Egregio Signor Luca,
le questioni da Lei presentate sono principalmente
accomunate dalla medesima origine, ossia la scarsa attenzione dei vicini
nel limitare quei rumori non strettamente necessari e non ricadenti
all’interno di una “normale” vita domestica. Ciò costituisce la
principale causa di disturbo la quale può risultare perfino acuita da un
inadeguato isolamento acustico dell’edificio. Tuttavia, andiamo con
ordine.
Relativamente al primo aspetto, oltre ad un generale
adempimento in capo alle illecite immissioni (ex art. 844
cod.civ.) sussiste altresì l’obbligo, a carico di chi esercita una
condotta potenzialmente lesiva delle esigenze altrui ed anche, si
presume del regolamento di Polizia Urbana della città dove abita,
di attenersi alle elementari regole di buona educazione, tra le
quali possiamo annoverare: rispettare gli orari del silenzio, evitare
volumi della musica o della TV troppo elevati, non arrecare disturbo ai
vicini, etc.. Tali azioni di pacifica convivenza, possono essere riprese
all’interno delle clausole contrattuali (ad esempio di vietare "qualsivoglia
altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini dopo le are
23:00, di suonare, cantare e di far funzionare apparecchi radio e
grammofoni salvo il consenso dei condomini vicini"). Rilevato che il
dissenso risulta dalla corrispondenza che il locatore può imporre
all’affittuario al fine di motivare, se del caso, le ragioni per una
recessione anticipata del contratto d’affitto. Per la Cassazione (sentenza
22860/2020) la violazione della relativa pattuizione contrattuale,
espressa in continui rumori molesti ai danni del vicinato, può provocare
la risoluzione del contratto d’affitto e lo sfratto
dell’inquilino molesto.
A fronte di un dispregio di tali semplici comportamenti,
potranno essere assunte le diverse azioni previste all’interno
dell’Ordinamento civile ed anche penale, a partire da un contatto
bonario volto a persuadere i vicini da siffatte condotte, per poi
procedere con una diffida e passare, successivamente, ad un
tentativo di conciliazione ed, infine, presentare il caso davanti al
Giudice di Pace o Giudice ordinario del Tribunale civile. In ogni caso,
risulta necessario e fondamentale premunirsi di adeguato elemento di
prova derivato dagli esiti di un’idonea rilevazione fonometrica,
eseguita da un Tecnico Competente in Acustica (TCA) iscritto
nell’elenco nazionale (ENTECA), accertante l’eventuale supero della
soglia della c.d. “normale tollerabilità”, non trascurando al
contempo di evidenziare gli eventuali effetti causati al soggetto che
subisce i disturbi, mediante un’anamnesi medica di uno specialista.
Anche i rapporti dei carabinieri e del commissariato di polizia
sono tutti elementi di prova.
La seconda questione da Lei sollevata è relativa al
presunto scarso isolamento acustico dell’edificio derivato a seguito
dalla esecuzione di opere di ristrutturazione, in conseguenza delle
quali sono diventati maggiormente avvertibili i rumori generati
nell’appartamento vicino (vociare, trascinamento delle sedie, etc.). In
questi casi, la normativa pubblicistica in capo al d.P.C.M. 5
dicembre 1997, recante “Determinazione dei requisiti acustici
passivi degli edifici”, impone l’obbligo al soggetto che esegue le
opere di assicurare dei valori minimi di isolamento, allorquando
interessino il rifacimento sostanziale di una delle partizioni verticali
(pareti perimetrali e divisorie tra unità abitative) e orizzontali
(solai di separazione tra unità abitative distinte) di unità abitative,
oltreché degli impianti tecnici. Tuttavia, per procedere ad una
contestazione di tali carenze è necessario e fondamentale acquisire ed
esaminare la documentazione relativa al progetto o la domanda di
autorizzazione edilizia presentata al Comune, oltreché disporre di
relativo collaudo acustico da parte di un TCA da Lei incaricato.
Qualora tali verifiche risultassero ostacolate, ad
esempio per la mancata disponibilità di accedere all’appartamento del
vicino, la contestazione potrà trarre origine, in una prima fase, dal
riscontro delle analisi fonometriche rivolte alla verifica della soglia
della c.d. “normale tollerabilità” (ex art. 844 cod. civ.) e
rimandando successivamente ai quesiti da sottoporre all’esame del
Giudice anche quello relativo al presunto scarso isolamento acustico.
Nel qual caso, il Giudice potrà decidere circa il rinvio ad un’apposita
Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) rivolta alla verifica anche ti
tale quesito.
Pare infine indubbio che quanto qui espresso rappresenta
solamente un primo e peraltro sommario inquadramento circa i principali
aspetti che potrebbero essere sollevati in occasione di un’azione di
ricorso, essendo primariamente necessario un esame approfondito del
caso. Aspetto anche da approfondire è quello riferito della
vibrazione delle pareti. Per questo, La invitiamo, prima di
intraprendere una qualsiasi delle ipotesi di contestazione, di voler
usufruire di un preliminare consulto legale, a seguito del quale
decidere quali azioni potrebbero confacersi per la soluzione di quanto
da Lei lamentato.