore. La tolleranza è riferita al soggetto, ossia alla persona, la quale può risultare tollerante o intollerante. La tollerabilità è quindi riferita all’oggetto cioè al rumore. Il rumore può essere tollerabile o intollerabile. La tollerabilità è una condizione opinabile: se la persona tollera l’oggetto esso è tollerabile, altrimenti è intollerabile. Di conseguenza, la tollerabilità dipende dalla tolleranza. Limitandoci alla tolleranza giudiziaria, cioè la percentuale della popolazione che il giudice civile intende tutelare dagli effetti causati dal rumore che, in generale, rappresenta una caratteristica fisiologica che contraddistingue l’essere umano che necessita di essere espressa in ordinanze o sentenze. Riprendendo il riferimento alla ISO 1996 perché la storica Raccomandazione ISO/R 1996-1971 in tutti questi anni è uscita dalla porta ma è in parte rientrata dalla finestra con l'introduzione nella ISO 1996-1:2016 del community tolerance level (CTL) come livello sonoro medio annuo giorno-notte (DNL) al quale si prevede che il 50% delle persone di una collettività sia fortemente infastidito/disturbato (highly annoyed) dal rumore. Da notare al riguardo che la UNI ISO 1996 attuale è la traduzione in italiano della precedente edizione ISO del 2003 che non aveva ancora CTL, quale indicatore che potrebbe aiutare, quantomeno, a cominciare a ragionare in termini di percentuali delle persone esposte al rumore (per approfondimento: How to measure community tolerance levels for noise - The Journal of the Acoustical Society of America). Per il nostro limite della tollerabilità in deciBel (diverso dalla tolleranza % della popolazione) occorrerebbe rispondere alla domanda di quale sia la percentuale della popolazione italiana, con sensibilità “normale” al disturbo da rumore, che si vuole tutelare dal disturbo ex art. 844 c.c.. Per altre caratteristiche fisiologiche (peso, altezza, vista, percezione del suono, persino intelligenza, ecc.) la percentuale del “normale” esiste ma per il disturbo/fastidio non esiste. In ambito giudiziario viene spesso utilizzato il “limite della normale tollerabilità” anche se poi, in termini concreti, cosa intendiamo? Se fosse da ricondurre al 95% della popolazione, questo aiuterebbe parecchio la valutazione. Tornando al problema della percentuale delle persone con sensibilità "normale" potremmo considerare l’esempio in cui in un locale venisse immesso un rumore lieve e la persona (1%) più sensibile al disturbo dicesse di essere disturbata. Quando il rumore cresce ovviamente la percentuale cresce, fino al 50% della CTL della ISO, e per rumore maggiore cresce ancora fino a saturarsi al 100% della popolazione, quando cioè tutti sono disturbati. A questo punto l’interrogativo da porsi è: a quale percentuale si situa il limite della tolleranza “normale”, cioè delle persone con sensibilità non eccessivamente tollerante né eccessivamente intollerante? La risposta potrebbe essere il 95%, cioè 19 su 20 sono normali e una persona su 20 è “anormale”, ossia ipersensibile al disturbo da rumore, la quale dovrebbe, probabilmente, cercare di tutelarsi da sola andando ad abitare in zona silenziosa senza invocare dal giudice, né dal responsabile del rumore, di venire protetta. Sarà poi la Autorità Sanitaria Locale, decidere se prendersi cura di questa persona che soffre di una forma anche non patologica ma comunque “non normale”. Ovviamente il 5% della intolleranza normale è ben lontano da CTL=50% della ISO e questa è la differenza tra l'inquinamento acustico che disturba la collettività e il disturbo dal rumore del vicino di casa che invece disturba una sola persona. Un concetto assodato in questa materia è che l'andamento tipico della percentuale delle persone che si dichiara disturbata (a parità di grado di disturbo HD – Highly Disturbed) cresce da 0% al 100% in funzione dell'aumento del rumore in deciBel, con il tipico andamento a “S” della curva. Per tentare d'inquadrare il problema, pensiamo di avere queste due curve: una per il disturbo del camminare al piano di sopra e l'altra per il disturbo delle voci del vicino (alcune di queste curve esistono già in letteratura tecnica, anche se non esaustive). Nessuno sa quale sia la percentuale delle persone con tolleranza normale per il rumore del camminare né per le voci. Pare evidente che (a parità di grado % del disturbo, per esempio HD=27% di Miedema) la % delle persone con tolleranza normale per i due diversi tipi di rumore sia la stessa perché non si vede alcun motivo che giustifichi che possa essere diversa: se le persone giudicate con tolleranza normale per il rumore del camminare fossero il 90% della popolazione, non si vede per quale motivo per le voci le persone con tolleranza normale possano essere di più o di meno del 90%. Il vero problema è dunque riuscire a valutare qual è la percentuale della popolazione che vogliamo tutelare indipendentemente dal tipo di rumore. Quando poi questa percentuale venisse fissata si sarebbe fatto un passo avanti perché sulla sigmoide del tipo di rumore in esame si avrebbe subito il limite della tollerabilità "normale". A ben vedere nella sigmoide la vera variabile indipendente non è il rumore, dal quale dipenda la percentuale dei disturbati, ma è l'inverso: è la percentuale dei disturbati dalla quale dipende il livello del rumore che corrisponde a quella percentuale della popolazione. La lettura dell’art. 844 del codice civile impone di ricercare l’esatto contenuto della “normale tollerabilità”. Il