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Immobile in locazione turistica breve. Forma sistematica di attività
ricreativa. Incompatibilità.
Contesto spaziale sottratto al dovere di sorveglianza del gestore.
Ingiunzione di adottare gli accorgimenti volti a far cessare il disturbo.
Illegittimità.
Sindacato giurisdizionale sul piano di classificazione acustica
Elemento differenziale tra comma 1 e 2 dell’art. 659 c.p. Rilevanza penale.
Coesistenza del reato con la violazione amministrativa articolo 10, L.447/95
Sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica amministrativa
Rimedio ordinario previsto per le azioni di tutela della salute pubblica.
Competenza del Sindaco. Sussistenza
Caratteristiche del piano di classificazione acustica
Competenze dei comuni. Art. 6 della legge n. 447/1995. Campo oggettivo di
applicazione
Vivibilità urbana. Tutela della tranquillità e del riposo dei residenti.
Commercio e svago. Contemperamento. Diffusione sonora. Previsione del
regolamento comunale. Legittimità
Piano di classificazione acustica. Individuazione immediata dei livelli
massimi di rumore. Compatibilità con interessi del privato.
Esercizio di attività rumorosa. Disturbo dell’occupazione e del riposo delle
persone. Irregolare esercizio del mestiere. Ammissibilità di concorso tra le
disposizioni
Classificazione acustica. Funzione pianificatoria spettante ex lege ai
Comuni. Limiti del sindacato del giudice amministrativo. Zonizzazione
Attività di ristorazione. Esposto. Silenzio-inadempimento. Obbligo di
provvedere sull’istanza. Dovere di correttezza e di buona amministrazione.
Legittima aspettativa del privato
Immissioni sonore intollerabili. Lesione alla vivibilità della propria
abitazione.
Obbligo di rispetto dei limiti nazionali di inquinamento acustico e
situazioni di emergenza
Caratteristiche della contravvenzione di cui all'art. 659 C.P.
Obbligo di misurazione annuale. Limiti previsti dall’art. 6 del D.P.C.M.
1/3/91. Normale attività di esercizio. Situazioni emergenziali. Autorizzazione
in deroga. Fattispecie.
Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Esercizio di una
attività o di un mestiere rumoroso. Presupposti per la configurabilità del reato
e illecito amministrativo
Tecniche di rilevamento. Misurazione del rumore ambientale e residuo.
Condizioni di omogeneità. Potere di cui all’art. 9, L.447/1995. Attività di
rilevamento svolta da A.R.P.A.
Regolamentazione emissione dei rumori da parte dei Comuni
Immissioni intollerabili di esercizio di panificazione per il quale non ha valore la buona fede Cassazione Civile, Sez. II, ordinanza n. 27965/2023 L’elemento soggettivo non ha alcuna rilevanza, ai fini dell’affermazione della responsabilità per le conseguenze delle immissioni eccessivamente moleste, una volta accertato l’oggettivo superamento della soglia di tollerabilità prevista dalla legge. Infatti “L'art. 844 c.c. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio. Viceversa, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso poiché, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c.” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21554 del 03/09/2018, Rv. 650173; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 25/08/2005, Rv. 584409). In quest’ultimo ambito, infatti, quel che è decisivo è l’accertamento dell’avvenuto superamento del livello soglia della normale tollerabilità (nel caso di specie panificatore posto al piano terra), dal quale discende la responsabilità del soggetto che procura le immissioni rumorose.
Ordinanza sindacale urgente. Presupposti. Attualità del
pericolo. Sufficienza. Fattispecie nota da tempo. Irrilevanza.
Zonizzazione acustica. Deroghe. Piano di risanamento
acustico ai sensi del D.P.C.M. 1.3.1991. Ratio della deroga
Le normative della Legge 447/1995 e d.C.P.M. 5/12/1997 non
possono essere applicati alle strutture divisorie verticali e orizzontali
meramente interne ad una stessa unità immobiliare.
Piano di classificazione acustica e sindacato
giurisdizionale
Potere di ordinanza ex art. 9 l. n. 447/1995. Nozioni di “eccezionalità” e di
“salute pubblica”. Elemento di esclusione del potere contingibile e urgente ex
art. 9 cit. Inconfigurabilità.
Idoneità della condotta a disturbare un numero
indeterminato di persone. Natura di reato di pericolo presunto. Necessità di
querela. Eccezione per gli spettacoli pubblici
Piano di zonizzazione acustica
Presupposto dell’unicità dell’azione od omissione
produttiva delle violazioni. Applicazione analogica dell’art. 81, c. 2 cod. pen.
- Inconfigurabilità
Movida urbana. Valori soglia di cui al d.P.C.M. 14/11/1997. Tutela della salute
umana. Regolamento di igiene comunale . Applicazione
Obbligo del comune di adozione del Piano di classificazione acustica. Art. 7,
L.447/95. Previsione regionale. Sardegna
Sorgenti sonore fisse. Assoggettazione a controlli preventivi
Rumore dopo la chiusura dei locali. Il Comune può essere condannato al
risarcimento
Esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso. Integrazione di illecito
amministrativo e di reato
Esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso. Reati ed illeciti
amministrativi. Integrazione.
Ordinanza ex art. 9, legge n. 447/1995. Rimedio ordinario in tema di
inquinamento acustico. Competenza in via esclusiva del Sindaco.
Ordinanze ex art. 9 L. 447/1995 e relative misurazioni. Sottrazione alle
garanzie partecipative. Accertamenti a sorpresa
Schiamazzi. Soglia di tollerabilità. Fonte di rumore in un
ambiente molto silenzioso (centro storico). Osservanza delle normative tecniche
speciali
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 27 marzo 2023 (Ud. 22/02/2023), Sentenza n. 12555 Ai sensi dell’art. 659 c.p., regge in capo al titolare di esercizi commerciali aperti al pubblico una «posizione di garanzia» cui è correlato l’obbligo giuridico di impedire gli schiamazzi o comunque i rumori prodotti, in maniera eccessiva, dalla propria clientela, in questo modo «configurando gli elementi strutturali propri delle fattispecie omissive improprie (cd. «reati commissivi mediante omissione»), caratterizzate dall’integrazione tra la struttura tipica del reato commissivo, cui sono riconducibili alcune tra le condotte previste dal comma 1 dell’art. 659, e la norma generale posta dall’art. 40, comma 2, C.P., secondo cui risponde di un evento dannoso o pericoloso colui il quale abbia l’obbligo giuridico di impedirlo. Tale obbligo, che si sostanzia nel doveroso esercizio di un potere di controllo, è configurabile rispetto alle condotte poste in essere da parte dei clienti sia che si trovino all’interno del locale, sia per gli schiamazzi e i rumori dagli stessi prodotti all’esterno del locale, potendo il titolare ricorrere ai più vari accorgimenti, dagli avvisi alla clientela all’impiego di personale dedicato, dalla somministrazione delle bevande soltanto in recipienti non da asporto, in modo che esse vengano consumate all’interno del locale, fino al ricorso all’autorità di polizia o all’esercizio dello ius excludendi, quando essi siano comunque direttamente riferibili all’esercizio dell’attività, come nel caso in cui gli avventori permangano rumorosamente in sosta davanti al locale. Rilevanza penale della condotta produttiva di rumori – Presupposti – Natura di reato di pericolo della contravvenzione – Unica condotta rumorosa o di schiamazzo – Configurabilità. In tema di inquinamento acustico, la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare. Ciò discende dalla pacifica natura di reato di pericolo della contravvenzione in esame, tanto che la violazione può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e può consistere anche in un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo, recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui. In altre parole, non è necessario che «tutti» i residenti nelle vie limitrofe al locale percepiscano il rumore come superante la soglia di normale tollerabilità essendo sufficiente che alcune di esse ne abbiano subito turbamento nelle occupazioni e nel riposo e che altre potrebbero subirne altrettanto. Emissioni sonore idonee ad arrecare pregiudizio alla quiete al riposo ed alle occupazioni – Verifica di elementi probatori di diversa natura - Dimostrazione con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa - Libero convincimento del Giudice. L’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio alla quiete al riposo ed alle occupazioni di un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento in fatto rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifici accertamenti di natura tecnica, ben potendo fondare il proprio convincimento sulla base di altri dati fattuali suscettibili di valutazione ed oggettivamente sintomatici della sussistenza di un fenomeno oggettivamente disturbante. Pertanto, il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità. Anche le sole dichiarazioni rese dai denuncianti sono sufficienti a sostenere l’accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro, anche di natura fonometrica, in ordine al reato di cui all’art. 659 cod. pen. perché la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convincimento del Giudice penale il ricorso esclusivo ad accertamenti di natura tecnica.
Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Idoneità della condotta atta all'effettivo disturbo Cass. Sez. III n. 12014 del 22 marzo 2023 (UP 23 feb 2023) L'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio.
Vigilanza e controllo. Competenza di province e comuni. Deficit istruttorio. Dismissione dei propri compiti di vigilanza e controllo. Consiglio di Stato sent. 3483 del 4 aprile 2023 Ai sensi dell'art. 14, commi 1 e 2 della legge n. 447 del 26 ottobre 1995 (Legge quadro sull'inquinamento acustico) le attività di controllo e vigilanza in materia di inquinamento acustico sono svolte dalle province e dai comuni. In particolare, alla provincia sono affidate le funzioni di controllo e vigilanza qualora le problematiche di inquinamento acustico riguardino ambiti territoriali ricadenti sul territorio di più comuni compresi nella circoscrizione provinciale; ciò può, per esempio, verificarsi quando la sorgente sonora potenzialmente disturbante e il sito ricettore del rumore sono ubicati in due diversi comuni confinanti. Quando, invece, il presunto inquinamento acustico riguarda siti collocati all'interno del territorio di un unico comune, le funzioni amministrative relative al controllo restano di esclusiva competenza della stessa municipalità. Sia il comune che la provincia possono avvalersi del supporto ARPA, essenzialmente per la gestione tecnica della problematica, pur restando in capo ad essi la responsabilità del procedimento amministrativo. Orbene, l’ente locale ha ritenuto di non avvalersi del supporto dell’Arpa al fine di accertare l'eventuale superamento dei limiti di rumore e, quindi, la violazione delle relative norme; neppure, tuttavia, esso ha svolto un autonomo accertamento circa il presunto inquinamento acustico, appiattendosi supinamente e immotivatamente sulla perizia fonometrica di un soggetto terzo che, seppure idonea a introdurre un minimo principio di prova, non poteva sostituirsi né esaurire gli accertamenti e i dovuti approfondimenti istruttori incombenti sull’autorità procedente, ai sensi della legge n. 447 del 1995 e, più in generale, della legge n. 241 del 1990; incombenti che, per la stessa ragione, neppure potevano essere esclusivamente posti a carico del privato (come di fatto imposto dal comune) trattandosi, peraltro, di un procedimento, quello confluito negli impugnati provvedimenti, avviato d’ufficio e tenuto conto che così operando l’amministrazione ha sostanzialmente dismesso i propri compiti di vigilanza e controllo prestando solo fede a mere segnalazioni, esposti e lamentele di taluni cittadini.
Motodromo. Limite della normale tollerabilità. Differenza tra tutela
civilistica e tutela amministrativa. Prudente apprezzamento del giudice
Immobile utilizzato per ospitazione di animali. Livello di normale
tollerabilità ex art. 844 cod. civ.
Esercizio di attività o mestiere rumoroso Cass. Sez. III n. 49467 del 29 dicembre 2022 (UP 28 ottobre 2022) In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di un'attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
Assenza di valutazione di impatto acustico e di individuazione di ulteriori limiti massimi. Non rilevano, in quanto non imposte dalla circ. Min, 06/09/2004 TAR Lombardia Milano sent. 4 gennaio 2023 n. 71 Va osservato come la richiamata circolare ministeriale 6 settembre 2004, ove integralmente letta, non imponga affatto una apposita valutazione d’impatto acustico, ritenendola soltanto “opportuna”. Del resto, l’effettuazione di uno studio di impatto acustico non è prevista dall’art. 8 della legge regionale Lombardia n. 13, del 10-08-2001, che, come noto, disciplina le autorizzazioni in deroga. Non ha, dunque, rilievo il fatto che, con l’autorizzazione alla deroga non siano stati individuati ulteriori limiti massimi di rumore, dovendosi comunque rispettare i limiti posti a tutela della salute umana, tenuto anche conto che l’art. 8, comma 3, lett. a), della stessa legge regionale n. 13 del 2001 stabilisce che, con il suddetto provvedimento, possono (e non debbono) essere indicati i più alti livelli di rumore da non superare. Neppure ha rilievo la circostanza, del tutto ipotetica, che nel concreto si siano superati anche i limiti previsti a tutela della salute umana, posto che tale superamento non incide sulla validità del provvedimento impugnato il quale, di certo, non lo ha autorizzato.
Utilizzo di avvisatori acustici senza necessità. Differenza tra artt. 659, 660 cod. pen. e art. 156 D. Lgs. n. 285 del 1992 (Cod. strada). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 1^, 27 dicembre 2022 (Ud. 30/06/2022), Sentenza n.49268 In tema di molestia o disturbo alle persone, il comportamento finalizzato ad arrecare disturbo o fastidio e a turbare la tranquillità altrui, attraverso un inquinamento acustico (in specie ripetuto suono del clacson), va sussunta non già nella generica trasgressione di una regola di condotta di guida prevista dal codice della strada, ex art. 156 D. Lgs. n. 285 del 1992 (che considera i rischi derivanti dalla circolazione stradale), ma integra l’art. 660 cod. pen. che mira a preservare la quiete e la tranquillità del soggetto passivo. Né appare pertinente il richiamo all’art. 659 cod. pen., in tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.), perché sussista il reato non occorre che i rumori o le segnalazioni acustiche siano poste in essere per petulanza, capriccio o altri biasimevoli motivi, in quanto tali requisiti sono estranei allo schema legale in esame e attengono al diverso reato delle molestie o disturbo alle persone, previsto dall’art. 660 cod. pen.
Requisiti del reato di cui all’art. 659 cp Cass. Sez. III n. 41616 del 4 novembre 2022 La configurabilità del reato di cui all'art. 659, c.p. (per aver, nella qualità di titolare di un pubblico esercizio, più volte posto in essere una condotta idonea a turbare la quiete pubblica, non impedendo schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dei locali, anche in ragione dell'orario notturno fino al quale tali rumori si protraevano), può ritenersi dimostrata sulla base delle convergenti e credibili dichiarazioni di tre testi, parti civili, pur in assenza di specifiche indagini tecniche e dalla mancata irrogazione di sanzioni amministrative per violazione degli orari di chiusura e/o per violazioni del regolamento comunale.
Contravvenzione di cui all’art. 659 cod.pen. Integrazione. Cass. Sez. III n. 39514 del 19 ottobre 2022 (UP 29 set 2022) La contravvenzione di cui all’art. 659 cod.pen. è integrata allorché l’attività posta in essere dall’autore del fatto sia concretamente idonea ad arrecare disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, da cui la conseguenza che la prova del disturbo può essere liberamente raggiunta, purché il convincimento del giudice sia sorretto da adeguata motivazione. In tale ambito è stato condivisibilmente affermato che la responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato.
Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Disciplina applicabile. CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 14 ottobre 2022, Sentenza n. 38857 In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’esercizio di un'attività o di un mestiere rumoroso integra: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
Ordinanza sindacale contingibile e urgente per la sospensione delle emissioni sonore. Potere extra ordinem. Presupposti TAR Pescara sent. n. 386 del 7 ottobre 2022 Ai sensi dell’art. 9 della L. 26/10/1995, n. 447 il Sindaco può adottare ordinanze contingibili ed urgenti qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente facendo ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Trattasi di un potere extra ordinem, sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dall’art. 50, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali) di cui costituisce una specie, a cui l’autorità sindacale può ricorrere motivatamente per fronteggiare con immediatezza sia una situazione di natura eccezionale ed imprevedibile (in attesa dell'adozione delle misure ordinarie), sia una condizione di pericolo imminente al momento dell'adozione dell'ordinanza (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sentenza 17 maggio 2022). Inoltre l’ordinanza contingibile e urgente che impone la sospensione immediata delle emissioni acustiche nei casi specificamente indicati nell'art. 9 della legge n. 447/1995 non deve essere obbligatoriamente preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento. In tali fattispecie infatti è la legge stessa a prevedere il potere di intervento del Sindaco a tutela di interessi prevalenti. Gli elementi di particolare urgenza che caratterizzano immanentemente l'intero procedimento amministrativo diretto all'abbattimento delle emissioni rumorose inquinanti, gli conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in tema di partecipazione previsti dagli artt. 7 e ss. L. 7 agosto 1990 n. 241 (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sentenza 17 maggio 2022, n. 184; T.A.R. Piemonte sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1382 T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 02/04/2009, n. 1071).
Ambito di applicazione dell’art. 659 cod. pen. Cass. penale Sez. III n. 38857 del 14 ottobre 2022 (UP 8 giu 2022) Quanto al reato di cui all’art. 659 cod. pen., l’ambito di operatività di detta norma, con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l’attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall’art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.
Rumori idonei al disturbo. Responsabilità del titolare dell’esercizio commerciale che non impedisce i rumori molesti Cassazione penale sez. III sent. 33096 del 8 settembre 2022 Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, poichè la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento come l'attuazione dello "ius excludendi" e il ricorso all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica.(Sez. 3 - , Sentenza n. 14750 del 22/01/2020 Cc., dep. 13/05/2020,Rv. 279381; Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015 - dep. 06/08/2015, Gallo, Rv. 26450101; e nello stesso senso, Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008 - dep. 24/12/2008, Baruffaidi, Rv. 24280801).
Inosservanza della PA. Giurisdizione. Cassazione civile sez. unite sent. 27175 del 15 settembre 2022 La giurisdizione nella presente controversia spetta al giudice ordinario, in ragione del principio, enunciato proprio in ambito di immissioni intollerabili per la salute umana, secondo cui l'inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni, là dove le immissioni nocive provengano dal bene pubblico (o da impianto privato realizzato sulla base di provvedimento amministrativo), può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere, tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un’attività soggetta al principio del neminem laedere (fra le tante, Cass., Sez. Un., 6 settembre 2013, n. 20571; Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2014, n. 22116; Cass., Sez. I, 12 luglio 2016, n. 14180; Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2018, n. 2338; Cass., Sez. Un., 1° aprile 2020, n. 7636; Cass., Sez. Un., 12 novembre 2020, n. 25578; Cass., Sez. Un., 21 ottobre 2021, n. 29298). Questa Corte del riparto ha infatti affermato (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2020, n. 21993) che, in tema di immissioni acustiche provenienti da fondo privato (nella specie, si trattava di discoteche), appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia avente ad oggetto la domanda, proposta da cittadini residenti nelle zone interessate, di condanna della P.A. a provvedere, con tutte le misure adeguate, all’eliminazione o alla riduzione nei limiti della soglia di tollerabilità delle immissioni nocive, oltre che al risarcimento del danno.
Piano di zonizzazione acustica. Natura. Poteri del giudice amministrativo. Consiglio di Stato Sez. II n. 5420 del 30 giugno 2022 Il piano di zonizzazione acustica è un atto generale normativo di natura regolamentare, cui il legislatore ha assegnato il compito di disciplinare gli indici di tollerabilità dei rumori per ciascuna zona del territorio comunale cui ha riferimento. In ragione della sua natura di atto pianificatorio generale esso di regola è privo di attitudine offensiva nei confronti degli amministrati, i quali se ne potranno dolere eventualmente in sede di impugnativa congiunta con l’atto applicativo che rende concreta la lesione, prima solo potenziale della loro sfera giuridica, salvo che l’atto pianificatorio di per sé non presenti profili di specificazione tali da produrre un immediato effetto lesivo. Dalla natura regolamentare del Piano acustico discende che il giudice amministrativo vanta poteri disapplicativi nell’esaminare la legittimità derivata dell’atto consequenziale.
Natura di reato eventualmente permanente della contravvenzione di cui all’articolo 659 cp Cass. penale Sez. III n. 24397 del 24 giugno 2022 (UP 20 gen 2022) La contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. deve essere considerata come reato eventualmente permanente, che si consuma con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, o anche con una condotta reiterata nel tempo da parte dell’imputato, il quale, mediante più azioni identiche e omogenee, ometta – come nel caso di specie – di ottemperare all’obbligo giuridico impostogli dalla norma di controllare che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfociasse in un danno alla tranquillità pubblica.
Istituto della reiterazione. Non applicabilità. Violazioni commesse ad una programmazione unitaria. Autonoma fattispecie sanzionatoria. TAR L’Aquila sent. n. 137 del 20 aprile 2022 La norma di cui al comma quattro dell’art. 8-bis della legge n. 689 del 1981, limitandosi ad escludere l’applicabilità dell'istituto della reiterazione alle violazioni "commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria", lascia all’apprezzamento discrezionale dell'organo giudicante di valutare le condotte sottoposte al suo esame come un unitario fatto di durata, a cui fare corrispondere sul piano sanzionatorio un’unica violazione. E’ stato inoltre chiarito in giurisprudenza (Cass. civ. Sez. II, 04/03/2011, n. 5252) che l'istituto della reiterazione nell'illecito amministrativo di cui all'art. 8 bis della legge n. 689 del 1981, introdotto dall'art. 94 D.Lgs. n. 507 del 1999, è l'equivalente in materia amministrativa di alcune forme di recidiva previste in ambito penale, risultando circostanza aggravante nei casi espressamente indicati dalla legge. La disposizione in argomento tuttavia non può operare nei casi in cui la reiterazione della condotta configuri, come nel caso in esame, un’autonoma fattispecie sanzionatoria, atteso che ai sensi dell’art. 14, comma 5 del Regolamento “l’ulteriore recidiva” non costituisce circostanza aggravante ma comporta l’applicazione della diversa ed autonoma sanzione accessoria della revoca delle autorizzazioni. Ad ogni modo, deve escludersi l’applicabilità dell’istituto della reiterazione alla fattispecie in argomento in quanto le condotte contestate alla ricorrente non sono state commesse “in tempi ravvicinati” e non sono riconducibili nemmeno ad una “programmazione unitaria” attuativa di un medesimo disegno «criminoso» realizzato attraverso una pluralità di illeciti amministrativi teleologicamente avvinti, considerato che le tre violazioni sono state accertate in distinte giornate (14.07.2018; 21.07.2018; 28.07.2018) e nell’ambito dello svolgimento di diverse attività di intrattenimento.
