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Estate “musica” per le orecchie

Agosto 2008 - A cura di Luciano Mattevi

 

 

L’estate è per molti tempo di vacanza, di divertimento spesso associato ad attività musicali all’aperto con impianti a tutto volume. Nulla di male, anzi, per molti rappresenta una vera e propria evasione da un mondo lavorativo denso di stress e frustrazioni. Purtroppo, tuttavia, queste attività vengono spesso svolte vicino a luoghi abitati, se non, addirittura all’interno di questi, sollevando le proteste e i malumori di coloro che aspirano, semplicemente, a riposare.

Verrebbe da pensare: ogni anno la stessa storia! Eppure, è proprio così. Molti lettori di Inquinamentoacustico.it si rivolgono a noi denunciando l’intollerabile situazione di disturbo provocata da simili attività, alle volte con il beneplacito delle Amministrazioni locali, probabilmente più interessate a seguire le esigenze degli organizzatori che il riposo e la tranquillità dei propri censiti.

Al riguardo, è forse bene ricordare che l’esercizio di attività c.d. “temporanee”, compreso quindi le manifestazioni musicali, sono attività soggette a preventiva autorizzazione, in deroga ai limiti di rumorosità, da parte dell’Autorità comunale territorialmente competente, la quale è tenuta ad assicurare l’adozione di misure organizzative adeguate e ad individuare fasce orarie all’interno delle quali poter svolgere simili attività. Un dettame normativo, questo, piuttosto vago e discrezionale, tant’è che ciascuna Amministrazione locale può decidere, in piena autonomia, come meglio interpretare questo "principio".

A questo punto, pare proprio non vi sia alcuna via di uscita per tutti quei casi in cui l’organizzatore si attenga alle disposizioni date dell’Autorità, anche se, in concreto, arreca notevole disturbo con musica a tutto volume.

Le cose non stanno proprio così, infatti, qualora le rimostranze all'Autorità comunale non abbiano assortito alcun effetto,  e si intendesse sostenere una eventuale responsabilità penale del gestore o dell'organizzatore, in capo all’art. 659 C.P., non rimane che presentare un esposto-querela all’Autorità giudiziaria, rivendicando il mancato riposo delle persone e il disturbo delle occupazioni.

Al riguardo, pare oramai chiaro che due sono le condizioni necessarie per sostenere una simile rivendicazione in sede di giudizio: che il disturbo interessi una pluralità di individui, non è sostenibile quindi una rivendicazione in cui una singola abitazione è esposta, e che i livelli di rumorosità superino la soglia di accettabilità del rumore. Per questo motivo, è utile accompagnare la segnalazione con un rilievo fonometrico, eseguito da un “Tecnico competente” in acustica, attraverso il quale dare prova oggettiva del disturbo lamentato. Un’azione certamente forte ma che, in molte realtà italiane, ha portato anche all’adozione di provvedimenti cautelari severi (sequestro preventivo), con tutte le responsabilità ad esso connesse.

Dal canto mio, ritengo che quando vengono intraprese simili azioni è chiaro che nella macchina amministrativa qualcosa si è inceppato o, meglio, è evidente che la stessa non ha saputo agire con perizia al fine di limitare e, laddove possibile, impedire il manifestarsi di siffatti disagi.

Intervenire alla fonte del problema, individuando, laddove possibilmente, aree isolate, orari adeguati alle abitudini del luogo e, soprattutto, facendo rispettare le imposizioni date, sono solo alcuni semplici, quanto efficaci, interventi attraverso i quali instaurare un percorso chiaro, condiviso e nel contempo rigoroso, nella logica di quelli che sono, unicamente, alcuni oneri del vivere civile.
 

 

 

 

 

 

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