E' indubbio che l'entità di
certi fenomeni, principalmente collegati ai comportamentali tenuti dagli
avventori all'esterno dell'esercizio pubblico, o come è stato ritenuto
utile precisare di tipo artigianale, è ben lontana dal significato della
parola "movida" che racchiude piuttosto un significato assai positivo e
utile, sotto il profilo culturale, sociale ed economico di un luogo, ma
che sempre più diffusamente viene invece erroneamente associato a
fenomeni di degrado e disordine.
Ad ogni buon conto, il
disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone può essere
tutelato attraverso l'adozione di strumenti ordinari, in capo ai
poteri-doveri del Sindaco, il quale può (deve) intervenire nel
cercare di contenere siffatti fenomeni di disturbo, ad esempio adottando
adeguati provvedimenti (ordinanza) volti a stabilire orari di
apertura/chiusura o disponendo azioni di natura organizzativa, quali
l'inibizione all'utilizzo di pertinenze esterne o di stazionamento sulla
pubblica via, sulla scorta delle competenze in capo all'articolo 50, del
Decreto Legislativo n. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali).
In alternativa, le persone
esposte al rumore possono decidere di segnalare i fatti all'Autorità
Giudiziaria, potendo tali casi rientrare nell'ambito delle
responsabilità penali ex art. 659 C.P. in capo al gestore o al
titolare dell'attività, al quale è demandato il compito di cercare di
impedire o, quantomeno, di limitare quei comportamenti tenuti dagli
avventori o dai clienti che possono risultare fonte di disturbo alla quiete
e alla tranquillità del vicinato.
In entrambi le ipotesi,
tuttavia, in carenza di un'adeguata e persistente attività di vigilanza
e controllo da parte degli Organi preposti (Polizia locale e
Carabinieri) ben difficilmente le azioni intraprese possono assicurare
una stabile e duratura efficacia, se non altrimenti richiamando ad un
adeguato "senso civico", volto ad assicurare una pacifica convivenza.