Mappe acustiche strategiche. Art. 8, paragrafo 2 direttiva 2002/49/CE. Piani d'azione. Mancata comunicazione alla CE entro i termini previsti Corte di Giustizia UE sentenza del 31 marzo 2022 nella causa C-687/20 La direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25.06.2002 relativo alla determinazione ed alla gestione del rumore ambientale indica ai paesi dell’Unione Europea di redarre le mappe acustiche per individuare le azioni di mitigazione più adeguate da eseguire secondo le fonti di emissione del rumore. Tale direttiva mira a stabilire un approccio comune volto ad evitare, prevenire e/o ridurre in via prioritaria gli effetti nocivi, compreso il fastidio dell’esposizione al rumore. La direttiva viene applicata al rumore ambientale, al quale, in particolare, gli esseri umani sono esposti in centri abitati, parchi pubblici o altri luoghi tranquilli in centri abitati, zone tranquille in aperta campagna, vicino a scuole, intorno a ospedali e altri edifici e aree sensibili al rumore. i piani di azione devono essere redatti sempre nelle modalità indicate dalla direttiva sopra citata ed indipendentemente dai limiti acustici vigenti. La Corte ritiene che il Portogallo non abbia elaborato i piani di azione relativi agli agglomerati di Amadora e Porto, a 236 strade principali e 55 assi ferroviari principali, non comunicando alla Commissione le informazioni fornite dalle mappe acustiche strategiche relative alle strade ed ai tratti ferroviari degli agglomerati urbani di Amadora e Porto. La motivazione alla base del dispositivo della sentenza è evitare che l’inquinamento acustico aumenti, peggiorando ulteriormente la vivibilità delle aree individuate.
Rumore e vibrazioni nelle abitazioni private. Limiti. TAR Lombardia (MI), Sez. IV sent. n. 14/02/2022 n. 343 Risultano conformi alla regola generale dell’ordinamento che consente le emissioni acustiche solo entro i limiti della normale tollerabilità (di cui all’art. 844 cod. civ.) e al comune buon senso le prescrizioni contenute nel regolamento di polizia urbana secondo cui nelle abitazioni private: a) è proibito provocare rumori incomodi al vicinato; b) non è consentito mettere in funzione apparecchiature fonti di molestie e disturbi; c) le apparecchiature di uso domestico che producono rumore e vibrazioni non possono essere usate dopo le 22.00 e prima delle 7.30 (ovvero le 9.00 nelle giornate festive); c) le apparecchiature radiofoniche e televisive devono essere utilizzate contenendo sempre il volume delle emissioni sonore entro limiti tali da non recare in alcun modo molestie o disturbi ai vicini.
Pubblico esercizio. Responsabilità del gestore. Cass. Sez. III n. 3952 del 4 febbraio 2022 Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l’obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o all’Autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica.
Traffico veicolare. Grave disagio per residenti. Inadempienza delle autorità competenti. Ricorso alla CEDU. Corte europea diritti dell'uomo, sentenza 14.10.2021, n. ricorso n. 75031/11 E' possibile ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo nei casi di inquinamento acustico ove le autorità nazionali restino inerti, malgrado le proteste degli abitanti, posto che nei casi di grave inquinamento la tutela dell'ambiente rientra nel diritto al rispetto della vita privata.
Ordinanza comunale. Illegittimità automatica dei provvedimenti contingibili sprovvisti di termine finale. Insussistenza Consiglio di Stato sentenza n. 6875 del 13 ottobre 2021 Questa Sezione del Consiglio di Stato (V, 6 marzo 2013, n. 1372) ha affermato che l’art. 9 della l. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità e igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica. Inoltre, se è vero che l’istituto dell’ordinanza contingibile e urgente, con la quale è consentito fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non significa che i provvedimenti contingibili debbano considerarsi automaticamente illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922 e 13 agosto 2007, n. 4448). Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale possono essere reputate legittime, quando esse siano razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo accertata in rapporto alla situazione di fatto.
Assenza di piano di zonizzazione acustica. Differimento del criterio differenziale. Esclusione. Consiglio di Stato Sez. I n. 2075 del 19 luglio 2021 In tema di sanzioni amministrative, il superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell'esercizio o nell'impiego di sorgente di emissioni sonore, di cui all'art. 6, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 - volti a proteggere la salute pubblica e da rilevarsi ai sensi dell'Allegato B al d.m. 16 marzo 1998 sia a finestre aperte sia a finestre chiuse, al fine di individuare la situazione più gravosa - costituisce illecito amministrativo ex art. 10, comma 2, della stessa legge, n. 447 del 1995, anche se si verifichi nel territorio di un Comune che non abbia adottato il piano di zonizzazione acustica, poiché la legge citata - dopo aver attribuito ai Comuni tale compito, in forza del combinato disposto degli artt. 6, comma 1, lett. a), e 4, comma 1, lett. a) - non prefigura, nel disciplinare all'art. 15 il regime transitorio, alcun differimento nell'utilizzo del criterio differenziale in attesa del piano di zonizzazione. Né a diversa conclusione può indurre l'art. 8 del d.p.c.m. 14 novembre 1997, siccome questo, prevedendo che, fino all'adozione dei precisati piani di zonizzazione, "si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1, del d.p.c.m. 1 marzo 1991", relativo ai limiti assoluti di zona, non compie alcun riferimento ai limiti differenziali, giacché diversamente opinando si attribuirebbe al d.p.c.m. del 1997, che ha natura regolamentare, una portata derogatoria delle previsioni contenute nella legge quadro del 1995, in difetto di una base legale e in contrasto con la tutela costituzionale del diritto alla salute”. (Cassazione Civile, sez. II, 22/12/2011, n. 28386).
Livello di normale tollerabilità e parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente. Idoneità di qualsiasi mezzo di prova Cassazione civile sez. II ordinanza n. 21621 del 28 luglio 2021 Anche di recente (Cass. n. 1606/2017) è stato affermato che in tema di immissioni i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, ma nella specie, come emerge dalla vicenda processuale pacificamente in atti, i convenuti immediatamente dopo la notifica dell'atto di citazione, avevano spontaneamente rimosso le cause delle assente immissioni intollerabili, di guisa che ogni indagine di natura tecnica si rendeva impossibile, mancando lo stesso oggetto su cui svolgere le indagini peritali. Soccorre a tal fine il diverso principio sempre affermato da questa Corte secondo cui (Cass. n. 2166/2006) in tema dì immissioni i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 cod. civ. non debbono essere necessariamente di natura tecnica, non venendo in rilievo l'osservanza dei limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la legge n. 477 del 1995 sul cosiddetto inquinamento acustico) la cui finalità è quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato, e ciò tanto più nell'ipotesi in cui - trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee - le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale.
Valutazione dei limite di intollerabilità. Disciplina delle immissioni moleste in “alienum” nei rapporti fra privati. Onere della prova Cassazione civile sez. VI ordinanza 21649 del 28 luglio 2021 La disciplina delle immissioni moleste in "alienum" nei rapporti fra privati va rinvenuta nell'art. 844 c.c., alla stregua delle cui disposizioni, quand'anche dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice che tenga conto delle particolarità della situazione concreta (conf. Cass. n. 17281/2005 che ribadisce che la valutazione compiuta sul punto, con particolare riguardo a quello del contemperamento delle esigenze della proprietà privata con quelle della produzione, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità). L’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza (Cass. n. 26899 del 2014). Quanto all’erroneità del criterio di rilevamento delle immissioni sonore, avvenute nelle ore notturne e quindi in assenza di rumori di fondo, la corte di merito si è conformata al principio secondo cui il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata (Cassazione civile sez. II, 05/11/2018, n.28201).
Potenziale diffusività del disturbo. Rilevanza penale della condotta. Cassazione penale sez. III sent. n. 18377 del 12 maggio 2021 La rilevanza penale della condotta contestata, produttiva di rumori censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Sez. 1, Sentenza n. 47298 del 29/11/2011 Rv. 251406 - 01 Iori).
Rumori e schiamazzi provocati dalla c.d. Movida TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sez. Civile, 15 marzo 2021, Sentenza n.1261/2021 Compromissione del riposo, della serenità, dell’equilibrio mentale, della vivibilità dell’abitazione – Cessazione immediata delle immissioni sonore eccessive – Condanna del Comune risarcimento dei danni non patrimoniali – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione Comportamenti commissivi e omissivi del Comune – Art. 2043 e 2059 c.c. – Principio del “neminem laedere” – RISARCIMENTO DANNI – Liquidazione del danno biologico – Legge n. 447/1995 (legge quadro sull’inquinamento acustico) – Rumori che superino la normale tollerabilità – Competenze dei Comuni – Art. 844 c.c. – Disciplina sui dehors (zona attrezzata con tavolini e sedie all’aperto – Art. 614-bis c.p.c. – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Giurisdizione ordinaria – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Inquinamento acustico – Legittimato all’azione – Titolare di un diritto personale di godimento.
Condotte sanzionate dall'art.659 cod.pen. Cass. Sez. III n. 2258 del 20 gennaio 2021 (UP 17 nov 2020) La condotta sanzionata dal secondo comma dell'art. 659 cod. pen. è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere, mentre l'emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone rientra nella previsione del comma 1, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.
Obbligo di impedire i rumori eccessivi prodotti dalla propria clientela. Attuazione dello “ius excludendi” e il ricorso all’Autorità CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 15/01/2021, Sentenza n.1717 Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisce i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, ciò in base al pertinente rilievo secondo cui la veste di titolare della gestione dell’esercizio pubblico comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall’ordinamento, come l’attuazione dello “ius excludendi” e il ricorso all’Autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica e, a tal fine, poiché l’evento possa essere addebitato al gestore dell’esercizio commerciale, occorre che esso sia riconducibile al mancato esercizio del potere di controllo da parte dell’agente. Nella specie, è stato ritenuto configurato il reato di cui all’art. 659 cod.pen. ritenendo dimostrato il disturbo del riposo notturno delle persone “data la musica ad alto volume ed il vociare prodotto da capannelli di persone assembrate davanti al locale” e l’assenza di misure, da parte del gestore del locale, volte ad impedire fattivamente il disturbo tranne un “inutile” cartello apposto all’interno del locale che invitava gli avventori a non disturbare.
Zonizzazione acustica. Aree con destinazioni urbanistiche incompatibili. Discrezionalità del Comune. TAR Brescia sent. n. 33 dell'8 gennaio 2021 Come affermato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Venezia, sez. III, 12 gennaio 2011, n. 24; TAR Genova, Sez. I, 28 giugno 2005, n. 985), la classificazione acustica del territorio deve coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica; essa si caratterizza per la tendenziale omogeneità con la zonizzazione degli strumenti urbanistici, la quale costituisce l'imprescindibile punto di partenza per la classificazione del territorio; tuttavia, deve considerarsi che tale corrispondenza non è perfettamente biunivoca e che anzi esiste un naturale scollamento fra le due tipologie di pianificazione, poiché lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi, mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi”; è evidente, d’altra parte, che l'attribuzione in concreto delle Classi acustiche in sede di pianificazione dell'intero territorio comunale è connotata da margini di apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati all'accertamento di specifici presupposti di fatto, devono ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di iniziativa economica (cfr.TAR Brescia, 2 aprile 2008, n. 348; TAR Torino, Sez. II, 19 febbraio 2007, n. 714; TAR Venezia, Sez. III, 24 gennaio 2007, n. 187 ; TAR Milano, Sez. II, 7 aprile 2005, n. 751).
Reato continuato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Rilevanza dell’illecito amministrativo e penale. Natura di reato eventualmente permanente Corte di cassazione penale sent. 35823 del 15 dicembre 2021 Occorre premettere che il ricorso non deduce che il superamento dei limiti di emissione del rumore sia avvenuto mediante l'uso di strumenti autorizzati dall'autorità amministrativa. Di conseguenza, non viene in rilievo il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, peraltro non senza divergenze, secondo cui in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al primo comma dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l'attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al secondo comma dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (così, per tutte, Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Vazzana, Rv. 273605-01; per una diversa soluzione, v., però, Sez. 3, n. 15919 del 08/04/2015, dep. 2016, Co.Na.Var. s.r.I., Rv. 266627-01). Né dette conclusioni risultano infirmate dai rilievi del ricorrente: le critiche concernenti l'attendibilità dei rilievi dell'A.R.P.A. in ragione delle condizioni ambientali in cui gli stessi sono stati effettuati e dell'esistenza di un impianto fonometrico omologato nel bar "Seagarden", non evidenziano manifeste illogicità o lacune, ma, al più, indicano elementi ipoteticamente valorizzabili per un diverso giudizio di merito. 3. Fondate, invece, sono le censure relative alla configurabilità della continuazione. Il reato di cui all'art. 659 cod. pen. è, così come osserva il ripetuto insegnamento giurisprudenziale, un reato eventualmente permanente (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, Calvarese, Rv. 262510-01, e Sez. 1, n. 7758 del 24/01/2012, Pacchia, Rv. 252425-01). Nella specie, la condotta, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, si è svolta, al più, in un ristretto arco di giorni, tutti nel mese di giugno 2016, ed è stata connessa all'esercizio della medesima attività commerciale e nelle medesime forme, ossia mantenendo la musica ad alto volume. Di conseguenza, risulta ragionevole ritenere l'unicità del reato contestato.
Art. 3, L.R. Toscana n. 2/2020. Questione di legittimità costituzionale. Infondatezza. CORTE COSTITUZIONALE sentenza del 13 gennaio 2021, n. 3 Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Toscana n. 2 del 2020, nella parte in cui introduce il comma 3 dell’art. 8-bis della legge reg. Toscana n. 48 del 1994, promosse, in riferimento agli artt. 3, 32 e 117, terzo comma, Cost.. Dal dato letterale della norma non è possibile evincere l’intenzione del legislatore regionale di sottrarsi alla normativa statale di riferimento, rappresentata tanto dalla legge quadro sull’inquinamento acustico (la legge n. 447 del 1995), quanto dal complesso della disciplina contenuta nel regolamento d’esecuzione per le attività motoristiche costituito dal d.P.R. n. 304 del 2001. La disposizione regionale impugnata si limita a richiamare la normativa statale pertinente, ribadendo espressamente l’obbligo della sua osservanza, senza derogare in alcun modo ad essa, ma limitandosi a stabilire la durata quinquennale delle deroghe previste dall’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 304 del 2001. Eventuali divergenze interpretative circa l’effettiva portata precettiva della normativa statale di riferimento, in particolare relativamente alle condizioni di legittimità delle «deroghe illimitate» previste dall’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 304 del 2001, potranno certo essere affrontate e risolte nelle sedi giurisdizionali opportune, nell’ipotesi in cui dovessero essere impugnati i singoli provvedimenti di deroga ai limiti di emissioni sonore in favore del circuito in questione.
Classificazione acustica. Contesto di preusi consolidati e paritetici. Conciliazione delle opposte esigenze e reciproco sacrificio TAR Brescia sent. n. 970 dell'8 gennaio 2021 La nuova classificazione acustica operata dall’amministrazione comunale nella porzione di territorio qui di interesse, contraddistinta dalla presenza del tutto peculiare dello stabilimento industriale all’interno del contesto urbanizzato e in prossimità di insediamenti residenziali consolidati, è stata ispirata dall’intento, non irragionevole - e anzi conforme ai principi affermati dalla normativa di settore - di evitare accostamenti critici tra Classi acustiche incompatibili, creando tra le une e altre alcune fasce cuscinetto in grado di garantire una progressiva attenuazione delle soglie acustiche nel passaggio dell’area industriale ai vicini abitati residenziali; e tale intento è stato perseguito attraverso soluzioni che, nel rispetto dei criteri previsti dalla legge, hanno comportato il sacrificio reciproco, a carico di entrambe le aree in conflitto, di porzioni di territorio, che hanno dovuto subire un parziale declassamento acustico nella prospettiva di assicurare la coesistenza di insediamenti urbani ormai difficilmente conciliabili, in un mondo profondamente mutato da quello che ne vide l’origine. All’esame giudiziario, la soluzione individuata dall’amministrazione non ha evidenziato profili di macroscopica irragionevolezza o di illogicità o di travisamento dello stato dei luoghi, gli unici che avrebbero consentito a questo giudice di affermare l’illegittimità delle scelte operate dal Comune in un ambito connotato, come quello qui in esame, dall’esercizio di poteri di discrezionalità tecnica; e la circostanza, pacifica in giudizio, che la nuova pianificazione non ha comportato a carico dell’impresa ricorrente oneri di adeguamento strutturale degli impianti ma ha cristallizzato una situazione acustica già in essere (anche grazie agli interventi di risanamento svolti nel recente passato dalla ricorrente) rafforza la conclusione di una complessiva ragionevolezza della pianificazione qui in esame, e della sua piena legittimità in relazione alle censure proposte.
Interventi di mitigazione. Consiglio di Stato Sez. IV n. 7316 del 23 novembre 2020 L’intervento di mitigazione del rumore, anche in ragione della sua oggettiva complessità procedimentale, non rientra tra i procedimenti ad istanza di parte ma in quelli ad impulso d’ufficio, ai sensi di quanto previsto dalla legge quadro sul rumore n. 447 del1995 e dal d.P.R. n. 459 del 18 novembre 1998, norme queste, che richiedono agli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture di predisporre e presentare autonomamente (quindi non su istanza di parte) i piani di contenimento e di abbattimento del rumore. Il silenzio - inadempimento presuppone che vi sia un obbligo giuridico da parte dell’amministrazione destinataria della richiesta di provvedere mediante avvio di un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato. In mancanza del suddetto presupposto, l’eventuale inerzia dell’amministrazione, non potrebbe qualificarsi né in termini di silenzio - rifiuto né di silenzio – inadempimento.
Responsabilità civile per immissioni intollerabili Consiglio di Stato Sez.V n. 6976 del 12 novembre 2020 La cognizione per la responsabilità civile per immissioni intollerabili ai sensi degli artt. 844 e 2043 cod. civ. è di spettanza del giudice civile e ricorre, infatti, (non solo in caso di provvedimenti amministrativi illegittimi ma) anche in presenza di provvedimenti amministrativi legittimi, cioè contenenti la fissazione di limiti di emissioni e di immissioni conformi a quelli fissati dalla normativa di settore, che tuttavia non vengano rispettati dai destinatari (o fatti rispettare dai soggetti tenuti all’attività di controllo e di vigilanza, compresi gli enti autori dei provvedimenti), ovvero che, anche qualora rispettati, si riferiscano ad attività che producano immissioni che, per rumore, superano comunque la normale tollerabilità, avuto riguardo alla condizione dei luoghi. Tanto è vero che - ove il superamento della normale tollerabilità del rumore sia accertato nell’ambito di un giudizio civile ordinario - le immissioni vanno inibite e i danni vanno risarciti, ai sensi dei citati artt. 844 e 2043 cod. civ., anche se i valori assoluti delle emissioni e i valori assoluti e differenziali delle immissioni siano contenuti nei limiti di legge.
Rilievi fonometrici effettuati in due giornate differenti. Attendibilità dell’accertamento TAR Milano sent. 2150 del 12 novembre 2020 La circostanza che i rilievi fonometrici siano stati effettuati in due giornate differenti non è, di per sè, sintomo di inattendibilità dell’accertamento eseguito. Invero il punto 12 dell’allegato A al DM del 16 marzo 1998 prevede che il rumore residuo debba essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi sonori atipici. La disposizione non prevede che la misurazione debba avvenire nella medesima giornata, richiedendosi piuttosto una identica strumentazione, ovvero una stessa impostazione dei parametri e del punto di misurazione. Sotto il profilo dedotto pertanto l’attività di accertamento tecnico da parte dell’ARPA non si presta ad essere censurata, e così l’ordinanza che su cui tale accertamento si fonda.
Convincimento del giudice su elementi probatori. Superamento della soglia di normale tollerabilità Cassazione penale sez. III sent. 27993 8 ottobre 2020 L’esclusione della configurabilità del reato, peraltro in sede cautelare reale, è stata dunque fondata su considerazioni che prescindono da un approfondito confronto con le molteplici risultanze investigative di non trascurabile pregnanza puntualmente segnalate dal P.M. nell’appello cautelare e che, in ogni caso, non risultano coerenti con la fisionomia della contravvenzione contestata, la quale, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, non richiede la prova dell’effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato, con la conseguenza che la dimostrazione del disturbo può essere liberamente raggiunta, purché il convincimento del giudice sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 3, n. 45262 del 12/07/2018, Rv. 273948 e Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 2015, Rv. 262510).
Impianto di recupero rifiuti. Durata del rilevamento acustico. Valori di input definiti in progetto dal soggetto proponente. Accertamento in sede di collaudo. TAR Parma sentenza n. 156 del 2 settembre 2020 Il comma 2 dell’Allegato C del D.M. 16 marzo 1998, invocato dai Ricorrenti, afferisce alla “Metodologia di misura del rumore stradale” e prevede che “essendo il traffico stradale un fenomeno avente carattere di casualità o pseudocasualità, il monitoraggio del rumore da esso prodotto deve essere eseguito per un tempo di misura non inferiore ad una settimana”. E’ pertanto evidente l’irrilevanza ai fini in esame di tale normativa atteso che il contestato studio prodotto da IREN, e valutato in seno alla Conferenza dei servizi, aveva ad oggetto il rumore generato dall’impianto e non quello generato dal traffico autostradale. La materia trova, invece, regolazione nell’art. 5 “Impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive” della delibera della giunta Regionale n. 673/2004 che, come evidenziato da IREN, non detta disposizioni in ordine alla durata del rilevamento. Ne deriva che l’impianto soggiace ai soli limiti di cui alla classificazione acustica del territorio che prevede il rispetto di un limite di immissione diurno (06:00 – 22:00) ed uno notturno per le restanti 8 ore e di un limite di immissione differenziale per valutare i quali è sufficiente la rilevazione effettuata nell’arco delle 24 ore. IREN ha in ogni caso documentato il rispetto dei limiti prescritti in sede di chiarimenti (18 luglio 2019). Quanto alla lamentata considerazione dell’impatto acustico determinato dal transito veicolare indotto dall’esercizio dell’impianto, assumendo a presupposto una velocità media dei mezzi utilizzati pari a soli 50 km/h, non può che rilevarsi che la rete viaria interessata si caratterizza per la presenza di una pluralità rotonde poste a distanza ravvicinata e che tale conformazione, considerata la tipologia di mezzi utilizzata (bilici), non dotati di brucianti accelerazioni, rende ragionevole la previsione del dato richiamato mentre non è comprovato che i mezzi pesanti utilizzati possano percorrere gli assi viari in questione a velocità superiori ai 60/70 km/h come affermato in ricorso. Quanto alla contestata presenza “nello studio di impatto acustico, di valori di input delle sorgenti sonore fisse esclusivamente di tipo prescrittivo (cioè proposti dal progettista), che sarebbero inferiori rispetto a quelli rilevati in studi su sorgenti analoghe” non può che rilevarsi che proprio perché definiti in progetto dal soggetto proponente, e come tali valutati da ARPAE, rappresentano soglie cui IREN si è autovincolata. L’eventuale mancato rispetto di dette sarà eventualmente accertato in sede di collaudo con conseguente imposizione delle opportune misure di mitigazione.
Emissioni sonore e schiamazzi degli avventori. Abuso di strumenti di riproduzione sonora CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 03/07/2020 (Ud. 12/06/2020), Sentenza n.19988 Per la configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad esempio in un condominio. In altri termini, perché sussista la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.
Disturbo arrecato in ambito condominiale. Configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen Cass. Sez. III n. 17483 del 9 giugno 2020 (UP 14 feb 2020) in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (in specie l’intensità delle emissioni sonore era stata ricostruita mediante la deposizione dei testimoni, i quali avevano riferito di non riuscire a seguire i programmi televisivi) (Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli e altro, Rv. 263433). Al riguardo, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273216).