termine “tollerabilità” deriva dal latino tolerantĭa, derivato a sua volta del verbo tolerāre, “sopportare”. Il termine “normale” indica ciò che è conforme alla norma, ciò che è naturale, regolare, ordinario ed evoca subito alla mente l’accettazione condivisa di qualcosa da parte della collettività. L'art 844 cod. civ. non impone il silenzio assoluto, ma si preoccupa solo di assicurare un sereno e pacifico godimento della proprietà esclusiva, con lo scopo di preservare e garantire una convivenza pacifica e civile tra gli stessi cittadini, e con il fine ultimo, attraverso l’intervento del Giudice, di risolvere i conflitti derivanti da usi incompatibili e anomali delle rispettive proprietà, contemperando i diversi interessi coinvolti e tenendo anche in considerazione precipuamente la salute dell’individuo, diritto garantito ex art. 32 della Carta costituzionale. Allo stesso tempo l'art. 41 della Carta costituzionale, come da poco modificato dalla nuova Legge 11 febbraio 2022 n. 1, sancisce il diritto alla salute come diritto primario, non comprimibile dall'iniziativa economica. Il rumore (quindi l'immissione intollerabile), sottolineano le nuove linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, danneggia gravemente la salute umana e interferisce con le attività quotidiane delle persone a scuola, al lavoro, a casa e durante il tempo libero. Può disturbare il sonno, causare effetti cardiovascolari e psicofisiologici, provocare reazioni di fastidio e cambiamenti nel comportamento sociale. E secondo l'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio. Non può esservi ingerenza che vada a minare da parte di terzi tale diritto, in special modo da immissioni sonore moleste. E' indubbio, da quanto espresso, che la tollerabilità (la naturale sopportazione) ha connotazioni anche nella sfera soggettiva della salute della persona, dell'individuo e della collettività. Come stabilire se si è superata la normale tollerabilità? Il dato normativo del codice civile non individua una misura in base alla quale aritmeticamente stabilire il limite di tollerabilità delle immissioni sonore, giacché in questa materia domina il criterio di relatività e del caso per caso, essendo affidato al Giudice di merito un compito di valutazione, secondo il proprio prudente apprezzamento che tenga conto di più circostanze di fatto nel quadro delle direttive di legge, in relazione alle singole situazioni particolari e alla entità degli interessi in conflitto, tenuto altresì conto delle esigenze della convivenza sociale e della funzione sociale della proprietà (ex pluribus Cass. civ., sez. II, 14 agosto 1990, n. 8271). Il principio viene confermato dalla Ordinanza n. 6906/2019 della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione. Eventuali parametri fissati da norme speciali, pertanto, pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l’intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell’ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (Cass. Civ. sent. n. 22105/15-. idem Cass Civ. Sent. 28201/ 2018). Anche la Cass., Sez. Unite, sent. n. 4848/2013 ha confermato che la tollerabilità deve essere valutata in concreto e caso per caso. La presente pronuncia conferma una valutazione relativa e non assoluta. Il “criterio comparativo” non è quindi il criterio tecnico giuridicamente assodato, ma si pone solo come un punto di partenza. Va precisato (ex pluribus ordinanza Cass. 21649 2021) che le normative tecniche speciali, che prescrivono i livelli di accettabilità delle immissioni, perseguendo esclusivamente interessi pubblici, operano in negativo nei rapporti fra privati e pubblica Amministrazione, al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete. Tuttavia il giudice con idonea motivazione e con allegazioni valevoli, caso per caso, se ne può discostare, tenuto conto della salvaguardia di principi costituzionali, come il diritto al salute, che sono in gioco nella valutazione dei singoli casi. Infatti anche la prova per testimoni è ammessa. In più riprese, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 12 febbraio 2016 n. 2864 - idem Cass. 31.01.2006 n 2166) ha affermato che, in tema di immissioni rumorose, i mezzi di prova per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’articolo 844 del Codice civile non devono essere necessariamente di natura tecnica. Più precisamente, la Corte di Cassazione con la sentenza 2166/2006, richiamato una decisione precedente (Cass. 5695/78), tuttavia confermata di recente dalle Sezioni Unite (4848/2013). E' proprio su questo filone che la recente sentenza della Corte di Cassazione 2864/2016 afferma che “nulla vieta, quindi, che l’entità delle immissioni rumorose ed il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale, anche in relazione agli orari ed alle caratteristiche delle emissioni stesse”, rimandando poi al giudice di valutarne l’attendibilità e la congruità. Da quanto emerge il punto della Giurisprudenza è chiaro e si interconnette anche nella valutazione della tollerabilità e delle teorie di applicazione tecnica, nella salvaguardia soprattutto dei principi costituzionali (in primis diritto alla salute), europei e mondiali. Non a caso, ma con grande lungimiranza tipica delle menti più elevate, il Prof. Robert Koch, premio nobel della medicina, all'inizio del secolo, pronunciò queste parole: "l'uomo dovrà combattere i rumori con la stessa tenacia con cui combatterà il colera e la peste".
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