Modifiche alla pianificazione acustica. Attribuzioni riservate al Consiglio comunale dall’art. 42, c. 1, lett. a) TUEL - TAR Firenze sent. 693 del 9 giugno 2020 L’art. 6 co. 3 della legge n. 447/1995 riconosce ai Comuni, il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, la facoltà di individuare limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati in conformità ai limiti stabiliti dalle fonti statali e regionali di riferimento. La norma esclude, tuttavia, l’applicabilità di tali limiti ridotti ai servizi pubblici essenziali. Se così è, rappresenta un ulteriore vizio degli atti impugnati l’aver stabilito che l’esonero dai limiti di esposizione al rumore stabiliti con la delibera n. 118/2020, eccedenti quelli direttamente desumibili dalla relativa disciplina statale e regionale, riguardi i soli servizi pubblici affidati dallo stesso Comune. Ed è un vizio che si coglie sotto il duplice aspetto della violazione diretta della soprastante previsione legislativa, la quale non consente di differenziare il trattamento dei servizi pubblici essenziali con riguardo alla natura o all’identità dell’ente titolare o del soggetto gestore del servizio; e dell’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, non sussistendo alcuna plausibile giustificazione per limitare l’esonero ai servizi appaltati dal Comune ed essendo palesi, di contro, gli inconvenienti dell’esclusione dall’esonero dei servizi, pur sempre essenziali, gestiti da enti diversi chiamati per legge a operare (anche) nel territorio comunale, come appunto nel caso del servizio idrico integrato.
Ambito di applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995. Cass. pen. Sez. III n. 13915 del 7 maggio 2020 (La sanzione amministrativa prevista dall’art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995 è applicabile al solo caso in cui, esercitando il prevenuto un mestiere rumoroso, questi, in detto esercizio, si limiti ad eccedere, senza che si verifichino altre conseguenze, i limiti previsti per le relative emissioni sonore fissati da disposizioni normative, sia di rango primario che secondario, vigenti in materia). Con riferimento all’aspetto, fugacemente dedotto dal ricorrente, avente ad oggetto l’eventuale applicabilità alla fattispecie della sola sanzione amministrativa prevista dall’art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995, si osserva la infondatezza del rilievo. Invero, siffatta previsione è applicabile al solo caso in cui, esercitando il prevenuto un mestiere rumoroso, questi, in detto esercizio, si limiti ad eccedere, senza che si verifichino altre conseguenze, i limiti previsti per le relative emissioni sonore fissati da disposizioni normative, sia di rango primario che secondario, vigenti in materia (sul punto, per tutte: Corte di cassazione, Sezione III penale, 19 dicembre 2017, n. 56430). Alla luce della precisazione fatta, risulta la estraneità della fattispecie alla ipotesi invocata, sia in quanto la attività svolta dal Polli, rivendita di bevande al minuto, non rientra fra quelle che si caratterizzano per essere necessariamente rumorose, sia perché nel caso in esame è stata dedotta non la violazione di limiti di immissioni sonore normativamente fissati, ma, piuttosto, il disturbo del riposo e della quiete delle persone derivante dagli schiamazzi provenienti dagli avventori del locale e non contenuti dal gestore.
Rumori prodotti da clienti di attività commerciale. Obbligo giuridico di controllo. Attuazione dello ius excludendi – Cassazione penale sez. III sent. 13320 del 30 aprile 2020 La giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che la qualità di titolare della gestione di un esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza (Sez. 1, n. 16686 del 28/03/2003, Massazza, Rv. 224802), attraverso il ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento, come l’attuazione dello ius excludendi e il ricorso all'autorità, allo scopo di evitare che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica (Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008, Baruffaldi, Rv. 242808; conf. Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015, Gallo, Rv. 264501), anche quando questi si trovino nelle immediate vicinanze del locale stesso, e sono, quindi, ancora nella sfera di controllo del gestore. Ne consegue, dunque, la manifesta infondatezza della doglianza, sussistendo l'obbligo di attivazione di cui i ricorrenti hanno contestato l'esistenza e di cui non hanno, comunque, dedotto né dimostrato l'adeguato assolvimento.
Manifestazioni pubbliche rumorose. Se Comune autorizza sono lecite TAR Brescia sentenza 14 maggio 2020, n. 355 Ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera h), della legge n. 447/1995 i Comuni possono autorizzare lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e spettacoli a carattere temporaneo, ovvero mobile, anche in deroga ai valori limite di immissioni sonore (nella fattispecie, spettacolo pirotecnico).
Poteri degli enti locali e interventi del legislatore nazionale – Cons. Stato, Sez. II, Sent., (ud. 28 gennaio 2020) 27 aprile 2020, n. 2684 L'art. 9, L. quadro n. 447/1995 ha ad oggetto l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti a tutela della salute pubblica o dell'ambiente allorché si tratti di «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività». L'utilizzo di tale particolare potere di ordinanza assume carattere pressoché doveroso (in ciò decisamente differenziandosi rispetto ad altri poteri di ordinanza extra ordinem ed in particolare dalle ordinanze sindacali ex artt. 50 e 54, D.Lgs. n. 267 del 2000) in ipotesi di superamento dei valori limite accertato dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale, tenuto conto sia che quest'ultimo - ontologicamente (per espressa previsione dell'art. 2 della stessa L. n. 447 del 1995) - rappresenta, in sé, una minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge-quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni ancora inquinanti (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 27 maggio 2019, n. 837). In altre parole: «l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico appare sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica, con lo strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della citata L. quadro n. 447 del 1995 (vd. Cons. St., sez. V, 10 febbraio 2010, n. 670). Va, poi, prestata adesione a quell'orientamento interpretativo secondo cui la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi tutela, con detto strumento, anche ove sia in discussione la salute pubblica di una singola famiglia, o anche di una sola persona (cfr.: T.A.R., Napoli, sez. III, 13 maggio 2016 , n. 2457)» (T.A.R. Friuli-V. Giulia, Trieste, sez. I, 29 gennaio 2019, n. 47). Ai sensi dell'art. 9 cit., infine, spetta al sindaco e non ai dirigenti comunali, la competenza ad adottare ordinanze per il contenimento o l'abbattimento delle emissioni sonore, compresa l'inibitoria totale o parziale di determinate attività (trattandosi di un provvedimento che non rientra tra i poteri ordinari di controllo in materia di inquinamento acustico ma consiste in un provvedimento contingibile e urgente) (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 marzo 2017, n. 382). Orbene, nel solco di questi principi di diritto, la sentenza in esame afferma - tra l'altro - come sia rimessa al Comune (che pur non può introdurre limiti più stringenti di quelli previsti dal Legislatore nazionale con la richiamata Legge-quadro) la potestà di disporre misure che, pur non vietando in se immissioni sonore oltre una certa soglia, vietino le attività comunque nocive per la quiete e la tranquillità (o pubblica o privata) indipendentemente dal loro livello acustico. (Giuseppe Cassano).
Illecito amministrativo e reato Cass. Sez. III n. 12519 del 20 aprile 2020 (UD 16 gen 2020) In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
Reato di cui all’art. 659 cod. pen. – Perseguibilità d’ufficio. Cassazione penale sez. 3 sent. 5422 del 11 febbraio 2020 Osserva il Collegio che la contravvenzione contestata prevede, quale bene-interesse tutelato dalla norma incriminatrice, la quiete pubblica e non l'interesse del singolo a non vedere turbata la sua tranquillità da insopportabili immissioni sonore. Esso, .pertanto, come d'altra parte ogni altra contravvenzione, è perseguibile di ufficio e non a querela di parte. Siffatta circostanza comporta, come ineludibile conseguenza, che, seppure la azione penale sia stata incoata a seguito di una denunzia-querela presentata da un soggetto determinato che assuma di essere stato leso da un altro soggetto determinato a causa delle immissioni sonore a lui provenienti ab alieno, la "remissione" della querela da parte del denunziante non avrà l'effetto di rendere improcedibile l'azione penale frattanto intrapresa dagli organi giudiziari a ciò preposti. La sentenza impugnata, stante l'error juris in cui è incorso il Tribunale di Vicenza nel dichiarare il non doversi procedere a carico del Toffano per remissione di querela, deve essere, conseguentemente, annullata.
Piano di zonizzazione acustica. TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 155 del 24 febbraio 2020 Vero è che il piano di zonizzazione acustica può introdurre anche previsioni finalizzate al miglioramento della qualità dei luoghi e alla tutela della salute dei cittadini. Però un'opzione tendente ad un innalzamento dei valori di qualità del rumore rispetto alla situazione preesistente - in coerenza con le finalità della normativa di settore - deve pur sempre tenere conto della necessità di bilanciare l'interesse alla tutela dell'ambiente con quello alla tutela delle attività (produttive e non) legittimamente esistenti sul territorio comunale. In quest'ottica, la zonizzazione acustica non può non tenere conto - ancora una volta - dell'attuale destinazione d'uso delle varie porzioni di territorio e incentrarsi, al contrario, esclusivamente su quella che si prevede o si auspica le stesse possano avere nel prossimo futuro.
Classificazione acustica di una zona interessata esclusivamente da attività industriali. Piano di zonizzazione acustica TAR Brescia sent. 362 del 24 febbraio 2020 Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato una zona esclusivamente interessata da attività industriali e artigianali non può essere legittimamente inserita non solo in area IV, come nel caso di specie, ma nemmeno in area V in quanto ciò disattende “acriticamente le caratteristiche morfologiche dell'area interessata, quali consolidatesi nel tempo, mortificando l'affidamento di quanti abbiano legittimamente confidato in una tutela corrispondente a quell'assetto del territorio, laddove assoggetta quella zona a limiti di emissione acustica minori, pregiudicando le esigenze dei soggetti che operano nel settore industriale ove lo stesso legislatore ha consentito più elevati livelli di rumorosità in considerazione delle esigenze scaturenti dalla natura dell'attività svolta” (T.R.G.A., Trento, I, 24 ottobre 2008, n. 271; id. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 5 luglio 2011, n.1781). Né può essere accolto, a contrario, l’argomento allegato dall’amministrazione resistente, secondo cui non vi era preesistenza di attività produttiva alla data di approvazione dello strumento urbanistico avversato; detto rilievo risulta apodittico e del tutto indimostrato. Parimenti non merita favorevole apprezzamento il rilievo del comune, secondo cui la pianificazione acustica contestata risulterebbe necessitata in ragione della classificazione adottata dal limitrofo comune di Costa Volpino, al fine di evitare i cd. “salti di classe” (in ragione del divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, i cui valori limite si discostino in misura superiore a 5 dB). La rilevata criticità può essere risolta infatti con una diversa perimetrazione delle aree oppure, a termini dell’articolo 2, comma 3, lettera c) della legge regionale 13/2001, secondo cui “c) nel caso di aree già urbanizzate qualora a causa di preesistenti destinazioni d'uso, non sia possibile rispettare le previsioni della lettera b), in deroga a quanto in essa disposto si può prevedere il contatto diretto di aree i cui valori limite si discostino sino a 10 dB(A); in tal caso il comune, contestualmente alla classificazione acustica, adotta, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera a) della legge n. 447/1995, un piano di risanamento acustico relativo alle aree classificate in deroga a quanto previsto alla lettera b)”. Le previsioni impugnate si pongono quindi in evidente contrasto con le richiamate normative che regolano la redazione dei piani di zonizzazione acustica, atteso che non tengono in considerazione la destinazione di fatto dell’area (preuso) né quella alla stessa impressa dallo strumento urbanistico, ma solo quella auspicata dall’amministrazione, in violazione dei criteri regionali secondo i quali “Lo scopo fondamentale della classificazione deve essere quello di rendere coerenti la destinazione urbanistica e la qualità acustica dell'ambiente. Per definire la classe acustica di una determinata area e quindi i livelli del rumore presenti o previsti per quell'area ci si deve in primo luogo basare sulla destinazione urbanistica. La classificazione viene attuata avendo come riferimento la prevalenza delle attività insediate.” (articolo 4) Vero è che il piano di zonizzazione acustica può introdurre anche previsioni finalizzate al miglioramento della qualità dei luoghi e alla tutela della salute dei cittadini. Però “un'opzione tendente ad un innalzamento dei valori di qualità del rumore rispetto alla situazione preesistente - in coerenza con le finalità della normativa di settore - deve pur sempre tenere conto della necessità di bilanciare l'interesse alla tutela dell'ambiente con quello alla tutela delle attività (produttive e non) legittimamente esistenti sul territorio comunale. In quest'ottica, la zonizzazione acustica non può non tenere conto - ancora una volta - dell'attuale destinazione d'uso delle varie porzioni di territorio e incentrarsi, al contrario, esclusivamente su quella che si prevede o si auspica le stesse possano avere nel prossimo futuro” (TAR Piemonte, Sez. I, 28 novembre 2014, n. 1910).” (T.A.R. Piemonte, sez. II, n. 956/2019 cit.).
Attività commerciale. Accertamenti fonometrici negativi. Esclusione del reato Corte di Cassazione sent. 20 gennaio 2020, n. 1593 La Cassazione ha confermato l'annullamento del sequestro di strumenti di diffusione audio e video ai danni di un esercizio commerciale in Sardegna evidenziando come mancasse il “fumus commissi delicti” (probabilità di consumazione del reato) che avrebbe legittimato la misura cautelare in relazione al reato di cui all'articolo 659, comma 1, Codice penale. Per la Suprema Corte la ricostruzione del Tribunale è corretta. La contestazione di cui all'articolo 659, comma 1, Codice penale (che fa riferimento al “mestiere” rumoroso) si applica anche quando l'esercizio commerciale diffonda la musica come attività accessoria (non è necessario che si sia in presenza di sale concerti o di registrazione) e che la norma penale sanziona il disturbo della pubblica quiete che può ben essere causato esorbitando dal normale esercizio di una determinata attività idonea a disturbare riposo e occupazioni di un numero indeterminato di persone. Nel caso di specie però il Tribunale ha escluso il reato dato conto degli esiti negativi degli accertamenti fonometrici e ritenuto irrilevante l'unico caso positivo e l'incidenza del traffico veicolare, con motivazioni non censurabili. Per cui è legittimo l'annullamento della misura cautelare del sequestro. (F. Petrucci)
Zonizzazione acustica del territorio. Consiglio di Stato, Sez. IV n.8443 del 12 dicembre 2019 In materia di zonizzazione acustica del territorio, le scelte dell'Amministrazione non possono sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica, ma devono tener conto del disegno urbanistico voluto dal pianificatore, ovverossia delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio. Ciò rileva sotto un duplice aspetto. Da un lato, rileva l'interesse pubblico generale alla conservazione del disegno di governo del territorio programmato dal pianificatore, il quale riflette un ben preciso interesse della comunità ad un certo utilizzo del proprio territorio, sul quale la medesima è stanziata. Da un altro lato, rileva l'interesse dei privati alla conservazione delle potenzialità edificatorie connesse alla titolarità dei diritti sui beni immobili e derivanti dalle pregresse e già effettuate scelte di pianificazione, le quali devono poter essere attuate pro futuro, avendo una natura tipicamente programmatoria.
Inquinamento acustico. art. 2, c. 3 d.P.C.M. 14.11.1997. Misurazione in prossimità della sorgente sonora. Valori di emissione e di immissione. TAR Piemonte sent. 1235 del 16 dicembre 2019 Nelle proprie ultime difese la parte ha finalmente chiarito esplicitamente di aderire ad una tesi secondo la quale, anche sui recettori, dovrebbe valutarsi il rispetto dei valori di emissione della relativa classe di zonizzazione acustica e non di quelli di immissione. La tesi si fonda su una distorta lettura dell’art. 2 comma 3 del D.P.C.M. 14.11.1997, che recita “i rilevamenti e le verifiche (ndr dei valori di emissione, di cui alla rubrica dell’articolo) sono effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità”. La disposizione non può certo essere astratta dal contesto per desumerne che i limiti di “emissione” si applicano ai recettori (persone e comunità). Infatti il citato art. 2 è innanzitutto e dichiaratamente attuazione dall’art. 2 comma 1 lett. e) della l. n. 447/1995 che definisce i valori limite di emissione quali “il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa”; assunto che il D.P.C.M. non può certo entrare in esplicito conflitto con la legge di cui è attuazione, la quale precisa appunto che i valori di emissione si misurano in prossimità della sorgente e non certo del recettore, la puntualizzazione di cui al comma 3 dell’art. 2 del D.P.C.M. non può che significare che, pur effettuando la misurazione nei pressi della sorgente sonora, le misurazioni dei limiti di emissione vanno utilmente orientate verso le aree dove effettivamente si trovano soggetti potenzialmente disturbati. D’altro canto la differenza di valori di immissione ed emissione che caratterizza ogni singola classe (i primi essendo maggiori dei secondi) implicitamente garantisce nel sistema una graduale continuità dei limiti delle varie aree (di immissione rispetto ai rumori provenienti da aree e quindi sorgenti collocate in classi acustiche superiori e di emissione volti a garantire il rispetto delle immissioni nelle successive classi acustiche inferiori) in modo da porre, per ogni area, valori a scalare e compatibili con il tipo di attività ivi insediabili. Ancora, anche da un punto di vista meramente logico, presso il recettore non può che parlarsi di immissioni che, seguendo la tesi dei ricorrenti, verrebbero invece incongruamente raffrontate con i diversi valori di emissione, non a caso voluti più bassi dal legislatore; seguendo la tesi dei ricorrenti sfugge poi a cosa dovrebbero applicarsi i limiti di immissione relativi alla classe acustica propria dell’area in cui trova il recettore, visto che quelle che sono indubbiamente delle immissioni, nell’impostazione dei ricorrenti, vengono invece raffrontate ai limiti di emissione.
Configurabilità della fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 659 cod. pen. Elementi soggettivi e oggettivi CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 10/10/2019, Sentenza n.41601 Per la configurabilità della fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio. Nel caso di specie, l’elemento oggettivo del reato risulta ampiamente comprovato dovendosi ritenere superata la normale tollerabilità delle emissioni sonore, soprattutto nella fascia notturna, e ciò alla luce della prolungata estensione temporale dei fatti, che hanno provocato, a più di un condomino, disturbi del sonno debitamente documentati. Le obiezioni sull’assenza della “suitas” della condotta e dell’elemento soggettivo non risultano pertinenti, potendosi anzi affermare che la condotta del ricorrente rimasto indifferente alle sollecitazioni ricevute negli anni, appare inquadrabile più nell’alveo del dolo eventuale che in quello della colpa. Fattispecie: tre galli nel cortile del complesso condominiale che erano soliti cantare di giorno e di notte, alla vista della luce naturale, dei lampioni e dei fari delle automobili. Tale situazione, prolungatasi per diversi anni, nonostante le proteste degli interessati e i richiami formali dell’amministratore di condominio, provocava non pochi disagi ai condomini, impedendo loro di dormire regolarmente e di compiere durante il giorno le ordinarie attività domestiche senza fastidi, al punto che un condomino decideva per questo di cambiare casa. Diniego della concessione delle attenuanti generiche – Elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti – Valutazione del giudice. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.
Rumore autostradale. Misure di contenimento. Competenza. Consiglio di Stato sent. 5626 del 8 agosto 2019 L’art. 3, comma 1, lett. i), della legge n. 447 del 1995 attribuisce alla competenza dello Stato, tra l’altro, «l’adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali entro i limiti stabiliti per ogni specifico sistema di trasporto, ferme restando le competenze delle regioni, delle province e dei comuni, e tenendo comunque conto delle disposizioni di cui all’art. 155 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni». Occorre ora verificare come tale norma si coordini con quella dell’art. 9 dello stesso corpus legislativo, il quale dispone, in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, che «qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell’ambiente, secondo quanto previsto dall’art. 8 della legge 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri». L’art. 9 conferma dunque il criterio di competenza (in funzione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali di carattere sovracomunale) con riguardo al potere di ordinanza, inducendo a ritenere che sussista quella statale in materia di autostrade. Anche dalla disamina dell’art. 10 della legge n. 447 del 1995 è inferibile che il Comune non ha il potere di imporre la presentazione di piani di contenimento, la cui adozione è di competenza dello Stato; prevede infatti che anche le autostrade, nel caso di superamento dei valori, hanno l’obbligo di predisporre e presentare al Comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore. Rispetto al descritto quadro normativo appare condivisibile la statuizione appellata laddove ha ritenuto che, in caso di rumore derivante da infrastrutture autostradali, spetta allo Stato l’adozione di un piano di interventi, con conseguente esclusione, per ragioni evidenti di coerenza sistematica, anche del potere di ordinanza del Sindaco.
Esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente TAR Marche Sez.I n. 435 del 26 giugno 2019 L’esercizio del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente delineato dall'art. 9 della legge 26 ottobre 1995 n. 447 deve ritenersi "normalmente" consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest'ultimo - ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della legge n. 447 del 1995) - rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la legge quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti. In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto soltanto dall'art. 9, comma 1, della citata legge n. 447 del 1995.
Qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico. Obbligo giuridico di controllare. Art. 659 c.p. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 02/07/2019, Sentenza n.28570 Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio (in specie, un locale di intrattenimento) che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, poiché al gestore è imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica (Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015, Gallo; Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008, Baruffaldi). Infatti la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza (Sez. 1, n. 16686 del 28/03/2003, Massazza).
Momento consumativo del reato. Idoneità della condotta ad arrecare disturbo Cass. Sez. III n. 28570 del 2 luglio 2019 (UP 9 maggio 2019) La contravvenzione di cui all’art. 659, comma primo, cod. pen., è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di individui (Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 2015, Calvarese, Rv. 262510). In definitiva, quindi, per l’integrazione del reato è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l’effettivo disturbo alle stesse (in specie è stata così ritenuta integrata la fattispecie a carico del proprietario di cani, tenuti in un giardino recintato, che non aveva impedito il loro continuo abbaiare, tale da arrecare disturbo al riposo delle persone dimoranti in abitazioni contigue)(Sez. 1, n. 7748 del 24/01/2012, Giacomasso e altro, Rv. 252075). Sì che la ricerca di una platea più diffusa di persone che possano essere state effettivamente disturbate riguarda l’intensità e la diffusività del danno, non la sussistenza del reato (così, in motivazione, Sez. 3, n. 8351 cit.). In proposito la sentenza ha così correttamente osservato che i rumori avevano una potenzialità diffusa, ancorché solamente alcune persone se ne potessero lamentare in concreto, anche a prescindere comunque dal fatto che la sussistenza degli elementi costitutivi del reato era fornita dalla stessa costituzione di un comitato di cittadini della zona e dalle segnalazioni degli abitanti.
Accertamenti tecnici. Ontologica minaccia per la salute pubblica - Esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente. TAR Marche sent. 435 del 26 giugno 2019 Quanto alla legittimità dell’esercizio del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente delineato dall'art. 9 della legge 26 ottobre 1995 n. 447, il Collegio non ha motivo per discostarsi - condividendolo - dall’orientamento secondo cui esso deve ritenersi "normalmente" consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest'ultimo - ontologicamente (per esplicita previsione dell'art. 2 della legge n. 447 del 1995) - rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la legge quadro sull'inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti. In siffatto contesto normativo, l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) appare sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto soltanto dall'art. 9, comma 1, della citata legge n. 447 del 1995 (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 15 maggio 2015, n. 215; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 30 agosto 2011, n. 1276; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 6 luglio 2011, n. 3556). Conseguentemente, l'utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente delineato dal menzionato art. 9 è legittimo laddove ha a presupposto l’accertamento da parte delle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale (nel caso di specie sussistente), effettuato sulla base di appositi rilievi tecnici, di un fenomeno di inquinamento acustico; - l'accertata presenza di detto fenomeno (pur se non coinvolgente l'intera collettività, ma una singola persona o famiglia) giustifica il ricorso allo strumento previsto dall'art. 9, comma 1, della legge n. 447 del 1995 (sul punto, oltre alle sentenze innanzi richiamate, si segnalano ulteriormente T.A.R. Trento, sez. I, 29 gennaio 2014, n. 19; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 5 aprile 2013, n. 422; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819.
Danno non patrimoniale risarcibile - Liquidazione equitativa - Art. 844 cod. civ. - Cassazione Civile, sez. II ordinanza n. 6906 del 13 marzo 2019 Va qui precisato che l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in "re ipsa", l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 cod. civ., e specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. (Cass. n. 5844/07; n. 20668/10). Trattandosi di danno non patrimoniale, il giudice ha correttamente proceduto alla liquidazione equitativa del danno. Come ha avuto modo di specificare il tribunale (pag. 11 sentenza impugnata) condiviso dalla Corte distrettuale "(....) può essere accolta la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. in quanto le immissioni rumorose prodotte dalla convenuta hanno pregiudicato gli attori nella facoltà di godimento dei loro immobili e, comunque, hanno arrecato disturbo al loro riposo e alle loro occupazioni.
Verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità - CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 07/05/2019 (Ud. 05/04/2019), Sentenza n.19230 La verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità amministrativa - Esercizio di un “mestiere rumoroso” - Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone - Piano di zonizzazione acustica - Calcolo dei cd. limiti differenziali - Contenuto del documento unico attività produttive. In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte e all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora, va classificata come esercizio di un "mestiere rumoroso", in quanto l'uso di tali strumenti è strettamente connesso e necessario all'esercizio dell'attività autorizzata, con la conseguenza che il superamento, mediante gli strumenti stessi, dei limiti massimi o differenziali di emissione del rumore integra l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, l. 26 ottobre 1995, n. 447 (Sez. 3, n. 34920 del 11/06/2015 - dep. 18/08/2015, Masselli). Nella fattispecie, tuttavia, non risulta che il bar fosse stato autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte e all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora, di talché l'attività svolta da detto bar non è classificabile come esercizio di un "mestiere rumoroso", con conseguente applicazione della fattispecie di cui al comma 1 dell'art. 659 cod. pen.. Difatti nel DUAP, nell'ambito delle attività di somministrazione di alimenti e di bevande del locale, non era stata indicata anche l'emissione sonora effettuata tramite strumentazione meccanica e casse acustiche con la prescritta predisposizione della documentazione di impatto acustico. Nozione di quiete pubblica - Configurabilità del reato - Diffusività dell'evento di disturbo. Il bene tutelato dall'art. 659 cod. pen. è rappresentato dalla quiete pubblica, la quale implica di per sé l'assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, per la sussistenza del reato è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell'ambiente o, comunque, in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica.
Accertamento idoneità al disturbo delle emissioni sonore Cass. Sez. III n. 10938 del 13 Marzo 2019 (Up 18 dic 2018) In tema disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, per individuare l'idoneità delle emissioni sonore e arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone, il giudice non è tenuto a basarsi necessariamente su specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno idoneo ad arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete. Pertanto, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen. si possono trarre tre principi generali consolidati nella giurisprudenza: 1) l'affermazione di responsabilità per la fattispecie di cui all'art. 659, comma 1, cod. pen., non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato; 2) l'attitudine dei rumori ad arrecare pregiudizio al riposo od alle occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal ché il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità; 3) la piena attendibilità delle deposizioni assunte, invero non contestata con argomenti concreti nel ricorso.
Rumori molesti idonei ad arrecare oggettivo disturbo Cassazione Penale Sent. Sez. 3 sent. 9699 Anno 2019 15/11/2018 Giova ricordare che è stato affermato, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, che per l'integrazione del reato previsto dall'art. 659 cod. pen. è sufficiente l'idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l'effettivo disturbo alle stesse (Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Rv. 262510; Sez.1,n.7748 del 24/01/2012,Rv. 252075) e che l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (Sez.3, n.11031 del 05/02/2015, Rv.263433; Sez.1, n.20954 del 18/01/2011, Rv.250417).
Mero superamento limiti legge 447/1995 è solo illecito amministrativo. Sentenza Corte di Cassazione 7 gennaio 2019, n. 349 Solo il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissato dalle norme in materia configura l'illecito amministrativo ex legge 447/1995, negli altri casi scatta il reato penale. Lo ha deciso la Corte di Cassazione respingendo il ricorso del titolare di un esercizio pubblico delle riviera romagnola condannato per emissioni rumorose ai sensi dell'articolo 659 del Codice penale, in seguito alla denuncia presentata da numerosi albergatori della zona. Gli imputati sostenevano che la condotta fosse da configurarsi quale illecito amministrativo essendosi verificato il mero superamento dei limiti di emissione fissati dalle disposizioni in materia. In realtà per la Cassazione il quadro probatorio configurava il reato penale. Infatti, hanno ricordato i Giudici, si ha l'illecito penale ex articolo 659, Codice penale quando l'attività è svolta eccedendo dalle normali modalità di esercizio ponendo in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, oppure (caso di cui al comma 2 dell'articolo 659) quando siano violate le disposizioni di legge o dell'Autorità che regolano l'attività e che siano diverse da quelle relative ai valori limite di emissione ex legge 447/1995. (Francesco Petrucci).
Applicazione del criterio differenziale. TAR Friuli Venezia Giulia sent. 47 del 29 gennaio 2019 Con il terzo mezzo di gravame si sostiene che, essendo entrato in vigore il piano comunale di classificazione acustica, non si sarebbe dovuto applicare il criterio differenziale. Nemmeno tale censura coglie nel segno. Mentre, infatti, per i valori limite assoluti l'art. 8, comma 1, d.P.C.M. 14 novembre 1997 prevede che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei comuni in zone, trovino applicazione i limiti del previgente d.P.C.M. 1 marzo 1991 ("In attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge 26 ottobre 1995 n. 447, si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991") per i valori limite differenziali non vi è alcun riferimento alla zonizzazione acustica comunale, ragion per cui l'art. 4 dello stesso d.P.C.M. del 1997, che li contempla, continua ad applicarsi anche a seguito dell’approvazione della zonizzazione stessa. In altre parole, il rinvio operato al solo primo comma dell'art. 6 depone per una scelta normativa che non ha voluto far cessare l’applicabilità del criterio "differenziale" all'introduzione della disciplina a regime, e cioè all'adozione del piano comunale di zonizzazione acustica (cfr. la pronuncia di questo Tribunale, 08/04/2011, n.183, e, tra le altre, TAR Puglia, Bari, Sez. I, 14 maggio 2010 n. 1896). Diversamente opinando, si attribuirebbe al d.P.C.M. del 1997, che ha natura regolamentare, una portata derogatoria delle previsioni contenute nella legge quadro n. 447/1995 (cfr.: Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, n.28386).
Causa di non punibilità - Giudizio fattuale riservato al giudice di merito CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 15/11/2018 (Ud. 18/09/2018), Sentenza n.51584 Con riguardo al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, punito dall'art. 659, comma 1, cod. pen., che rientra nella categoria dei reati eventualmente permanenti, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. il giudice deve valutare la durata e il grado di intensità del disturbo, ciò che rileva con riferimento non già al requisito della non abitualità della condotta, che è unica, quanto alla qualificazione del fatto come di "lieve entità", rispetto alla quale assumono rilevanza la protrazione nel tempo della condotta illecita e l'intensità degli effetti dalla stessa provocati. Rumore - Verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità - Fenomeno idoneo ad arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete - Perizia o consulenza tecnica non necessarie - Elementi probatori di diversa natura - Valutazione del fatto - Giudice di merito. La verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Nella specie, la prova del superamento della soglia della normale tollerabilità delle fonti sonore è stata desunta dal Tribunale da serie di deposizioni testimoniali, secondo cui la musica diffusa ad alto volume, nel cuore della notte in un orario notturno non (più) autorizzato, dal locale dell'imputato era percepibile a notevole distanza e aveva disturbato il riposo di un numero indeterminato di persone che abitavano nei paraggi. Causa di non punibilità - Inquinamento acustico e reiterazione della condotta - Annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione - Estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale - Esclusione. In linea generale, una causa di non punibilità non può essere dichiarata rispetto al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone in caso di reiterazione della condotta, in quanto si configura un'ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 48315 del 11/10/2016 - dep. 16/11/2016, Quaranta). Tuttavia, il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta riferite alla condotta in termini di possibile disvalore e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto che comunque ricorre senza distinzione tra reati di danni e reati di pericolo. Per quanto concerne il requisito della non abitualità della condotta, la causa di esclusione della punibilità non trova applicazione, ai sensi del terzo comma dell'art. 131 bis cod. pen., qualora l'imputato abbia commesso più reati della stessa indole ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi. Va peraltro ricordato il principio, secondo cui nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio non può dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015 - dep. 22/12/2015, Sarli; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016 - dep. 18/07/2016, Mazzoccoli e altro), stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell'imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015 - dep. 22/09/2015, Ferraiuolo e altro).
Esercizio di attività rumorosa. Varie fattispecie di violazioni. CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 24/10/2018 (Ud. 05/07/2018), Sentenza n.48370 In tema di inquinamento acustico, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso può integrare: a) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; b) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; c) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè). Inoltre, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato prevista dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., allorquando l'inquinamento acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, non essendo in tal caso applicabile il principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981 in relazione all'illecito amministrativo previsto dall'art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995 (Sez. 3, n. 15919 del 08/04/2015, dep. 2016, Varagnolo). Legge quadro sull'inquinamento acustico e reato di cui all'art. 659, c.2, cod. pen. - Differenze e configurabilità delle violazioni. Con riferimento ai rapporti intercorrenti tra l'ipotesi contravvenzionale delineata al comma 2 dell'art. 659 cod. pen. e l'ipotesi di cui alla legge n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, (legge quadro sull'inquinamento acustico), è stato affermato con plurime pronunce che nel caso di esercizio di professione o mestiere rumoroso in spregio alle disposizioni della legge ovvero alle prescrizioni dell'Autorità, la lesione del bene giuridico protetto (quiete e tranquillità pubblica) comune all'art. 659 comma 2 cod. pen. ed all'art. 10 della legge 447/95, è presunta ope legis ed "è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 suddetto, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia" (così Sez. 3, n. 42026 del 18/09/2014, Claudino).
Accertamenti fonometrici Cass. Sez. III n. 45262 del 9 ottobre 2018 (PU 12 lug 2018) Il verbale di polizia giudiziaria relativo all'accertamento in ordine alla rumorosità costituisce un accertamento urgente su cose o situazioni suscettibili per loro natura di subire modificazioni o di scomparire in tempi brevi e, in quanto atto irripetibile, ai sensi dell'art. 431, comma primo, lett. b) cod.proc.pen., non è soggetto ad alcuna limitazione processuale circa i termini per la sua acquisizione e costituisce atto contenuto nel fascicolo del dibattimento e come tale utilizzabile. I rilievi fonometrici sono tipici accertamenti "a sorpresa" da inquadrare fra le attività svolte dalla polizia giudiziaria ai sensi degli artt. 348 e 354, comma 2, cod. proc. pen. e non tra gli accertamenti tecnici irripetibili riguardanti cose e luoghi il cui stato é soggetto a modificazione, per i quali l'art. 360 cod. proc. pen. richiede, in quanto non ripetibili, il previo avviso all'indagato.
Strepiti degli animali Cass. Sez. III n. 45247 del 9 ottobre 2018 (PU 5 giu 2018) In tema di immissioni rumorose prodotti da animali, uno stretto collegamento tra l'art. 659 cod. pen. e l'art. 2052 cod. civ. non ha fondamento, perché la norma penale sanziona, per quel che interessa, chiunque arrechi disturbo alle occupazioni o riposo delle persone o agli spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, non impedendo gli strepiti degli animali, mentre la norma civile colpisce il proprietario dell'animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, quando l'animale arrechi danno a terzi, sia nel caso della custodia, sia nel caso di smarrimento o fuga, salvo la prova del caso fortuito. Sicché, dai repertori di giurisprudenza si ricava che l'art. 2052 cod. civ. è applicato nelle ipotesi di danni materiali da aggressione dell'animale o da urto di veicolo, mentre l'art. 659 cod. pen. nelle ipotesi di rumori molesti. Per questo motivo, la formulazione relativa all'individuazione del responsabile nella norma civile è più rigorosa rispetto a quella penale. Ciò nondimeno, nella dottrina civilistica l'espressione "chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso" ha un'interpretazione ampia che ricomprende chiunque eserciti sull'animale un potere effettivo di governo del tipo di quello che normalmente compete al proprietario, derivi questo potere da un rapporto giuridico o anche soltanto da un rapporto di fatto. Nella specie, l'impostazione è in linea con lo sviluppo della teoria della responsabilità da contratto nonché degli obblighi di protezione e garanzia, in cui il ricorrente, pur non essendo formalmente il proprietario dei cani (se non di pochi), intrattiene con gli stessi comunque un rapporto di fatto, siccome dimorano nella sua proprietà e si trovano quindi sotto il suo "governo". Elemento psicologico del reato di cui all'art. 659 cod. pen. - Intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica - Necessità - Esclusione. Ai fini dell'elemento psicologico del reato di cui all'art. 659 cod. pen., non occorre l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica, essendo sufficiente la volontarietà della condotta desunta da obiettive circostanze.
Oggetto della tutela penale dell'art. 659 cod. pen. Tranquillità pubblica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 19/10/2018 (Ud. 17/09/2018), Sentenza n.47719 L'oggetto della tutela penale dell'art. 659 cod. pen., è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale. Il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, cagionato mediante rumori, e cioè da suoni intensi e prolungati, di qualunque specie e natura, atti a determinare il turbamento della tranquillità pubblica, o da schiamazzi (la giurisprudenza ha sempre definito gli schiamazzi delle grida scomposte e clamorose, Cfr. Cass. Sez. 6, n. 1789 del 11/10/1969, Bonazza). La rilevanza penale delle grida, in particolare di quelle notturne, integra il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone di cui all'art. 659 comma 1 cod. pen., (Cass. Sez. 1, n. 13000 del 18/02/2009, Staltari, soggetto che per più giorni, si dia a schiamazzi e grida notturne, alla guida di una autovettura i cui pneumatici faccia reiteratamente stridere, percorrendo in un senso e in quello opposto le strade di un centro abitato). Va ribadito, che la contravvenzione ex art. 659 cod. pen. è un reato di pericolo e che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso deve essere d'altro canto compiuta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui il fenomeno rumoroso si verifica, considerate le circostanze di luogo e tempo della azione. Prova del reato di cui all'articolo 659 cod. pen. Testimoni. La prova del reato di cui all'articolo 659 cod. pen. può essere fornita anche mediante la prova per testimoni (Cass. Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli, che ha affermato, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, che l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete. Nel caso esaminato, l'intensità delle emissioni sonore è stata ricostruita mediante la deposizione dei testimoni, i quali avevano riferito di non riuscire a seguire i programmi televisivi. Sono pertanto irrilevanti le critiche rivolte alla motivazione della sentenza con le quali la difesa ha richiesto l'espletamento di una prova tecnica scientifica per la valutazione della sussistenza della condotta e del superamento della normale tollerabilità.
Comune inerte responsabile per i danni non patrimoniali Cassazione civile, SS.UU., sentenza 01/02/2017 n° 2611 Una famiglia proponeva citazione nei confronti del Comune e di un comitato per i festeggiamenti del Santo patrono chiedendo di condannarli al risarcimento dei danni, in conseguenza del posizionamento del palco a meno di un metro dalla propria abitazione. Oltre ad aver ostacolato l'accesso, e aver determinato immissioni sonore a turbativa della vita domestica, addebitava al Comune anche la responsabilità per non averlo fatto smontare una volta finiti i festeggiamenti, e aver conseguentemente consentito che fosse utilizzato per giochi e schiamazzi da parte dei ragazzi locali. Il comune contestava il fondamento della domanda, sostenendo di non aver alcun obbligo di vigilanza: il suo intervento istituzionale si era esaurito con il rilascio della concessione amministrativa per l'installazione della pedana sul suolo pubblico.La Cassazione ha messo in evidenza che quanto chiedevano gli attori non era una censura all'esercizio del potere amministrativo in sede di rilascio della concessione di suolo pubblico, ma il mancato esercizio dei poteri di vigilanza successivi su come sarebbe stato utilizzato il palco. Gli attori non hanno invocato la tutela di interessi legittimi, ma la violazione di diritti soggettivi assoluti, i quali - ad esclusione dei casi in cui si verta in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (che qui non ricorre) - ricadono nella giurisdizione del giudice ordinario. La lesione dei diritti soggettivi degli attori derivava dalla condotta - e non dal provvedimento - del Comune, e nel caso di specie non è stato chiesto alcun risarcimento del danno biologico, bensì quello - non patrimoniale - a fronte dello sconvolgimento dell'ordinario stile di vita. Tale danno che è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato. Ed è risarcibile in quanto trattasi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è rafforzata dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (art. 8).
Attività o mestieri rumorosi Cass. Sez. III n. 39261 del 30 agosto 2018 (Ud 30 mag 2018 L'ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447\95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l'attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.
Provvedimenti a carattere temporaneo idonei a tutelare la salute pubblica. Competenza. TAR Puglia (BA) Sez. I n. 1155 del 1 agosto 2018 Da una piana lettura del dato normativo, (art. 9 della legge n. 447/95 “Legge quadro sull’inquinamento acustico) risulta che il legislatore abbia riservato esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di adottare provvedimenti di carattere temporaneo, idonei a tutelare la salute pubblica e l’ambiente da eccezionali situazioni di necessità ed urgenza, nell’ambito dei servizi pubblici essenziali. L’art. 3 della succitata disposizione di legge, poi, ricomprende expressis verbis nella nozione di servizio pubblico essenziale anche le strade statali. Dunque, per l’operare in combinato disposto delle norme appena richiamate, deve escludersi che, nel caso di specie, fosse configurabile il potere sindacale di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, come invece preteso dalla resistente Amministrazione. A ben guardare, infatti, le disposizioni contenute nella legge n. 447/1995 presentano un carattere di specialità, sia rispetto a quella di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 - che costituisce il substrato normativo su cui si basa l’impugnata ordinanza - sia rispetto alla disciplina contenuta nel D.M. 29.11.2000 e nel D.P.R. n. 142 del 30.03.2004. Difatti, l’art. 9 della legge n. 447/1995, tra tutti i tipi di pericoli che possono mettere a repentaglio la salute dei consociati, detta un disciplina di carattere specifico, puntuale e dettagliata da applicare nel caso in cui i beni giuridici salute o ambiente siano messi a repentaglio da emissioni sonore, in situazione di carattere eccezionale ed urgente. Ciò comporta che in forza del principio di specialità - generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento ed applicabile per risolvere le ipotesi di concorso tra norme - debba essere proprio quest’ultima disposizione a trovare applicazione nel caso di specie. Infatti, solo apparentemente le norme appena richiamate disciplinano la stessa identica situazione, risultando sovrapponibili. Ad una scomposizione più attenta e dettagliata della fattispecie, tuttavia, è agevole rendersi conto che la normativa da applicare al caso di specie sia proprio quella “speciale” della l. n. 447/1995 che, rispetto alle altre disposizioni richiamate, presenta un quid pluris, costituito da vari elementi: la situazione di necessità ed urgenza (elemento aggiuntivo rispetto alla normativa di cui D.M. 29.11.2000 e al D.P.R. 142 del 30.03.2004); la tutela della salute e della incolumità pubblica dai rischi derivanti specificamente dall’inquinamento acustico (elemento aggiuntivo rispetto all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000). Nello specifico, infatti, non ci si può esimere dal rilevare che, mentre la disciplina di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è pensata per fronteggiare un novero più o meno ampio ed indefinito di situazioni, astrattamente in grado di mettere in pericolo la salute dei consociati, e mentre le disposizioni di cui al D.M. 29.11.2000 e al D.P.R. 142 del 30.03.2004 sono state concepite per fronteggiare situazioni di carattere “ordinario” - in cui difettano i presupposti della necessità e dell’urgenza - in materia di inquinamento acustico, la legge n. 447/1995 detta una disciplina pensata per tutelare, in situazioni di urgenza e necessità, uno specifico bene giuridico da una altrettanto specifica forma di aggressione o di messa in pericolo. Ciò posto, in virtù del combinato disposto dei summenzionati art. 3 e 9 della legge n. 447/1995, deve ritenersi che la competenza ad adottare ordinanze di carattere contingibile ed urgente in siffatta materia vada riconosciuta al Presidente del Consiglio dei Ministri e che, dunque, il provvedimento gravato sia illegittimo in quanto adottato da un organo incompetente.
Zonizzazione acustica e strumento urbanistico TAR Lombardia (BS) Sez. I n.773 del 4 agosto 2018 Le destinazioni previste dagli strumenti urbanistici (il c.d. “preuso”) costituiscono l’imprescindibile punto di partenza della zonizzazione acustica, ma tuttavia non si richiede una perfetta corrispondenza tra la classificazione acustica del territorio e la programmazione urbanistica, tenuto conto della diversa funzione delle due tipologie di pianificazione; lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi; mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici prettamente qualitativi.
Ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen. Cassazione penale, Sez. 3^ 30/08/2018 (Ud. 30/05/2018), Sentenza n.39261 Laboratorio di panificazione - Svolgimento di attività rumorosa - Condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone - Mancata redazione della valutazione di impatto acustico (c.d. VIAC) - Natura di reato di pericolo - Art. 659 commi 1 e 2 cod.pen. (capo A), art. 674 cod.pen. (capo B), art. 279 d.lgs n. 152/2005. In tema di immissioni, non può ritenersi escluso il disturbo della quiete pubblica, nel caso di immobile condominiale, nel caso in cui abbia interessato esclusivamente gli abitanti sovrastanti il laboratorio di panificazione. Ritenuta pacifica la natura di reato di pericolo della contravvenzione prevista dall'articolo 659 cod. pen., tanto che la violazione può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone (cfr. Sez. 1, n. 7748, del 28/02/2012; Sez. 1 n. 44905, del 02/12/2011; Sez. 1, n. 246, del 07/01/2008; Sez. 1, n. 40393, del 14/10/2004; Sez. 3, n. 27366, del 06/07 /2001); è parimenti pacifico, che l'accertamento del disturbo è questione di fatto che sorretta da congrua motivazione non è sindacabile in cassazione. Attività o mestieri rumorosi - Disturbo dell'occupazione e del riposo delle persone - Ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen. - Violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità - Superamento dei limiti di emissione fissati - Effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone - Accertamento di fatto - Competenza del giudice di merito. L'ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447\95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l'attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso (da ultimo Sez. 3, n. 25424 del 5/6/2015 (dep. 20/6/2016), Pastore). In tale ambito si è poi precisato che l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montali). Provvedimenti cautelari reali - Ricorso per cassazione - Presupposti - Art. 325 cod. proc. pen.. In tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l'art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione rientrano, oltre agli "errores in iudicando" o "in procedendo", anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi).
Rumore causato da animali CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/08/2018 (Ud. 26/04/2018), Sentenza n.38901 Configura l'art. 659 cod. pen., la detenzione presso la propria abitazione di alcuni cani che abbaiano continuamente nottetempo, impedendo il riposo e le occupazioni delle persone residenti nelle adiacenze. Sicché, il dovere d'impedimento di strepiti di animali deriva dal mero possesso degli animali medesimi, a prescindere dal formale titolo di proprietà, essendo l'obbligo di impedimento collegato all'effettiva signoria sugli animali, i cui strepiti non sono impediti. Inoltre, la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Omesso esame di un fatto storico principale o secondario - Vizio specifico denunciabile per cassazione ex art. 360 c.1 cpc - Obblighi del ricorrente. L'art. 360 comma 1 cpc, (come riformulato dall'art. 54 Dl 83/2012, conv. nella L.134/2012) ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo al'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che il ricorrente deve indicare non solo il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, ma anche il "come" e "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività (Cass. Ss.Uu. n.8053/2014).
Danno alla salute e risarcimento del danno non patrimoniale CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 2^ 03/09/2018 (Ud. 16/02/2018), Ordinanza n.21554 Immissione rumorose - Diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione - Risarcimento del danno non patrimoniale - Art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo - Artt. 844, 2043, 2059, 1226 c.c. - Giurisprudenza. In tema di immissione rumorose, il danno alla salute non può ritenersi sussistente in re ipsa. Tuttavia, l'assenza di un danno biologico documentato, non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cass. Ss.Uu.2611/2007). Liquidazione del danno da immissioni ex art. 844 cod. civ. - Determinazione dell'ammontare del risarcimento - Criteri di determinazione del danno - Contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso - Illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi e danno non patrimoniale risarcibile.L'art. 844 cod. civ. impone, infatti, nei limiti della valutazione della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio. Viceversa, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'articolo 844 cod.civ., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'articolo 2043 del codice civile e, specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, dell'articolo 2059 cod. civ. (Cass.5844/2007).
Strade statali. Carattere di specialità rispetto alle norme di cui all’art. 54 d.lgs. n. 267/2000 TAR PUGLIA, Bari sent. 1155 del 1 agosto 2018 il Collegio ritiene anzitutto necessario ritornare sulle condizioni - giuridiche e fattuali - che debbano sussistere affinché tali tipi di provvedimenti possano essere legittimamente adottati. Sul punto, costituisce jus receptum il principio in forza del quale i provvedimenti di cui all’art. 54, co.2, D.lgs. n. 267/2000 possano essere adottati solo in caso di estrema necessità ed urgenza. Infatti, secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale, al quale il Collegio ritiene di dover aderire, non essendovi valide ragioni ostative in tal senso, i provvedimenti in oggetto costituiscono manifestazione di un potere atipico, il cui esercizio è consentito solo qualora sussista un pericolo attuale ed imminente per la pubblica incolumità. L’esercizio del potere de quo è, in sostanza, inderogabilmente e normativamente subordinato alla presenza di una situazione di pericolo talmente eccezionale da non poter essere adeguatamente fronteggiata tramite i mezzi ordinariamente riconosciuti dall’ordinamento; uno stato di cose tale da rendere indispensabili ed improcrastinabili interventi urgenti ed extra ordinem, mediante l’imposizione di obblighi di facere o non facere in capo ai privati (cfr. sull’argomento Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 5287/2014).La giurisprudenza amministrativa ha, in materia, a più riprese chiarito che «è illegittima l’ordinanza contingibile ed urgente con la quale il sindaco ordina di provvedere alla tempestiva esecuzione di tutti i necessari interventi volti “all’eliminazione dello stato di pericolo”, nel caso in cui l’amministrazione non abbia condotto accertamenti istruttori idonei a comprovare la effettiva sussistenza dei presupposti per l’adottata ordinanza contingibile e urgente, rimanendo non dimostrata la ricorrenza effettiva di pericolo per la pubblica incolumità. Sebbene il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’art. 50 comma 5 e 54 comma 2 D.Lgs. n. 267 del 2000 permetta anche l’imposizione di obblighi di fare a carico dei destinatari, l’esercizio di tale potere non può prescindere dalla sussistenza di una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, la quale non sia fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria» (ma, sempre in tal senso, cfr. la recentissima sentenza del T.A.R. Sicilia, Sez. I, n. 252/2018). In sostanza, proprio la natura extra ordinem dei poteri esercitati imponeva un obbligo di motivazione “rafforzata”, non superabile mediante mere formule di stile o mediante un generico rinvio ai rilievi effettuati dall’ARPA. Ciò, infatti, non consente di cogliere quali fossero le ragioni di necessità ed urgenza che avrebbero, in tesi di parte resistente, legittimato l’adozione della più volte menzionata ordinanza Nella stessa, invece, non è dato rinvenire alcun riferimento ad un situazione di effettivo ed imminente pericolo, atteso che le locuzioni adoperate risultano generiche e prive di valido e sufficiente supporto istruttorio.
Piano di zonizzazione. Il cosiddetto “preuso”. TAR LOMBARDIA, Brescia sent. n. 773 del 4 agosto 2018 Va evidenziato che il Piano di zonizzazione acustica si inquadra tra gli strumenti di governo del territorio come un atto di natura generale a contenuto normativo che disciplina i diversi indici di tollerabilità dei rumori per ciascuna zona (T.A.R. Abruzzo L’Aquila – 10/7/2014 n. 597). Certamente, le opzioni comunali in materia di classificazione acustica costituiscono tipica espressione di discrezionalità tecnica: esse, pertanto, sono soggette al sindacato giurisdizionale nei limiti della ritenuta irrazionalità, contraddittorietà e manifesta incongruenza (T.A.R. Toscana, sez. III – 11/11/2014 n. 1763, che risulta appellata; T.A.R. Piemonte, sez. I – 28/11/2014 n. 1910; si veda anche Consiglio di Stato, sez. IV – 18/5/2016 n. 2004). Tuttavia, la pianificazione acustica non si esaurisce in un'attività di programmazione assimilabile a quella urbanistica, ma è rivolta a governare l’assetto del territorio sotto lo specifico profilo della tutela ambientale e della salute degli individui, attraverso la più coerente ed opportuna localizzazione delle attività umane in relazione alla loro rumorosità: ne consegue che l’interpretazione teleologica della normativa in questione porta a valorizzare gli interessi protetti da tale disciplina, desumibili dall'art. 2 comma 1 lett. a) della L. 447/95, ossia la tutela del riposo e della salute, la conservazione degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno (T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 14/1/2015 n. 133). La giurisprudenza ha altresì chiarito che le destinazioni previste dagli strumenti urbanistici (il c.d. “preuso”) costituiscono l’imprescindibile punto di partenza della zonizzazione acustica, ma che tuttavia non si richiede una perfetta corrispondenza tra la classificazione acustica del territorio e la programmazione urbanistica, tenuto conto della diversa funzione delle due tipologie di pianificazione; lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi; mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici prettamente qualitativi (T.A.R. Piemonte, sez. I – 16/4/2014 n. 616).
Rumore stradale. il Comune è obbligato ad agire Tar Abruzzo sent. 188 del 04/06/2018 Di fronte ad una situazione di forte disagio da rumore stradale i cittadini residenti non solo sono legittimati ad agire per tutela il loro diritto alla quiete pubblica ma hanno diritto di imporre al Comune di agire per risolvere la situazione di forte disagio. La sentenza in questo caso impone al Comune del caso di agire entro 60 giorni per avviare un procedimento che porti a prendere misure di tutela della qualità della vita dal rumore prodotto dall'arteria stradale. Una sentenza, quella sopra riportata, che riprende ed integra indirizzi della giurisprudenza del Consiglio di Stato nei quali si affermano i presupposti fattuali per rendere vincolante l'obbligo di agire del Comune contro l'inquinamento da rumore quali: 1) molteplicità di richieste di intervento provenienti da soggetti pubblici e privati, 2) l’emergenza della situazione creatasi a causa del livello dei rumori percepiti dall’interno delle abitazioni, la necessità di intervenire prontamente (Cons. Stato Sez. V n. 6979 del 17 settembre 2010) 3) sussiste inerzia colpevole (e dunque il corrispondente interesse ad agire ex art. 117 codice del processo amministrativo: ricorso contro il silenzio della P.A), se l’amministrazione non conclude il procedimento (quale ne sia il contenuto) nel termine di riferimento ovvero se adotta un atto infra procedimentale o peggio soprassessorio; tanto nel decisivo presupposto che una tale attività non dà vita ad un autentico provvedimento ultimativo del procedimento che l’amministrazione ha l’obbligo di concludere ma un rinvio sine die (Consiglio di Stato 3420 del 2016).
Configurabilità del reato ex art. 659 cp. Diffusività del disturbo estesa alla collettività Cass. pen. Sez. III, 20-02-2018, n. 17124 Dal momento che l'interesse tutelato dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 659 c.p. deve essere ravvisato nella pubblica quiete, la quale implica di per sè l'assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario per la configurabilità del reato che le emissioni sonore abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell'ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, tenuto conto che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 - dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 23329001). Pertanto se in ordine all'accertamento della fattispecie criminosa, non è necessario che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, occorre ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Accertamento questo che ben può essere effettuato direttamente dal giudice del merito, al quale è consentito fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti (Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011 - dep. 25/05/2011, Toma, Rv. 250417).
Abilitazione al patrocinio dei difensori CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 08/05/2018 (Ud. 10/04/2018), Ordinanza n.20089 In relazione al reato di cui all'art. 659 c.p., è inammissibile il ricorso per cassazione avanzato da difensori non abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori (perché non iscritto nel prescritto all'Albo speciale ex art. 613 c.p.p. al momento della sua presentazione).
Abuso ripetuto di strumenti sonori all'interno e all'esterno di un locale. Art. 10 l. 26/10/1995 n. 447 e art. 659 cod. pen. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 02.05.2018 (Ud. 11.01.2018), Sentenza n. 18522 La configurabilità dell'illecito amministrativo di cui all'art. 10 L. 26 ottobre 1995 n. 447, alla luce della autorizzazione amministrativa rilasciatagli a diffondere musica all'esterno di un locale, va esclusa quando vi è il superamento delle normali modalità di esercizio (in specie, sistematica e prolungata propagazione di musica a volume elevato dall'impianto di amplificazione installato all'esterno del locale) e la conseguente configurabilità del reato di cui al primo comma dell'art. 659 cod. pen., in caso di idoneità a disturbare un numero indeterminato di persone (Cass. Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffré; conf. Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Calvarese). DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione - Limiti e preclusioni - Effetti dell'inammissibilità originaria del ricorso. Alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno. Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova. Inoltre, l'inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata.
Illecito amministrativo e illecito penale Cass. Sez. III n. 18522 del 2 maggio 2018 (Ud 11 gennaio 2018) La configurabilità dell’illecito amministrativo di cui all’art. 10 l. 26 ottobre 1995 n. 447, alla luce della autorizzazione amministrativa rilasciata a diffondere musica all’esterno di un locale, va esclusa quando vi è il superamento delle normali modalità di esercizio e la conseguente configurabilità del reato di cui al primo comma dell’art. 659 cod. pen. in caso di idoneità a disturbare un numero indeterminato di persone.
Configurabilità del reato di cui all'art.659 cod. pen. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16.04.2018 (Ud. 22.11.2017), Sentenza n. 16677 Il reato di cui all'art. 659, comma primo, cod. pen. è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25/02/2015, n. 8351). Inoltre, ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista nell'art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo - per la loro intensità e per la ubicazione spaziale della loro fonte - per una potenziale pluralità indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate (Corte di cassazione, Sezione I penale, 4/02/2000, n. 1394). Fattispecie: omissione di custodia adeguata su tre cani lasciati da soli nel terrazzo dell'appartamento ubicato all'interno di un edificio condominiale, gli stessi abbaiando per buona parte della notte impedivano, coi loro latrati, il riposo e la quiete di due abitanti del limitrofo appartamento.
Immissioni e mezzi di prova esperibili Superamento della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 6^ 20.03.2018, (Ud. 30.11.2017), Ordinanza n. 6867 In tema di immissioni, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, potendosi in tale materia tuttavia ricorrere alla prova testimoniale quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi (Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606). Spetta, in ogni modo, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa, supponendo tale accertamento un'indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di cassazione di prendere direttamente in esame l'intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, 05/08/2011, n. 17051; Cass. Sez. 2, 12/02/2010, n. 3438; Cass. Sez. 2, 25/08/2005, n. 17281).
Emissioni. Condizioni per il superamento della normale tollerabilità ex art. 844 cc CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^ 14/03/2018, Ordinanza n. 6136 Con il secondo motivo la M. sostiene che la normale tollerabilità delle immissioni non possa essere desunta dalla normalità dell'attività che le origina ma dagli effetti prodotti nei vicini, in relazione alle specifiche condizioni ambientali di tempo e di luogo. Anche detto motivo è inammissibile. La tollerabilità o meno di un'immissione va valutata caso per caso, dal punto di vista del fondo che la subisce, tenendo conto delle "condizioni dei luoghi" (art. 844 c.c.), e quindi, tra l'altro, della loro concreta destinazione naturalistica ed urbanistica, delle attività normalmente svolte nella zona, del sistema di vita e delle abitudini di chi vi opera; il limite di tollerabilità delle immissioni, pertanto, non ha carattere assoluto ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti; spetta, tuttavia, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità, con giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se non nei su precisati ristretti limiti di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 (conf. Cass. 3438/2010); nel caso di specie la Corte, nel rispetto di detti criteri, con valutazione di merito (come detto, quindi, insindacabile in sede di legittimità), ha ritenuto l'accumulo di masserizie sotto le finestre dell'attrice estraneo alla fattispecie di cui all'art. 844 c.c. e, in ogni modo, giustificato dall'esecuzione di lavori edili. In conclusione, pertanto, il ricorso è inammissibile.
Immissioni acustiche prodotte dal passaggio di convogli ferroviari TAR Piemonte Sez. I n. 225 del 15 febbraio 2018 Con riferimento al passaggio di un convoglio ferroviario non è possibile apprezzare il superamento dei “valori di attenzione”, atteso che le emissioni da esso prodotte durano per il tempo meramente necessario al passaggio del convoglio e non possono essere misurate in via continuativa ed equivalente. Non a caso l’art. 6 comma 3 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 afferma che “I valori di attenzione di cui al comma 1 non si applicano alle fasce territoriali di pertinenza delle infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime ed aeroportuali.” Correlativamente il D.P.R. n. 459 del 18 novembre 1998, recante norme di esecuzione dell'articolo 11 della l. 26 ottobre 1995, n. 447 in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario, non individua “valori di attenzione” , ma solo “valori limite assoluti di immissione” e “valori massimi di emissione LAmax del materiale rotabile”.
Limite della normale tollerabilità - Valutazione Ordinanza Corte di Cassazione 14 marzo 2018, n. 6136 La tollerabilità delle emissioni rumorose ai sensi dell'articolo 844, Codice civile, va valutata caso per caso dal punto di vista del fondo che la subisce, tenendo conto delle condizioni dei luoghi. Lo ha ricordato la Corte di Cassazione che ha rigettato le doglianze del titolare di un fondo in Toscana che chiedeva il risarcimento danni per immissioni rumorose provenienti da attività edilizie svolgentesi nel fondo confinante. L'articolo 844 del Codice civile stabilisce che non può impedire i rumori provenienti dal fondo del vicino se rimangono nei limiti della tollerabilità. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose però non ha carattere assoluto ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti. Sarà il Giudice del merito ad accertare in concreto se è stato superato tale limiti con un giudizio che è insindacabile dalla Cassazione. Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto che l'accumulo di masserizie sotto le finestre della ricorrente fosse estraneo alla fattispecie di cui all'articolo 844 C.c. e, in ogni modo, giustificato dall'esecuzione di lavori edili.
Ricorso a speciali forme di contenimento o abbattimento delle emissioni TAR Friuli V.G. Sez. I n. 26 del 1 febbraio 2018 L’art. 9 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 stabilisce che “Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco (…) con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività”. La norma pare, pertanto, eloquente: sancisce, infatti, espressamente che in presenza di una situazione di eccezionale necessità ed urgenza, legata all'inquinamento acustico, il sindaco, per salvaguardare la salute pubblica o l'ambiente, può disporre il ricorso a speciali forme di contenimento e addirittura di abbattimento delle emissioni sonore, compresa l'inibitoria, parziale o totale, di una determinata attività. Non ritiene, però, sufficiente che sussista l'urgenza di provvedere, ma richiede che si tratti di situazione eccezionale, che non può sussistere laddove le circostanze da cui deriva la situazione dannosa abbiano carattere permanente, giacché la nozione stessa di eccezionalità richiama l'idea di imprevedibilità di una situazione. E soprattutto deve trattarsi di un pericolo attuale.
Ordinanza di inibizione di attività è una misura eccezionale T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I, Sent., (ud. 10.01.2018) 01.02.2018, n. 26 Non può prescindersi, invero, dal rilevare che l' art. 9 della L. 26 ottobre 1995, n. 447 stabilisce che "Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco (...) con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività". La norma pare, pertanto, eloquente: sancisce, infatti, espressamente che in presenza di una situazione di eccezionale necessità ed urgenza, legata all'inquinamento acustico, il sindaco, per salvaguardare la salute pubblica o l'ambiente, può disporre il ricorso a speciali forme di contenimento e addirittura di abbattimento delle emissioni sonore, compresa l'inibitoria, parziale o totale, di una determinata attività. Non ritiene, però, sufficiente che sussista l'urgenza di provvedere, ma richiede che si tratti di situazione eccezionale, che non può sussistere laddove le circostanze da cui deriva la situazione dannosa abbiano carattere permanente, giacché la nozione stessa di eccezionalità richiama l'idea di imprevedibilità di una situazione. E soprattutto deve trattarsi di un pericolo attuale (C.d.S., V, 10 febbraio 2010, n. 670). Nell'intento del legislatore, in armonia con la "categoria generale" di appartenenza (ovvero quella delle ordinanze contingibili e urgenti), la misura in questione dev'essere connotata da temporaneità, per cui la sua efficacia è provvisoria, potendo al massimo persistere finché il pericolo (imprevedibile) non sia cessato: il termine, anche quando non venga indicato nell'ordinanza sotto la forma di una data certa, può comunque ritenersi individuato implicitamente nel superamento della situazione eccezionale (in termini T.A.R. Campania, Napoli, V, 30 dicembre 2016, n. 6035).
Reato di cui all'art. 659 c.p. Natura di reato di pericolo presunto CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 01.03.2018 (Ud. 23.02.2017), Sentenza n. 9361 Reato di cui all'art.659 c.p. - Natura di reato di pericolo presunto - Potenziale disturbo delle occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone - Reato di cui all'art.659 c.p. - Configurabilità - Giurisprudenza. Il reato di cui all'art.659, comma 1 cod.pen. si configura come reato di pericolo presunto, occorrendo ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare (Cass. Sez. 1, n. 7748, 28/02/2012; Sez. 1, n. 44905, 2/12/2011, Sez.1, n. 246, 7/01/2008; Sez.1, n. 40393, 14/10/2004; Sez. 3, n. 27366, 6/07/2001; Sez. 1, n. 1284, 130/2/1997; Sez. 1, n. 12418, 17/12/1994). Essendo invero l'interesse tutelato dal legislatore quello della pubblica quiete, la quale implica di per sé l'assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell'ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 - dep. 31/01/2006, Giusti). Fattispecie: configurabilità del reato ex art.659 c.p. per avere mediante rumori, urla e schiamazzi durante l'orario notturno all'interno di un edificio condominiale disturbato il riposo dei condomini. Disturbo della pubblica quiete - Verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità - Necessità di perizia o consulenza tecnica - Esclusione. In ordine all'accertamento della fattispecie criminosa, di cui all'art.659 c.p., non è necessario che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, (Cass. Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011 - dep. 25/05/2011, Torna), occorrendo ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto.
Dissenso motivato del Giudice dalle conclusioni del CTU Corte di Cassazione, Sez. II, Sentenza n. 1025, ud. 17.01.2018, dep. 17.01.2018 È consentito al Giudice dissentire motivatamente dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, nel caso in cui queste ultime non appaiano attendibili, senza che ciò implichi la necessità di un supplemento di indagine. Nella misurazione del livello di inquinamento acustico, non è possibile prendere a base della misurazione relativa all'eventuale superamento dei limiti differenziali (ossia la differenza tra il rumore di fondo e la sorgente disturbante, ex D.P.C.M. 14 novembre 1997) un valore del rumore misurato in un intervallo di tempo non coincidente con il periodo considerato. In specie ciò appare inammissibile per la fascia oraria compresa tra le 5 e le 7 a.m., durante la quale la maggior parte delle attività umane riprende dopo la pausa notturna e il valore assoluto delle immissioni sonore non è così elevato da rendere palese il superamento del limite differenziale. Solo una misurazione del rumore di fondo, effettuata esattamente nella fascia oraria nella quale si lamenti la violazione dei limiti differenziali, può formare la prova dell'evento dannoso e della violazione dei limiti legali assoluti e di quelli differenziali. Si nega la possibilità di misurare contemporaneamente rumore ambientale (ovvero il rumore prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo ex art. 4 D.P.C.M. 01.03.1991) e rumore di fondo. Nel caso di specie, alcune persone fisiche avevano presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza di secondo grado che, riformando la pronuncia del primo Giudice, aveva accolto la censura relativa all’impossibilità di misurare contemporaneamente rumore ambientale e rumore di fondo. I ricorrenti in Cassazione avevano dedotto quattro motivi, tra i quali la violazione dei limiti previsti dai D.M. 01.03.1991 e 14.11.1997. Il ricorso è stato rigettato dalla Suprema Corte che ha ritenuto legittima la decisione del Giudice dell’appello – peritus peritorum – e valorizzato la circostanza che la CTU, nei nove minuti intercorsi tra la misurazione delle ore 4.52 am e quella delle ore 5.01 am , aveva registrato un aumento del valore di LEQ del rumore ambientale di ben 7.60 punti, con ciò facendo ritenere non implausibile che nella successiva mezz’ora il rumore potesse aumentare degli ulteriori 4 punti tali da rendere del tutto lecite le immissioni sonore emesse dalla Società ricorrente.
Convogli ferroviari. Impossibilità di adottare ordinanze contingibili e urgenti ex art. 9 L. 447/95. TAR PIEMONTE sent. 225 del 15 febbraio 2018 In materia di immissioni acustiche prodotte dal passaggio di convogli ferroviari la possibilità di adottare ordinanze contingibili ed urgenti non solo è riservata alla competenza esclusiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma pare addirittura preclusa – quantomeno sino a che non venga approvata una specifica normativa che indichi in modo chiaro quando si determinano le “eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente” – a fronte della impossibilità di rilevare valori indicativi di pericolo per la salute umana e della correlativa possibilità che è stata data a Rete Ferroviaria Italiana di implementare le misure di mitigazione acustica secondo le tempistiche del Piano (pluriennale) di risanamento. L’ordinanza oggetto di gravame, nella parte in cui ordina a Rete Ferroviaria Italiana la immediata adozione di misure di mitigazione acustica ai sensi dell’art. 50 deve dunque ritenersi illegittima per incompetenza e perché emessa in carenza della dimostrazione delle prescritte “eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente”, la cui ricorrenza non può presumersi quale effetto del superamento dei valori assoluti di immissione. Relativamente alle emissioni di vibrazioni prodotte dal transito dei treni è effettivamente discutibile la competenza esclusiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla adozione di ordinanze contingibili ed urgenti, posto che l’art. 9 della L. 447/98 si riferisce, come tutta la legge, alle sole emissioni acustiche. Tuttavia, non contenendo l’ordinanza impugnata alcuna motivazione dalla quale traspaia la natura e la causa del pericolo concreto ed imminente derivante da tali vibrazioni (ad esempio: pericolo per la stabilità di fabbricati desumibile dalla constatata presenza di fessurazioni), e potendosi anzi ritenere non sussistente un tale pericolo a fronte di quanto si legge nella relazione ARPA n. Prot. 98537 del 22 novembre 2016 (doc. 2 di parte ricorrente: “Quanto rilevato evidenzia una perdurante criticità e può essere causa di marcato fastidio nei confronti delle persone esposte…”), non essendo un pur “marcato fastidio” equivalente ad un pericolo concreto ed imminente, è possibile affermare che anche in parte qua l’ordinanza impugnata è stata adottata in difetto dei requisiti indicati dall’art. 50 TUEL.
Inquinamento. Concetto di "caso fortuito" Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 5763 7 febbraio 2018 Nel caso di specie viene chiamata a rispondere del reato di cui all’art. 674 c.p. la società di gestione degli scarichi e manutenzione (nella persona del suo legale rappresentante) a cui il Comune aveva affidato l’incarico. Nel corso dell’istruttoria emerge la negligenza della società di gestione sulla manutenzione e sulla rottura di una “pompa”. La società di gestione pone a sua difesa l’intervenuto “caso fortuito” e la Cassazione ricorso: “Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte integra gli estremi del caso fortuito l’ipotesi dell’avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all’attività psichica dell’agente ...dovendosi escludere che si possa ritenere escluso l’elemento soggettivo del reato nei casi in cui al realizzarsi dell’evento ritenuto costituire il caso fortuito abbia dato causa l’agente con la propria condotta negligente od imprudente…Come già è stata dianzi esaminato, seppure si volesse dire che il disservizio della pompa di sollevamento dell’acqua da cui è scaturito lo sversamento delle acque luride di cui al capo di imputazione possa costituire un caso fortuito, tuttavia il suo determinarsi è stato dovuto, come risultante dalla ricostruzione in fatto operata dal Tribunale di Locri, dalla negligente opera di manutenzione e controllo degli impianti del sistema di depurazione delle acque, il cui svolgimento era demandato alla impresa Alfa uno, diretta dalla odierna ricorrente.
Ricorso a speciali forme di contenimento delle emissioni - Requisiti. TAR Friuki Venezia Giulia, sent. 26 del 1 febbraio 2018 Nell'intento del legislatore, in armonia con la "categoria generale" di appartenenza (ovvero quella delle ordinanze contingibili e urgenti), la misura in questione dev'essere connotata da temporaneità, per cui la sua efficacia è provvisoria, potendo al massimo persistere finché il pericolo (imprevedibile) non sia cessato: il termine, anche quando non venga indicato nell'ordinanza sotto la forma di una data certa, può comunque ritenersi individuato implicitamente nel superamento della situazione eccezionale (in termini T.A.R. Campania, Napoli, V, 30 dicembre 2016, n. 6035). Orbene, nel caso di specie, l’ordine emesso è, però, carente sia sotto il profilo della situazione di eccezionale (e attuale) necessità e urgenza, sia sotto quello della sua temporaneità. il Collegio non può assolutamente omettere di rilevare che l’ordinanza emessa si fonda su rilievi fonometrici risalenti ad alcuni mesi prima della sua emissione e non consta che, da allora, i privati presso le cui abitazioni i medesimi sono stati effettuati abbiano denunciato l’aggravarsi o il mero reiterarsi del problema, sebbene in tal senso espressamente invitati dal personale dell’ARPA che ha proceduto alle misurazioni. E’ palese, dunque, che il provvedimento non costituisce assolutamente il giusto e legittimo rimedio a una situazione di inquinamento acustico di carattere urgente, eccezionale e attuale. Del pari, il provvedimento medesimo difetta sotto il presupposto della temporaneità, essendo evidente che mira, unicamente, a “spostare” in capo alla ricorrente l’onere di adottare gli accorgimenti tecnico-operativi necessari per ovviare, in via definitiva, alle problematiche di “convivenza” insorte tra la ricorrente medesima e gli abitanti delle aree contermini, riconducibili, tuttavia, più che all’effettiva eccessiva rumorosità dell’attività posta in essere dalla medesima, al disordinato sviluppo urbanistico che è stato impresso alla zona, ove, per l’appunto, accanto all’area a vocazione industriale, nell’ambito della quale da sempre la società Casini svolge la propria attività produttiva, è stata successivamente consentita la realizzazione di una zona a vocazione urbanistica residenziale.
Trasferimento di residenza ed interesse ad agire TAR Lombardia (BS) Sez. II n. 1491 del 27 dicembre 2017 Il trasferimento di residenza non può escludere che i ricorrenti abbiano un interesse concreto e attuale a vedere accertata l’asserita illegittimità del provvedimento con cui il Comune ha ritenuto di non dover dare corso all’istanza volta ad ottenere l’adozione di misure idonee a evitare emissioni sonore provenienti dalla piazzetta sottostante l’abitazione dei ricorrenti e provocate, durante l’orario di apertura diurno, dagli avventori di un bar che ha il proprio accesso sullo stesso spazio pubblico. Benché i proprietari abbiano principalmente agito a tutela della propria salute, non può escludersi, infatti, che essi abbiano comunque un interesse alla pacifica fruizione della dimora sotto ogni profilo che potrebbe essere inciso dalla situazione di inquinamento acustico da essi lamentata.
Violazione dei limiti legali assoluti e differenziali CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 2^ 17.01.2018 (Ud. 22.11.2017) Sentenza n. 1025 In tema di risarcimento del danno provocato da immissioni rumorose, in assenza di una misurazione del rumore di fondo effettuata nella fascia oraria nella quale si lamenta la violazione dei limiti differenziali, la prova dell'evento dannoso non può dirsi raggiunta. Pertanto, l'impossibilità di misurare contemporaneamente rumore ambientale e rumore di fondo, (nella specie assenza di una misurazione del rumore di fondo), la prova del danno non è dimostrabile.
Permanenza di rumori anche ed esercizio chiuso. TAR Brescia sent. 1491 dd. 27 dicembre 2017 La pretesa di intervento pubblico fatta valere dai ricorrenti risulta essere priva del necessario presupposto e cioè la prova attuale del fatto che, anche dopo la cessazione dell’attività di somministrazione all’esterno (autorizzata con un provvedimento tempestivamente caducato in giudizio) e la condanna ottenuta in sede civile, sia continuato un costante e permanente stazionamento di persone all’esterno dell’esercizio pubblico, fonte di immissioni di intensità superiore alla normale tollerabilità in relazione ai limiti fissati nell’apposito piano per la zona in questione. Sul punto il Collegio ritiene di poter condividere la tesi difensiva del Comune, fondata sull’impossibilità che possano essere posti a base della decisione del ricorso in esame (e, prima ancora, della censurata decisione del Comune sull’istanza dei ricorrenti) gli esiti degli accertamenti compiuti da ARPA negli anni precedenti (che pure hanno rilevato una situazione molto grave caratterizzata dal superamento dei limiti differenziali consentiti anche a causa del vociare di sole cinque persone a tono moderato e, dunque, con comportamento consono). In assenza di successive verifiche tecniche, effettuati dopo l’inibizione dell’attività di somministrazione all’esterno e la proposizione del contenzioso anche in sede civile, l’esito negativo dei controlli e delle verifiche che il Comune ha disposto non poteva che determinare il rigetto dell’istanza di assunzione immediata dei “provvedimenti necessari volti a tutelare la salute e la quiete dei residenti in P.tta Santa Giuliana dall’inquinamento acustico provocato dagli avventori del locale”, dalle ore 10 all’orario di chiusura: salute e quiete il cui disturbo non è stato più comprovato, dopo i rilievi del 2009. Il ricorso non può, quindi, trovare accoglimento, fermo restando l’obbligo per il Comune di continuare a vigilare e verificare che non vi sia il consumo di bevande e cibi all’esterno del locale nelle ore di apertura (inequivocabilmente precluso per il fatto che non esiste alcuna autorizzazione legittimante l’attività di somministrazione all’esterno del locale) e, in caso di riscontro positivo, di sanzionare il gestore dell’attività. Tale obbligo si accompagna, peraltro, all’opportunità di valutare la possibilità di adottare misure volte a disincentivare lo stazionamento nella piazza, che non è ontologicamente e necessariamente un uso primario della stessa, quali, a titolo esemplificativo, l’eliminazione di tutto quanto favorisca l’aggregazione e la permanenza delle persone in essa e, dunque, indirettamente, il consumo, se non anche la somministrazione, nella piazza (panchine, punti di appoggio, fiorire) e/o apporre sulla stessa il divieto di consumare cibi e bevande, quali misure di prevenzione.
Divieto di stazionamento della clientela al di fuori del locale TAR Lombardia (BS) Sez. II n. 1255 del 18 ottobre 2017 Sulla illegittimità di provvedimento che limita espressamente l’utilizzo dell’area esterna di un pubblico esercizio al solo periodo diurno e precludendolo dopo le ore 22, onerando la gestione di interdire lo stazionamento della clientela, eventualmente anche rendendo inaccessibile l’uso degli arredi esterni.
Imposizione di diverse classi acustiche ad un unico condominio TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 1954 del 11 ottobre 2017 La imposizione di due classi diverse per uno stesso edificio condominiale, a seconda della facciata di esso non trova fondamento razionale solido o sufficiente nella diversa esposizione di tali fronti condominiali e produce effetti sicuramente discriminatori tra i proprietari di alloggi posti nel medesimo condominio.
Attività musicale - Immissioni sonore esuberanti rispetto ai limiti. Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30.01.2017) 09-10-2017, n. 46386 Nel caso di specie il ricorrente ha sostenuto la mancanza di motivazione nella ordinanza impugnata, laddove, in questa, viceversa, pur nella sinteticità acconcia alla semplicità del caso, è stato segnalato come la gestione della attività concertistica da parte della Cooperativa Nuove Tecniche all'interno dei locali a tal fine adibiti sia, alla luce delle rilevazioni eseguite dai tecnici dell'Arpa friulano, fonte di immissioni sonore esuberanti rispetto ai limiti fissati dalla normativa di settore, apparendo, quindi, altamente probabile che la prosecuzione di tale attività comporterebbe il ripetersi degli stessi fenomeni di inquinamento acustico. Si tratta, come è evidente, di motivazione pienamente esauriente e del tutto plausibile, tanto più ove si consideri che la inibitoria sostanzialmente disposta dal Tribunale di Pordenone, in tal senso evidenziando il pieno rispetto del principio di proporzionalità, non solo fa salva la possibilità da parte della Cooperativa in questione di proseguire lo svolgimento della sua attività con riferimento a tutte quelle attività che, non comportando lo svolgimento di attività musicali e quindi non destinate a produrre livelli elevati di onde sonore, non si presentano in sè tali da comportare il pericolo della reiterazione degli illeciti per i quali sono in corso le indagini preliminari, ma ha, altresì, consentito a persone riferibili alla ricordata Società cooperativa di eseguire quelle opere all'interno del locale idonee, attraverso un adeguato isolamento acustico, a permettere la ripresa anche della attività concertistica. Il ricorso va, pertanto rigettato ed il ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Superamento dei valori limite di rumore differenziale di immissione e potere di ordinanza TAR Basilicata Sez. I n. 590 del 21 agosto 2017 L'avvenuto superamento dei valori limite di rumore differenziale di immissione stabilito dalla vigente normativa, anche se non coinvolgente l’intera collettività ma singoli cittadini, è sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica atteso che l'utilizzo del particolare potere di ordinanza di cui all’art. 9 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, in ipotesi di accertato superamento dei valori limite, assume carattere pressoché doveroso, sia perché l’inquinamento acustico ontologicamente rappresenta un pericolo per la salute pubblica, sia in quanto tale fonte primaria non configura alcun potere di intervento amministrativo ordinario che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti.
Stazionamento della clientela al di fuori di un locale TAR Brescia sent. 1255/2017 del 18 ottobre 2017 La misura imposta con specifico riferimento al divieto di stazionamento degli avventori del locale negli spazi esterni appare, infatti, esulare dal potere del Comune e risulta, dunque, essere irrazionale nella parte in cui trasferisce sulla ricorrente oneri che graverebbero sull’amministrazione locale. Fermo restando, infatti, che il divieto in parola è implicito nel fatto che la ricorrente non ha alcuna autorizzazione all’uso del plateatico, il controllo sul fatto che ciò non avvenga abusivamente rientra nella competenza del Comune. Pertanto, al gestore non può essere imposto di vigilare su un uso degli spazi esterni autonomamente fatto dagli avventori. In sostanza, alla ricorrente è incontestatamente precluso di servire i propri clienti all’esterno o favorire il consumo di quanto somministrato all’interno del locale con la predisposizione di sedute e tavoli, ma sul rispetto di ciò deve vigilare il Comune. Ogni altro uso degli spazi esterni fatto dai clienti autonomamente non può essere imputato al gestore del locale, il quale non può avere alcuna responsabilità per lo stesso, come implicitamente confermato dal fatto che non ha a disposizione alcuno strumento di coercizione nei confronti di chi non rispetti il divieto di stazionamento, dovuto alla mancanza di autorizzazione all’uso del plateatico.
Emissioni acustiche moleste. Idonea strumentazione per la misurazioni TAR SICILIA (PA) Sez. 3^ , 1 agosto 2017 Sentenza n. 2036 E' viziato per carenza d’istruttoria, il procedimento di irrogazione di sanzione ex art. 3, comma 17 l. n. 94 del 2009, disposto sulla base di emissioni acustiche moleste, provenienti nelle ore notturne da parte di un esercizio commerciale, rilevate senza l’ausilio di alcuna strumentazione tecnica.
Assegnazione di classe acustica ad un'area di centrali idroelettriche TAR Friuli sentenza n. 212 del 13.06.2017 È illegittima l'attribuzione della II^ classe acustica, prevista per le «aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianali», ad un'area nella quale insiste un preesistente impianto produttivo. Nella sentenza viene impugnata la deliberazione di un consiglio comunale friuliano con la quale era stato approvato il Piano comunale di Classificazione Acustica. La ricorrente esercita attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (centrali idroelettriche), in impianti messi in funzione all'inizio del secolo scorso. Il Piano comunale aveva assegnato la II^ classe acustica all'area dove sorgono le centrali idroelettriche, prevista, ai sensi del D.P.C.M. del 14.11.1997, per le aree a prevalente uso residenziale. Da qui, pertanto, la previsione di limiti di emissione sonora (50 dBA nel periodo diurno e 40 dBA nel periodo notturno), di limiti di immissione sonora (55 dBA nel periodo diurno e 45 dBA nel periodo notturno) e di valori di qualità (52 dBA nel periodo diurno e 42 dBA nel periodo notturno) incompatibili con il tipo di attività produttiva svolta. (InSic)
Emissioni acustiche moleste e necessità di misurazioni TAR Sicilia (PA) Sez. III n. 2036 del 1 agosto 2017 In caso di emissioni acustiche moleste nelle ore notturne da parte di un esercizio commerciale, Individuato il parametro normativo di riferimento per valutare l’eventuale condotta illecita, al fine di poterne concretamente valutare la ricorrenza, è necessario che vengano effettuate precise misurazioni attraverso un’idonea strumentazione.
Immissioni di rumore superiore ai limiti di decibel di tolleranza CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.2^ 30/08/2017 (ud. 27.06.2017), Sentenza n. 20553 Immissione di rumori oltre la normale tollerabilità - Domanda di cessazione delle immissioni - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Poteri del giudice - Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato - Adozione di misure inibitorie - attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole. La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità (nella specie, volta ad ottenere la condanna di un condomino a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori ed a rimuovere l'impianto idrico elettrico causa delle stesse) non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole. Non viola, pertanto, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sotto il profilo del limite costituito dal divieto di immutazione degli effetti giuridici che la parte intende conseguire, il giudice che, decidendo su una domanda di cessazione delle immissioni, ordini tanto la rimozione del manufatto, da cui le immissioni provengono, quanto l'adozione di misure inibitorie implicanti l'attuazione di accorgimenti che evitino il ripetersi della situazione pregiudizievole (nella specie, l'uso di uno spazio condominiale quale sede di impianti idrici a pompa, per la contiguità di tale spazio con un appartamento di proprietà esclusiva) (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 17/01/2011, n. 887; Cass. Sez. 2, 05/08/1977, n.3547). Immissioni rumorose - Mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. - Consulenza tecnica d'ufficio con funzione "percipiente" - Limite di tollerabilità delle immissioni rumorose - Accorgimenti idonei - Poteri del giudice di merito. In giudizio relativo ad immissioni, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone (cfr. Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606; Cass. Sez. 2, 04/03/1981, n.1245). Pertanto, in tema di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con riguardo alle modalità di rilevamento o all'intensità dei rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 c.c., e non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell'art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa, supponendo tale accertamento un'indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l'intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, 05/08/2011, n. 17051; Cass. Sez. 2, 12/02/2010, n.3438).
Immissioni di polveri, vapori e rumori provenienti da falegnameria CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez.2^ del 28/08/2017 (ud. 12.04.2017), Ordinanza n. 20445 Il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi (vedi Cass. 16/10/2015, n. 20927 e Cass. Sez. U. 01/02/2017, n. 2611). Ne consegue che la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni o sulla base delle nozioni di comune esperienza.
Disturbo delle occupazioni ed il riposo dei condomini - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudicato assolutorio pieno sul reato penale - Estinzione del reato per prescrizione - Appello della sola parte civile e intangibilità delle statuizioni penali - RISARCIMENTO DEL DANNO - Condanna dell'imputato al risarcimento del danno - Art. 659 c.p.p.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 08/08/2017 (Ud. 07.04.2017) Sentenza n. 38973 La parte civile ha certamente diritto ad impugnare la sentenza di assoluzione ai soli fini delle statuizioni civili, e ciò quand'anche si sia formato un giudicato assolutorio pieno sul reato penale. La parte civile, infatti, con la sua costituzione, non fa altro che rivolgere al giudice penale le domande che avrebbe dovuto rivolgere separatamente e successivamente al giudice civile, e ciò perché il sistema è improntato all'economia processuale con preminenza dell'accertamento penale, sicché è il giudice penale che diventa titolare della cognizione come se fosse un giudice civile. Altrettanto certo è che il giudice penale d'appello non può sovvertire il giudizio assolutorio da responsabilità penale, in mancanza di impugnazione, né sostituire a questo una pronuncia di non doversi procedere per sopravvenuta estinzione, siccome peggiorativa rispetto a quella assolutoria (Cass., Sez. 4, n. 48781/16, secondo cui è illegittima, poiché viola il divieto della "reformatio in peius", la pronuncia del giudice di appello che, in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, su impugnazione della parte civile della sentenza di primo grado che ha assolto l'imputato "per non aver commesso il fatto", dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, condannando l'imputato al risarcimento del danno; nello stesso senso Cass., Sez. 3, n. 3083/17, per la quale la parte civile è legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilità dell'imputato, sia pure incidentalmente e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorché in mancanza di una precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilità delle statuizioni penali). Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto pienamente attendibili le deposizioni delle persone offese che avevano riferito con abbondanza di particolari, e senza contraddizioni, in ordine agli atti di grave disturbo posti in essere dall'imputata e consistiti nel provocare rumori insopportabili al momento del rientro nell'abitazione alle 2 o 3 di notte, battendo zoccoli o stivali sul pavimento, tenendo la musica ad alto volume e muovendo tavoli e sedie.
Presupposti per l'emissione dell'ordinanza extra ordinem di competenza sindacale TAR Umbria Sez. I n. 482 del 27 giugno 2017 I presupposti per l'emissione dell'ordinanza extra ordinem di competenza sindacale sono fissati dall'art. 9 della legge n. 447/1995, giacché è previsto che ricorrano eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, cui deve farsi fronte, come specifica la norma, con misure di carattere temporaneo. La norma non ritiene sufficiente che sussista l'urgenza di provvedere, richiedendo che si tratti di situazione eccezionale, che non può sussistere laddove le circostanze da cui deriva la situazione dannosa abbiano carattere permanente, giacché la nozione stessa di eccezionalità richiama l'idea di imprevedibilità di una situazione.
Immissioni rumorose illecite CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^ 04/07/2017 (Ud. 09.05.2017) Ordinanza n. 16407 Risarcimento del danno biologico e del danno morale - Assenza di prova di un danno biologico documentato - Ininfluenza - Accertamento di fatto adeguatamente motivato - Superamento della normale tollerabilità - Prova mediante presunzioni - Art. 844 c.c. - Responsabilità aquiliana del proprietario - Diritti costituzionalmente garantiti. Allorché le immissioni intollerabili originino da un immobile condotto in locazione, nei confronti del proprietario locatore può essere affermata la responsabilità ex art. 2043 cod. civ., per i danni da esse derivanti dell'immobile solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (Cass., Civ. Sez. III sent del 28/05/2015 n.11125). Divieto di immissioni sonore specificamente previsto nel contratto di locazione - Domanda risarcitoria nei confronti del proprietario dell'immobile - Presupposti e limiti - Responsabilità aquiliana - Fattispecie - Artt. 2043 e 2051 c.c.. In tema di immissioni rumorose illecite, la domanda risarcitoria può essere proposta nei confronti del proprietario solo se egli abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, quale autore o coautore dello stesso, mentre il solo fatto di essere proprietario, ancorché consapevole, ma senza alcun apporto causale al fatto dannoso, non è idoneo a realizzare una sua responsabilità aquiliana. Nella specie, l'apporto causale all'evento dannoso andava essenzialmente individuato nel vociare degli avventori che si trattenevano all'esterno dell'esercizio commerciale, unitamente alla musica diffusa ad alto volume all'interno del locale ed alle voci dei clienti ivi presenti e, dunque, la produzione delle immissioni acustiche intollerabili era riconducibile esclusivamente alla condotta del gestore dell'esercizio, per aver riprodotto brani musicali oltre limiti consentiti e per non aver dissuaso i clienti dal trattenersi all'esterno del locale vociando, mentre, è stata esclusa nei confronti del proprietario alcuna responsabilità in base alla valutazione, logicamente argomentata, dell'insussistenza di carenze strutturali dell'immobile e del divieto di immissioni sonore, specificamente previsto nel contratto di locazione, ma anche del comportamento tenuto dal proprietario dei locali, il quale risultava essersi in concreto adoperato presso il conduttore, sia verbalmente, che mediante diffida scritta, per la cessazione delle immissioni. DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Esercizio del potere discrezionale conferito al giudice di merito - Motivazione della decisione adeguata - Sindacato in sede di legittimità - Esclusione se manca l'indicazione del "fatto storico" - Artt. 366, 369 e 360. Nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di cui all'art. 360 n.5) codice di rito, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Civ. SS.UU. sent. del 07/04/2014 n. 8053).
Gestore di pubblico esercizio e schiamazzi degli avventori Cass. Sez. III n. 30189 del 16 giugno 2017 (Ud 28 marzo 2017) Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, poichè al gestore è imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo "ius excludendi" o all'autorità, che la 3 frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica.
Ordinanza sindacale extra ordinem ex art. 9 L. 447/1995 TAR Umbria sent. 482 del 27 giugno 2017 Secondo costante giurisprudenza, la circostanza che l'art. 54 comma 3, d.lgs. n. 267/2000 contempli una speciale funzione sindacale in materia di orari di esercizi commerciali e pubblici esercizi, per far fronte a situazioni di emergenza, non fa venir meno il generale e ordinario potere di determinazione delle prescrizioni relative alle singole autorizzazioni di polizia, ivi compresa la fissazione dell'orario di attività (ai sensi dell'art. 9, T.U.L.P.S.), che fa capo ai dirigenti quali titolari dell'ordinaria competenza gestionale ex art. 107, d.lg. n. 267/2000 (T.A.R. Emilia-Romagna Parma, sez. I, 26 giugno 2008, n. 326).
Linee ferroviarie e barriere antirumore TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n. 190 del 1 giugno 2017 Un generalizzato obbligo di installazione di barriere antirumore in corrispondenza delle linee ferroviarie (a tacere della già rilevata inconferenza del richiamo giurisprudenziale operato) non trova riscontro nella normativa. L’art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 459/1998 dispone che “per le infrastrutture di nuova realizzazione con velocità di progetto superiore a 200 km/h il proponente l'opera individua i corridoi progettuali che meglio tutelino anche i singoli ricettori e quindi tutti i ricettori presenti all'interno di un corridoio di 250 m per lato, misurati a partire dalla mezzeria del binario esterno e fino la larghezza del corridoio può essere estesa fino a 500 m per lato in presenza di scuole, ospedali, case di cura e case di riposo” e al successivo comma 2 che “per i ricettori di cui al comma 1 devono essere individuate ed adottate opportune opere di mitigazione sulla sorgente, lungo la via di propagazione del rumore e direttamente sul ricettore, per ridurre, con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, l'inquinamento acustico ascrivibile all'esercizio della infrastruttura di nuova realizzazione”. Il dato normativo è, pertanto, chiaro nel riconoscere la legittimità (e sufficienza) di interventi di mitigazione limitati ai ricettori. Ne deriva che la pretesa della ricorrente potrebbe trovare accoglimento unicamente in presenza di una documentata insufficienza di tali misure che la stessa tuttavia non comprova. (Petruzzi).
Natura del piano di zonizzazione acustica TAR Campania (NA) Sez. I n. 2948 del 25 giugno 2017 Il piano di zonizzazione urbanistica è un atto generale normativo di natura regolamentare, cui il legislatore ha assegnato il compito di disciplinare gli indici di tollerabilità dei rumori per ciascuna zona del territorio comunale cui ha riferimento. In ragione della sua natura di atto pianificatorio generale, esso di regola è privo di attitudine offensiva nei confronti degli amministrati, i quali se ne potranno dolere eventualmente in sede di impugnativa congiunta con l’atto applicativo che rende concreta la lesione prima solo potenziale della loro sfera giuridica, salvo che l’atto pianificatorio non presenti profili di specificazione tali da produrre un immediato effetto lesivo
Trambusti condominiali e configurabilità del reato ex art. 659 cp CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 18.01.2017) Sentenza n. 28670 Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. può essere sufficiente anche un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, trattandosi di reato solo eventualmente permanente (Cass. Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Calvarese). Fattispecie: disturbo delle occupazioni ed il riposo di condomini, mediante rumori prodotti dal televisore o dalla radio del proprio appartamento, mantenendoli a lungo accesi con musica ad altissimo volume anche durante la notte.
Possibilità per i comuni di limitare gli orari allo scopo di tutela dell’ambiente e della salute TAR Abruzzo (AQ) Sez. I n. 339 del 30 maggio 2017 Se è vero che i Comuni non possono più perseguire finalità di programmazione generale utilizzando la leva degli orari, è altrettanto vero che, ai sensi del citato art. 31, comma 2, del D.L. 06/12/2011, n. 201, i Comuni ben possano proporsi obiettivi quali la protezione dell’ambiente, della salute e del riposo dei vicini nelle ore notturne, pregiudicato dalle diffusioni acustiche degli stabilimenti balneari, derivante non soltanto dagli strumenti elettroacustici, ma anche dal rumore antropico degli avventori del locale adibito a discoteca.
Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 16/06/2017 (Ud. 28/03/2017) Sentenza n, 30189 Responsabilità del gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale - Obbligo giuridico di controllare - Art. 659 cod. pen.. Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, poichè al gestore è imposto l'obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo "ius excludendi" o all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica (Cass. Sez. fer., n. 34283 del 28/07/2015, dep. 06/08/2015, Gallo). Rilevanza penale della condotta produttiva di rumori - Prove - Disturbo potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone - Produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni. La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Sez.l, n. 47298 del 29/11/2011, dep. 20/12/2011, lori), tanto che, in caso di attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (da ultimo, Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, dep. 13/11/2013, Virgillito ed altro). Nella specie, la sentenza impugnata ha chiaramente valorizzato, al fine di ritenere integrata la condotta, le testimonianze di persone abitanti in edifici adiacenti o in esercizi commerciali adiacenti al locale-pizzeria in oggetto in ordine alla produzione, per tutta la notte, e fino alle quattro - cinque del mattino, sia di rumori e di schiamazzi di avventori sia di musica ad alto volume.
Classificazione acustica - Preesistenti destinazioni d’uso TAR Friuli Venezia Giulia sent. 209 13 giugno 2017 Non risulta rispettata dal piano impugnato, tanto la precitata L. n. 447/1995, quanto la L.R. F.V.G. n. 16/2007, recante norme in materia di tutela dall’inquinamento atmosferico e dall’inquinamento acustico, laddove impongono di tenere conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio, in particolare, della preesistenza delle centrali idroelettriche in questione, rispetto alla pianificazione acustica medesima e, financo, alla realizzazione nei pressi degli impianti di insediamenti di tipo residenziale. Come condivisibilmente sostenuto dalla difesa di parte ricorrente, infatti, non può porsi a carico dell’impresa la risoluzione delle problematiche acustiche venutesi a creare per effetto di scelte pianificatorie non lungimiranti da parte dell’Autorità comunale (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 4405/2015). Sicché, è illegittima la scelta pianificatoria che attribuisce ad un impianto produttivo una classe acustica non compatibile con il tipo di attività economica svolta, e che trova ragione nella circostanza che successivamente nell’area sono sorte costruzioni con una diversa destinazione d’uso. Il che si connette con il secondo aspetto sopra evidenziato, ovverosia quello della natura dell’attività economica svolta all’interno dei suddetti impianti. Si tratta, infatti, di un’attività di produzione, professionalmente organizzata, di un bene (l’energia elettrica, in quanto suscettibile di essere scambiata contro un corrispettivo) e dunque di un’attività industriale, giusta quanto dispongono il combinato disposto degli articoli 2082 e 2195, I^ comma, lettera a), Cod. civ.. E che, per l’appunto, si tratti di attività di produzione di beni e, dunque, industriale, trova conferma nel codice ATECO 2002 attribuito alla stessa, ovverosia il 40.11. Tale codice, infatti, come tutti quelli compresi tra 10 a 45, secondo quanto stabilito dalla deliberazione della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia n. 463 del 5.03.2009, contenente – in esecuzione dei disposti della L.R. n. 16/2007 – criteri e linee-guida per la redazione dei piani acustici comunali, individua un’attività produttiva. E, in base alla medesima deliberazione giuntale n. 463/2009, non vi possono essere insediamenti industriali nelle aree classificate I^, II^, III^. Dunque, è sicuramente illegittima l’attribuzione della III^ classe acustica all’area nella quale insiste un preesistente impianto produttivo di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (segnatamente, quello denominato “Monfalcone Porto”). Ma è parimenti illegittima l’attribuzione della IV^ classe acustica all’area nella quale insiste un preesistente impianto produttivo (segnatamente, quello denominato “Monfalcone Anconetta”), laddove – come emerge documentalmente – e come puntualmente stigmatizzato dalla ricorrente, tale scelta non sia stata preceduta da una accurata istruttoria, che, oltre a tenere in debita considerazione il preuso, accerti le reali condizioni di rumorosità dell’ambiente.
Impianto di trattamento aria sopra il tetto Corte di Cassazione 9 giugno 2017, n. 28671 Un impianto di condizionamento posto sul tetto di un albergo è idoneo a configurare l'illecito dell'articolo 659, comma 1 del Codice penale arrecando disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone. La Corte di Cassazione ha rigettato le doglianze del titolare di un albergo di Milano il cui impianto di trattamento dell'area posto sul tetto dell'edificio col suo rumore arrecava disturbo al condominio limitrofo. Respingendo la testi del ricorrente i Supremi Giudici hanno rilevato il rumore dell'impianto tecnologico se per un verso superava i limiti assoluti o differenziali fissati dalle leggi in materia in questo potenzialmente integrando l'illecito amministrativo dell'articolo 10, legge 447/1995 (legge quadro inquinamento acustico) d'altro lato era stato accertato come arrecasse un pregiudizio al riposo e occupazioni di un numero indeterminato di persone. In questo caso si configura la contravvenzione ex articolo 659, comma 1 del Codice penale poiché il fatto costitutivo dell'illecito è rappresentato da qualcosa di diverso del semplice superamento dei limiti per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisce un uso smodato.
Apposizione di pannelli fonoassorbenti lungo un tratto autostradale Consiglio di Stato Sez. IV n. 2016 del 3 maggio 2017 Il concetto di manutenzione straordinaria di opere pubbliche non si riduce al solo aspetto per così dire “statico” della sostituzione di elementi costitutivi ammalorati o, comunque, in via di obsolescenza, ma abbraccia anche un profilo dinamico ed evolutivo, esteso all’adozione ex novo di accorgimenti, addizioni, miglioramenti resi opportuni dallo sviluppo tecnologico - o addirittura, prescritti da sopravvenute disposizioni normative - e finalizzati vuoi a meglio perseguire le originarie finalità pubblicistiche dell’opera (ad esempio, la realizzazione di strutture per la comunicazione in tempo reale all’utenza di notizie circa il traffico), vuoi a rispondere a nuove esigenze pubblicistiche di carattere “accessorio” (quale, appunto, la mitigazione dell’inquinamento acustico provocato dal transito dei veicoli tramite l’apposizione di opportuni diaframmi fisici rispetto all’ambiente circostante).
Regolamento acustico comunale – Omessa definizione di “attività rumorosa temporanea” – Introduzione della possibilità, in concreto, di superare i limiti acustici previsti dal piano di zonizzazione acustica – Violazione della L. n. 447/1995. Facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, risulta difficilmente contestabile che le disposizioni di cui agli artt.19, 20 e 22 del Regolamento Acustico Comunale del Comune di Vico Equense, approvato con delibera consiliare del 31 luglio 2016 n.489, nelle parti in cui omettono di definire in maniera compiuta l’ “attività rumorosa temporanea”, non pongono limiti quantitativi e/o temporali di sorta alla possibilità di superare i limiti acustici previa specifica autorizzazione in deroga (art.20) o consentono, in via generale e astratta, lo svolgimento di determinate attivate “sempre in deroga ai limiti acustici previsti dal piano di zonizzazione acustica comunale” (ar.20, comma 5) e, infine, prevedono la possibilità di individuare specifiche aree del territorio comunale per lo svolgimento di manifestazioni a carattere temporaneo, per le quali è prevista, già in sede regolamentare, la deroga ai limiti acustici previsti dall’anzidetto piano, siano immediatamente lesive della sfera giuridica dei ricorrenti, pregiudicando - per la loro qualità di residenti del Comune di Vico Equense – il loro assetto ambientale di riferimento e si pongano, perciò, in contrasto con la lettera e, soprattutto, con la ratio della normativa sovraordinata (cfr., in particolare, art.6 l. 447/1995). Dette disposizioni, infatti, caratterizzano in senso illegittimo l’azione amministrativa sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e irragionevolezza perché snaturano l’atto regolamentare, introducendo la possibilità in concreto e senza adeguate misure di controllo di superare i limiti acustici previsti dal piano di zonizzazione acustica comunale, in spregio delle finalità perseguite dal legislatore con la legge 447/1195. Il gravame merita, pertanto, parziale accoglimento e il regolamento impugnato va annullato nella parte in cui, agli anzidetti artt.19, 20 e 21, omette, rispettivamente, di specificare la nozione di “attività rumorosa temporanea” e di circoscrivere sul piano quantitativo-temporale le ipotesi in cui sia consentita la deroga ai limiti acustici previsti dal piano di zonizzazione acustica comunale, con o senza previo atto autorizzativo.
Piano di zonizzazione acustica. Natura. Limiti previsti. TAR Campania, Napoli sent. 2948 del 5 giugno 2017 Atto generale normativo di natura regolamentare – Atti di “volizione-azione” – Previsioni destinare ad una immediate applicazione – Immediato effetto lesivo nella sfera giuridica dei destinatari. Il piano di zonizzazione urbanistica è un atto generale normativo di natura regolamentare, cui il legislatore ha assegnato il compito di disciplinare gli indici di tollerabilità dei rumori per ciascuna zona del territorio comunale cui ha riferimento. In ragione della sua natura di atto pianificatorio generale, esso di regola è privo di attitudine offensiva nei confronti degli amministrati, i quali se ne potranno dolere eventualmente in sede di impugnativa congiunta con l’atto applicativo che rende concreta la lesione prima solo potenziale della loro sfera giuridica, salvo che l’atto pianificatorio non presenti profili di specificazione tali da produrre un immediato effetto lesivo. In proposito, ormai da tempo, la giurisprudenza amministrativa ha distinto, con riguardo all’onere di impugnativa delle fonti normative secondarie, tra due categorie di atti regolamentari: da un lato gli atti contenenti solo ”volizioni preliminari”, cioè statuizioni di carattere generale, astratto e programmatorio, come tali non idonei a produrre una immediata incisione nella sfera giuridica dei destinatari, i quali vanno impugnati necessariamente assieme ai relativi atti applicativi (cd. tecnica della doppia impugnazione); dall'altro, gli atti regolamentari denominati “volizione-azione”, i quali contengono, almeno in parte, previsioni destinate ad una immediata applicazione e quindi, come tali, capaci di produrre un immediato effetto lesivo nella sfera giuridica dei destinatari; gli stessi devono essere gravati immediatamente, a prescindere dalla adozione di atti applicativi.
Linee ferroviarie – Obbligo generalizzato di installazione di barriere antirumore TAR EMILIA ROMAGNA, Parma sent. 190 1 giugno 2017 Un generalizzato obbligo di installazione di barriere antirumore in corrispondenza delle linee ferroviarie (a tacere della già rilevata inconferenza del richiamo giurisprudenziale operato) non trova riscontro nella normativa invocata dalla ricorrente. L’art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 459/1998 dispone che “per le infrastrutture di nuova realizzazione con velocità di progetto superiore a 200 km/h il proponente l'opera individua i corridoi progettuali che meglio tutelino anche i singoli ricettori e quindi tutti i ricettori presenti all'interno di un corridoio di 250 m per lato, misurati a partire dalla mezzeria del binario esterno e fino la larghezza del corridoio può essere estesa fino a 500 m per lato in presenza di scuole, ospedali, case di cura e case di riposo” e al successivo comma 2 che “per i ricettori di cui al comma 1 devono essere individuate ed adottate opportune opere di mitigazione sulla sorgente, lungo la via di propagazione del rumore e direttamente sul ricettore, per ridurre, con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, l'inquinamento acustico ascrivibile all'esercizio della infrastruttura di nuova realizzazione”. Il dato normativo è, pertanto, chiaro nel riconoscere la legittimità (e sufficienza) di interventi di mitigazione limitati ai ricettori. Ne deriva che la pretesa della ricorrente potrebbe trovare accoglimento unicamente in presenza di una documentata insufficienza di tali misure che la stessa tuttavia non comprova. Come emerge, infatti, dal doc. 1 depositato il 6 aprile 2017 dalla stessa ricorrente (consistente in una relazione recante “Misure acustiche infrastruttura ferroviaria”) l’area in questione, in base ad uno studio acustico approvato con delibera consiliare n. 39/2011, è qualificata in Classe VI – Aree esclusivamente industriali con previsione di una soglia del rumore limite pari a 70 db (e non 65 come erroneamente sostenuto): limite rispettato come comprova la medesima relazione acustica.
Liberalizzazione degli orari delle attività commerciali ex art. 3, c. 1, lett. d-bis d.l. n. 223/2006 TAR Abruzzo sent. 238 30 maggio 2017 Rileva il Collegio che né la legge statale ( L.26/10/1995, n. 447) né la legge regionale (L.R. L.R. 17/07/2007, n. 23) che dettano norme a tutela dell’inquinamento acustico abilitano i Comuni ad imporre a carico dei gestori di discoteche (o di attività di intrattenimento musicale e danzante) di assumere, per determinati eventi, un tecnico competente in acustica al fine del rilievo dei livelli di pressione sonora durante tali eventi. La legge regionale si limita a prevedere a carico del gestore: -l’obbligo preventivo di allegare alla domanda di autorizzazione o di nulla osta di impatto acustico la documentazione di previsione di impatto acustico redatta da un tecnico competente in acustica ambientale (art. 4, comma 3, L.R. 23/2007); -l’obbligo successivo al rilascio del nulla osta di comunicare al Comune <<i dati relativi alle emissioni sonore rilevati in un periodo non superiore a 90 giorni dall'inizio dell'attività e contenuti in una apposita relazione, cosiddetto "collaudo acustico", redatta da un Tecnico Competente in acustica ambientale. Il "collaudo acustico" tiene conto anche delle risultanze di comparazione tra i livelli di emissioni sonore autorizzate e quanto effettivamente realizzato>> (art. 4, comma 7, L.R. 23/2007). Dunque, il comune può obbligare gli operatori ad effettuare il c.d. “collaudo acustico” soltanto in fase di primo avvio dell’attività dopo la richiesta del nulla osta di impianto acustico e comunque per un periodo “non superiore a 90 giorni dall'inizio dell'attività”. Dopo l’avvio dell’attività e dopo il collaudo acustico, ai sensi dell'art. 14, L. 26 ottobre 1995, n. 447 e dell’art. 13 della legge regionale 23/2007, spetta al Comune, nell’esercizio del suo potere di vigilanza e controllo- nonché alla Provincia nell’ambito della propria competenza- effettuare i controlli in loco per verificare il rispetto dei limiti normativi del livelli di pressione sonora, che può avvalersi delle strutture specialistiche dell' Agenzia regionale per la Tutela dell'Ambiente (ARTA).
Schiamazzi e rumori degli avventori e responsabilità dell’esercente Cass. Sez. III n. 22142 del 8 maggio 2017 (Ud 18 gennaio 2017) Va riconosciuta, in capo al titolare di un esercizio pubblico, l'esistenza di una posizione di garanzia cui è correlato l'obbligo giuridico di impedire gli schiamazzi o comunque i rumori prodotti, in maniera eccessiva, dalla propria clientela, in questo modo configurandosi gli elementi strutturali propri delle fattispecie omissive improprie (cd. reati commissivi mediante omissione), caratterizzate dall'integrazione tra la struttura tipica del reato commissivo, cui sono riconducibili alcune tra le condotte previste dal comma 1 dell'art. 659, e la norma generale posta dall'art. 40, comma 2, cod. pen., secondo cui risponde di un evento dannoso o pericoloso colui il quale abbia l'obbligo giuridico di impedirlo.
Modalità di accertamento del disturbo Cass. Sez. III n. 21923 del 5 maggio 2017 (Ud 27 gennaio 2017) Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non deve essere necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali appunto, come nella specie, le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità.
Elemento soggettivo del reato di cui all’art. 659 cp Cass. Sez. III n. 20846 del 2 maggio 2017 (Ud 12 gennaio 2017) Il reato contravvenzionale dell'art. 659 c.p. è comunque, sia nella declinazione del primo comma che del secondo, un reato di pericolo per il quale basta, a livello psicologico, la prova della mancata adozione delle dovute cautele per evitare il disturbo.
Installazione di barriere fonoassorbenti. VIA Consiglio di Stato sent. 02016/2017REG del 3 maggio 2017 l’installazione delle barriere fonoassorbenti rispetta il vincolante ordine di priorità individuato dall’art. 5, comma 3, del d.m. 29 novembre 2000, che enumera in senso decrescente di desiderabilità gli “interventi effettuati direttamente sulla sorgente rumorosa”, gli “interventi effettuati lungo la via di propagazione del rumore dalla sorgente al ricettore” (quale è quello di specie) e, solo da ultimo ed in via residuale, gli “interventi effettuati direttamente sul ricettore” (quale è l’apposizione di vetri ed infissi antirumore). Non vi è ab ovo ragione di predicare la necessità di V.A.S. o V.I.A.: la prima è prescritta solo in relazione ad attività esplicative di potestà pianificatorie dell’Amministrazione (cfr. art. 6, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), mentre qui si è in presenza di un intervento concreto e specifico, per quanto articolato; la seconda (cfr. art. 6, comma 5, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) attiene ai progetti precisamente individuati dal legislatore con ricorso ad un criterio tipologico (in cui non rientra quello di specie) o che, comunque, “possono avere impatti significativi e negativi sull’ambiente”, quale prima facie non può essere l’apposizione di barriere antirumore realizzate in materiale trasparente. Infine, l’autorizzazione paesaggistica risulta emanata a seguito di opportuna istruttoria, che ha consentito di apprezzare il complessivo beneficio derivante all’ambiente lato sensu inteso dall’installazione dei pannelli de quibus, stimata, anche in virtù delle “accortezze previste (serialità, uso dei materiali e colorazioni),funzionale ad una diminuzione degli impatti sonori e, quindi, alla salvaguardia degli equilibri ambientali più generali degli ambiti interessati”: del resto, proprio al fine di mitigare il connesso impatto estetico, sono state imposte specifiche prescrizioni in punto di “coerenza cromatica e continuità percettiva delle opere previste, anche in rapporto con le preesistenti”.
Peggioramento della classificazione acustica del territorio TAR Marche Sez. I n. 152 del 27 febbraio 2017 La zonizzazione acustica costituisce un vero e proprio esercizio di potere pianificatorio discrezionale, che ha lo scopo di migliorare, ove possibile, la situazione, e che non deve quindi limitarsi a fotografare la situazione esistente. E’ evidente, dunque, che il peggioramento della classificazione acustica del territorio è in linea di principio contraria allo spirito della normativa di settore.
Articolo 659 cod. pen. e depenalizzazione Cass. Sez. III n. 11913 del 13 marzo 2017 (Ud 19 maggio 2016) Il reato di cui all’art. 659 cod. pen. non è stato oggetto di depenalizzazione alcuna, neppure con riferimento alla ipotesi prevista dal capoverso dell'art. 659, sebbene essa preveda la sola sanzione pecuniaria.
Vigenza dei valori limite differenziali anche in assenza di zonizzazione acustica TAR Basilicata Sez. I n. 156 del 14 febbraio 2017 In tema di limiti pubblicistici alle emissioni sonore, l’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, nella parte in cui fissa i valori limite differenziali in 5 dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore 22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00 fino alle ore 6,00), trova immediata applicazione, anche se l’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si limita a prevedere che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei Comuni in zone (ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995, previa adozione di appositi criteri con Legge Regionale), si applicano i limiti del previgente art. 6, comma 1, DPCM 1.3.1991, in quanto quest’ultima norma disciplina soltanto i valori limite assoluti, per cui dal contenuto letterale dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 si desume che i valori limite differenziali, stabiliti dall’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997, sono immediatamente vigenti, a prescindere dalla circostanza se i Comuni abbiano o meno effettuato ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995 le cd. zonizzazioni acustiche. Inoltre, l’immediata vigenza dei valori limite differenziali ex art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997 si evince anche dalla circostanza che il rinvio dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 risulta coerente con i principi stabiliti dalla normativa in materia di inquinamento acustico e dal nostro ordinamento giuridico, poiché i valori limite assoluti hanno la finalità di tutelare l’ambiente dall’inquinamento acustico, mentre i valori limite differenziali si riferiscono al rumore percepito dall’essere umano nel suo ambiente abitativo e perciò hanno la finalità di tutelare il diritto della salute ex art. 32 Cost. e rispondono a criteri di logica ed opportunità.
Immissioni: come deve essere valutato il limite di tollerabilità? Cass. Civ. Sez. II n. 1606 20.01.2017 Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose (nel caso di specie causate da strumenti rumorosi utilizzati in un’officina di lavorazione del ferro) non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c, diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale: spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa, supponendo tale accertamento un'indagine di fatto. Sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l'intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità.
Ordinanza inibitoria compete a Sindaco Sentenza Tar Calabria 7 marzo 2017, n. 382 È illegittima l'ordinanza di cessazione delle emissioni sonore prodotte da attività commerciale emessa dal dirigente, tale potere ai sensi della legge quadro 447/1995 compete al Sindaco. Lo ha ricordato il Tar Calabria nella sentenza 7 marzo 2017, n. 382 con cui ha annullato l'ordinanza di cessazione delle emissioni sonore emessa dal dirigente di un Comune nei confronti di un bistrot. I Giudici hanno ricordato che il prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa è nel senso che spetti al Sindaco e non ai Dirigenti comunali adottare ordinanze per il contenimento o l'abbattimento delle emissioni sonore, compresa l'inibitoria totale o parziale di determinate attività. Trattasi di provvedimento che non rientra tra i poteri ordinari di controllo in materia di inquinamento acustico ma è un provvedimento con tingibile e urgente che, ai sensi dell'articolo 9 della legge 447/1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) spetta al Sindaco e non al dirigente emanare. (Francesco Petrucci).
Accertamento della intollerabilità delle immissioni Cass. Civ.,Sez.II n. 1606 del 20 gennaio 2017 (Ud. 29 novembre 2016) Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non e’, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex articolo 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa, supponendo tale accertamento un’indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l’intensità’, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità.
Accertamento intollerabilità art. 844 c.c. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 2^ 20/01/2017 (Ud. 29.11.2016), Sentenza n. 1606 Accertamento della intollerabilità delle immissioni rumorose - Criterio valutabile caso per caso o criterio comparativo -- Artt. 844, 2043 e 1226 c.c. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa, supponendo tale accertamento un'indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l'intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17051 del 05/08/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3438 del 12/02/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 25/08/2005). Livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. - Accertamento e mezzi di prova esperibili - Accertamenti di natura tecnica e prova testimoniale. I mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone. Mentre, in tale materia, la prova testimoniale rimane ammissibile soltanto quando verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, e non si riveli espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi: cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1245 del 04/03/1981; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2166 del 31/01/2006). Immissioni sonore - Modalità di rilevamento e intensità dei rumori - Protezione della salute pubblica - Art. 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) art. 674 c.p. (Getto pericoloso di cose). In tema di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con riguardo alle modalità di rilevamento o all'intensità dei rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 c.c., e non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell'art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6223 del 29/04/2002; Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2319 del O 1/02/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10735 del 03/08/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5697 del 18/04/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011 ). Sicché, i criteri dettati dal d.m. 16 marzo 1998 attengono, al superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell'esercizio o nell'impiego di sorgente di emissioni sonore, di cui all'art. 6, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, e sono volti a proteggere la salute pubblica mediante predisposizione di apposito illecito amministrativo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28386 del 22/12/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26738 del 13/12/2006). Risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite - Danno biologico. Il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. "comunitarizzazione" della Cedu (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 16/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014).
Modifica in peius della precedente classificazione acustica TAR Marche sent. 152 del 27 febbraio 2017 una delle finalità principali della L. n. 447/1995 è senz’altro quella di legare in qualche modo i due aspetti [pianificazione urbanistica e zonizzazione acustica]. Peraltro, l’art. 4, comma 1, let. a), della L. n. 447/1995 e l’art. 2 della L.R. Marche n. 28/2001 prevedono che la classificazione acustica deve essere attuata “…tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio….”, e quindi sia degli usi insediati che di quelli previsti, per cui si deve concludere nel senso che la classificazione acustica ha lo scopo principale di mostrare quali sono le ricadute in termini di inquinamento sonoro delle scelte urbanistiche. Ma a riprova dell’estrema criticità della materia, la legge nazionale non ha preso posizione sul “come” debba avvenire questo raccordo, lasciando la relativa incombenza alle Regioni… la legge marchigiana ribadisce in sostanza le disposizioni nazionali, prevedendo in generale un raccordo tra pianificazione urbanistica e classificazione acustica e ponendo quale unica regola tassativa quella secondo cui nella redazione di nuovi strumenti urbanistici o nell’adozione di varianti le destinazioni d’uso debbono, a pena di nullità, essere stabilite in modo da prevenire o contenere i disturbi alla popolazione residente.
Requisiti per la configurazione del reato di cui all’art. 659 cod. pen. Cass. Sez. III n. 5613 del 7 febbraio 2017 (Ud 15 dicembre 2016) L'affermazione di responsabilità per la fattispecie di cui all’art.659 cod. pen., attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato. L'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal ché il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità.
Ordinanza contingibile e urgente ex art. 9 l. n. 447/1995 TAR Basilicata sent. 156 14 febbraio 2017 L’immediata vigenza dei valori limite differenziali ex art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997 si evince anche dalla circostanza che il rinvio dell’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 risulta coerente con i principi stabiliti dalla normativa in materia di inquinamento acustico e dal nostro ordinamento giuridico, poiché i valori limite assoluti hanno la finalità di tutelare l’ambiente dall’inquinamento acustico, mentre i valori limite differenziali si riferiscono al rumore percepito dall’essere umano nel suo ambiente abitativo e perciò hanno la finalità di tutelare il diritto della salute ex art. 32 Cost. e rispondono a criteri di logica ed opportunità.
Dimostrazione della sussistenza di una situazione di pericolo concreto per la quiete pubblica Cass. Sez. III n. 1746 del 16 gennaio 2017 (Ud 20 settembre 2016) La dimostrazione della sussistenza di una situazione di pericolo concreto per la quiete pubblica può essere offerta anche alla stregua delle dichiarazioni dei soggetti disturbati, potendo tale valutazione essere compiuta secondo un parametro di comune esperienza, purché idoneo a dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.
Divieto generalizzato di voli civili notturni – Illegittimità. TAR Lazio (Roma) sent. 1320 di data 25 gennaio 2017 Risulta censurabile la scelta di imporre il divieto di volo – fatta eccezione per i voli di Stato, sanitari e di emergenza - in via preventiva, senza il preliminare accertamento di situazioni di inquinamento acustico negli aeroporti interessati e delle effettive emergenze che possano giustificare la soluzione inibitoria adottata in via generale, potendo solo tale previo accertamento giustificare, in relazione alle specificità della realtà dei singoli aeroporti, l’imposizione del divieto. L’imposizione di tale divieto generalizzato non risulta, inoltre, essere stata preceduta dalla previa valutazione della idoneità del ricorso a diverse misure di contenimento acustico prevista dalla normativa vigente o della impossibilità, attraverso l’adozione di tali misure alternative, di raggiungere gli obiettivi stabiliti ( direttiva 2002/30/CE e D.Lgs. 17.1.2005 n. 13 di attuazione della medesima).
Ordinanza contingibile ed urgente TAR Campania (NA) Sez. V n. 8035 del 30 dicembre 2016 In tema di ordinanza contingibile ed urgente emessa alla stregua dell'art. 50, co. 5, del d.lgs. 267/2000 e dell'art. 9, co. 1, della legge 447/1995 la normativa di settore è al riguardo eloquente; essa, infatti, sancisce esplicitamente che in presenza di una situazione di eccezionale necessità ed urgenza, legata all'inquinamento acustico, il sindaco, per salvaguardare la salute pubblica o l'ambiente, può disporre il ricorso a speciali forme di contenimento e addirittura di abbattimento delle emissioni sonore, compresa l'inibitoria, parziale o totale, di una determinata attività. Nell'intento del legislatore, in armonia con la "categoria generale" di appartenenza, la misura ex art. 9 dev'essere connotata da temporaneità, per cui la sua efficacia è provvisoria, potendo al massimo persistere finché il pericolo (imprevedibile) non sia cessato: il termine, anche quando non venga indicato nell'ordinanza sotto la forma di una data certa, può comunque ritenersi individuato implicitamente nel superamento della situazione eccezionale.
Piano di classificazione acustica TAR Toscana Sez. I n. 1771 del 12 dicembre 2016 Se è vero che zonizzazione acustica costituisce esercizio di potere pianificatorio discrezionale che ha lo scopo di migliorare, ove possibile, la situazione, senza quindi limitarsi a fotografare l'esistente, è però indubitabile che la pianificazione acustica non è diretta ad orientare lo sviluppo dal punto di vista urbanistico-edilizio, ma è rivolta a governare l'assetto del territorio sotto il distinto profilo della salute ambientale e della salute umana, di talché non può ritenersi legittimo l’utilizzo di tale strumento al fine di precostituire le condizioni per una diversa allocazione degli insediamenti urbani. In ogni caso anche l’eventuale esercizio del potere discrezionale volto a indurre un miglioramento della situazione non può che essere esercitato secondo i principi di proporzionalità e ragionevolezza i quali impongono alla Pubblica Amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato tenendo conto delle posizioni di interesse dei privati interessati.
Tramvia TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 1700 del 7 dicembre 2016 Il terzo comma dell’art. 2 del DPR 459/1998, che detta il regolamento in esecuzione dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, stabilisce che gli articoli 2, 6 e 7 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 non si applicano (dovendo, invece, trovare applicazione le disposizioni dello stesso DPR 459/1998) solo per le infrastrutture di cui al comma 1 del medesimo articolo e cioè “infrastrutture delle ferrovie e delle linee metropolitane di superficie, con esclusione delle tramvie e delle funicolari”. Se l’infrastruttura fonte di inquinamento acustico è rappresentata da una tramvia il solo fatto che sia, sostanzialmente, utilizzata come una metropolitana di superficie non appare sufficiente a consentire di superare il dato letterale della norma.
Numero di denuncianti non incide sulla sussistenza del reato CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15 Dicembre 2016 (Ud. 22.09.2016) Sentenza n.53102 In tema di emissioni rumorose, al fine di invocare la violazione dell'art. 659 cod. pen., il principio secondo cui: affinché sussista la contravvenzione in oggetto relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (Cass., Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, dep. 13/11/2013, Virgillito ed altro). Tuttavia, nella specie, la sentenza impugnata ha chiaramente ed analiticamente riportato gli elementi di prova dai quali doveva ritenersi che i rumori fossero stati percepiti ben al di là addirittura dell'ambito condominiale in particolare richiamando le deposizioni dei testi, entrambi appartenenti alla polizia municipale, secondo cui la musica ad alto volume si percepiva già ad ottanta metri di distanza dal condominio. Sicché, in tale contesto, appare del tutto corretta l'ulteriore affermazione della sentenza secondo cui il fatto che solo due persone avessero ritenuto di denunciare il fatto non poteva evidentemente incidere sulla sussistenza del reato.
Attività precedenti al piano di zonizzazione TAR Toscana sent. 1771 12 dicembre 2016 Se è vero che la zonizzazione acustica costituisce esercizio di potere pianificatorio discrezionale che ha lo scopo di migliorare, ove possibile, la situazione, senza quindi limitarsi a fotografare l'esistente, è però indubitabile che la pianificazione acustica non è diretta ad orientare lo sviluppo dal punto di vista urbanistico-edilizio, ma è rivolta a governare l'assetto del territorio sotto il distinto profilo della salute ambientale e della salute umana, di talché non può ritenersi legittimo l’utilizzo di tale strumento al fine di precostituire le condizioni per una diversa allocazione degli insediamenti urbani. Nel caso di specie ciò comporta che l’amministrazione comunale deve tenere conto delle attività economiche precedentemente insediate sul territorio, le cui esigenze trovano tutela in virtù della loro risalente ubicazione, per cui non sono cedevoli rispetto agli insediamenti che si radichino sul territorio successivamente.
Rilevanza penale della condotta produttiva dì rumori Cass. Sez. III n. 40689 del 29 settembre 2016 (Cc 1 luglio 2016) La rilevanza penale della condotta produttiva dì rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare; sicché, proprio per tale ragione, non possono assumere rilievo le lamentele di una o più persone definite in particolare non potendo ravvisarsi il reato laddove il disturbo sia limitato ad appartamento sovrastante in ambito condominiale.
Musica a tutto volume da locale pubblico è illecito penale Sentenza Corte di Cassazione 6 ottobre 2016, n. 42063 Colpevole del reato ex articolo 659, comma 1, Codice penale per disturbo della quiete e riposo delle persone il titolare di un locale che ha diffuso musica ad alto volume, eccedente la "normale attività di esercizio". Per i Giudici all'imputato è stato correttamente applicato l'articolo 659, comma 1 Codice penale, in quanto la sua attività, pur regolarmente autorizzata, provocava emissioni sonore che eccedevano le normali modalità di esercizio del mestiere disturbando il riposo delle persone. L'illecito amministrativo dell'articolo 10, legge 447/1995 si applica solo per mero superamento dei limiti massimi differenziali fissati dalla legge. Negata anche l'applicazione della non punibilità per tenuità del fatto ex articolo 131-bis, Codicepenale. Per la Cassazione le valutazioni del Giudice di merito hanno attribuito al fatto una significativa gravità sotto il profilo dell'intensità del dolo e della gravità dell'offesa. La negazione delle circostanze attenuanti e l'applicazione di una pena vicina al massimo edittale depongono per l'inapplicabilità della "tenuità del fatto".
Il reato di cui all’art.659 cod. pen. non è abrogato Cass. Sez. III n. 35854 del 31 agosto 2016 (Ud 11 maggio 2016) In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, il reato di cui all'art. 659 cod. pen. non può ritenersi abrogato per effetto della legge 28 aprile 2014 n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest'ultima, fino alla emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerata violazione amministrativa Infatti, la delega non è stata esercitata in parte qua ed il reato di cui all'art. 659 cod. pen. non è stato pertanto depenalizzato.
Rumore – Ipotesi art. 659 c.p. – Concorso formale Cass. Pen., Sez. III, 24 agosto 2016, n. 35422 Il Collegio intende anzitutto ribadire l'orientamento prevalente della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale «in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: A) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995» (tra le molte, da ultimo, Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè, Rv. 261885). Va poi anche confermato un altro principio di diritto espresso nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale: «In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, le due ipotesi dell'art. 659 cod. pen. costituiscono distinti titoli di reato, con conseguente ammissibilità del concorso formale tra le due norme. In particolare, l'abuso previsto dal secondo comma è solo quello costituito da una violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere: un tipico esempio di abuso rientrante in questa previsione è costituito dallo svolgimento dell'attività rumorosa in orari diversi da quelli previsti dalla legge o dai regolamenti che disciplinano l'esercizio della specifica attività; invece, l'abuso che si concretizza nella emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, rientra nella previsione del primo comma dell'art. 659 cod. pen., indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso» (in questo senso, Sez. 1, n. 382 del 19/11/1999, Piccioni, Rv. 215139).
Concorso formale tra le ipotesi di cui al primo e secondo comma dell’art. 659 cod. pen. Cass. Sez. III n. 35422 del 24 agosto 2016 (Ud 20 aprile 2016) In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, le due ipotesi dell'art. 659 cod. pen. costituiscono distinti titoli di reato, con conseguente ammissibilità del concorso formale tra le due norme. In particolare, l'abuso previsto dal secondo comma è solo quello costituito da una violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere: un tipico esempio di abuso rientrante in questa previsione è costituito dallo svolgimento dell'attività rumorosa in orari diversi da quelli previsti dalla legge o dai regolamenti che disciplinano l'esercizio della specifica attività; invece l'abuso che si concretizza nella emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, rientra nella previsione del primo comma dell'art. 659 cod. pen. , indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso".
Attività e mestieri rumorosi e ambito di operatività dell'art. 659 c.p., Cass. Sez. III n. 25424 del 20 giugno 2016 (Ud 5 giugno 2015) L'ambito di operatività dell'art. 659 c.p., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che l'illecito amministrativo ricorrerà solo nella residuale ipotesi in cui si verifichi soltanto il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri dettati dalla menzionata Legge quadro sull'inquinamento acustico, attuato attraverso l'impiego o l'esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima; mentre, quando la condotta si sia concretizzata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 c.p., comma 2; ed ancora, nel caso in cui le attività di cui sopra vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, in modo da attuare una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659 c.p., comma 1°.
Potere di ordinanza e autorità competente TAR Lombardia (MI) Sez. III n. 825 del 28 aprile 2016 In tema di inquinamento acustico, l'art. 9 della legge 26 ottobre 1995 n. 447 prevede espressamente la possibilità di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in caso ricorrano "eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente", ma riserva il potere di ordinanza alle Autorità rispettivamente indicate, secondo le competenze di ciascuno Ente, indicate nella stessa legge. In ogni caso il presupposto per l'emissione dell'ordinanza extra ordinem di cui all'art. 9 della legge n. 447/1995 è la sussistenza di eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, cui deve farsi fronte, come specifica la norma, con misure di carattere temporaneo. La norma non ritiene sufficiente che sussista l'urgenza di provvedere, richiedendo che si tratti di situazione eccezionale, che non può sussistere laddove le circostanze da cui deriva la situazione dannosa abbiano carattere permanente, giacché la nozione stessa di eccezionalità richiama l'idea di imprevedibilità di una situazione. A rimarcare ciò la norma richiede che le stesse misure adottate per fronteggiare la situazione eccezionale abbiano carattere di temporaneità.
Elisuperfici a servizio di ospedali e valutazione di impatto acustico TAR Toscana Sez. II n. 481 del 18 marzo 2016 Non possono sussistere dubbi in ordine alla necessità di sottoporre l’attività relativa ad una elisuperficie alla valutazione di impatto acustico; l’art. 8, 2° comma della l. 26 ottobre 1995, n. 447 sottopone, infatti, alla valutazione di impatto acustico, non solo aeroporti e eliporti, ma anche le cd <<aviosuperfici>> ed appare sostanzialmente incontestabile, ai sensi dell’art. 701 del cod. nav. (che espressamente contempla le cd. <<elisuperfici>>) e dell’art. 1 del d.m. Infrastrutture e trasporti 1° febbraio 2006, la necessità di riportare l’elisuperficie alla detta categoria, trattandosi indubbiamente di area, non appartenente al demanio aeronautico e destinata al decollo ed all’atterraggio di elicotteri. Il fatto che si tratti di elisuperficie al servizio di ospedale non importa poi l’applicazione della più favorevole <<valutazione previsionale del clima acustico>> ex art. 8, 3° comma della l. 26 ottobre 1995, n. 447, non essendo presente nella normativa una qualche appiglio che possa portare ad estendere la disciplina degli ospedali, anche a strutture accessorie, come le elisuperfici, caratterizzate da impatto acustico certamente diverso e ben maggiore.
Inquinamento acustico per traffico veicolare - autovincolo per la PA TAR LOMBARDIA, Milano sent. 825 - 28 aprile 2016 Ai sensi dell’art. 10 comma 5 della L. 447/1995 gli enti gestori delle infrastrutture di trasporto “sono obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore”.Ne consegue che la Città Metropolitana di Milano non può sottrarsi all’obbligo giuridico di intraprendere e portare a termine i necessari adempimenti per l’esecuzione degli atti già adottati, fatta salva ogni (espressa) valutazione di merito dell’Amministrazione, attraverso l’esplicitazione, mediante provvedimenti formali, supportati da idonea e circostanziata motivazione, delle sopravvenute ragioni che rendano non più attuabili le determinazioni assunte con i predetti atti.
Polizia Giudiziaria. Sequestro preventivo di iniziativa e obbligo di avviso all'indagato Cass. Sez. Unite n. 15453 del 13 aprile 2016 (Ud 29 gennaio 2016) In caso di sequestro preventivo disposto di iniziativa della polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen., non vi è obbligo di dare avviso all'indagato presente al compimento dell'atto della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ex art.104 disp. att. cod. proc. pen..
Permesso di costruire e inquinamento acustico T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 05.04.2016, n. 648 Nel caso in cui il permesso di costruire non riguardi le categorie di impianti previste dagli artt. 6 e 8 comma 4 della L. n. 447 del 1995, il Comune non è tenuto a verificare la compatibilità dell'attività esercitata con la normativa riguardante il rispetto della normativa in materia inquinamento acustico. Ciò ovviamente non significa che le attività che si eseguono all'interno di questi ultimi impianti non debbano rispettare la suddetta normativa, essendo evidente che eventuali infrazioni potranno e dovranno essere comunque accertate nel momento in cui tali attività saranno in corso, ed eventualmente represse secondo le vigenti disposizioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 21 giugno 2005, n. 3250).
Intervento ad opponendum del vicino che lamenta immissioni moleste TAR Puglia (BA) Sez. III n. 157 dell'11 febbraio 2016 E' sufficiente un interesse di fatto per intervenire ad opponendum nel giudizio di annullamento promosso avverso gli atti repressivi di un abuso edilizio e senz’altro ne è portatore il vicino che lamenta immissioni moleste provenienti dall’immobile interessato dall’abuso.
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