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Quando solo il suono riesce a trattare le cellule “coi guanti”

Fonte: Il Sussidiario
Data: 02.09.2009

Autore: Mario Gargantini


Capita sempre più frequentemente, nelle moderne tecnologie, di dover manipolare oggetti di dimensioni microscopiche, dell’ordine dei millesimi di millimetro, per muovere i quali non sono ovviamente adatti gli strumenti di tipo meccanico, neppure quelli della meccanica di precisione. Una possibilità è quella di ricorrere a sistemi ottici, cioè sofisticati terminali prensili che fungono da pinze in grado di movimentare singole cellule o piccolissimi grani di diversi materiali. Il problema è che gli attuali metodi ottici mostrano alcuni limiti: sono molto costosi, sono piuttosto ingombranti e, nel caso delle manipolazioni di cellule viventi, possono provocare danni anche irreversibili. Ecco allora scendere in campo l’acustica: un gruppo di ingegneri della Penn State University ha pensato di sostituire la luce con i suoni e di collaudare delle pinzette acustiche che svolgono egregiamente la parte, presentandosi come ideali per le operazioni di micro e nano movimentazione. Col vantaggio di essere molti più piccole, di consumare anche 500.000 volte meno energia e di non procurare danni alle cellule viventi.

Il principio di funzionamento delle pinze acustiche è relativamente semplice: ai lati di un chip vengono poste delle sorgenti di onde sonore che, come tutte le onde meccaniche, esercitano una pressione sugli oggetti che incontrano e li spostano facendoli muovere su un’apposita superficie; gli effetti delle varie sorgenti vengono però a sovrapporsi e in certi punti tale sovrapposizione neutralizza gli effetti e provoca l’annullarsi della pressione. Quando l’oggetto da movimentare finisce in uno di questi punti, non essendo più spinto, si ferma e può essere collocato nella posizione voluta. C’è da aggiungere che la distribuzione delle onde sulla superficie del chip fa sì che si possano movimentare e bloccare contemporaneamente numerose particelle o cellule, arrivando in tal modo a configurare delle griglie dove i singoli micro oggetti vengono posizionati come le pedine su una scacchiera. Una simile disposizione si presenta come particolarmente adatta per diverse applicazioni, soprattutto in campo biologico dove la distribuzione ordinata delle cellule consente lo studio accurato delle loro caratteristiche, della loro forma e dei loro processi di crescita.

Ma le prospettive di impiego non sono solo in biologia, come ha spiegato sulla rivista Lab on a Chip Tony Jun Huang, uno degli autori di questa ricerca: applicazioni sono prevedibili in fisica, chimica, scienza dei materiali, ovunque ci sia la necessità di realizzare specifiche configurazioni di micro e nano particelle per rivestimenti o lavorazioni di superfici. E naturalmente una grande aspettativa è rivolto al mondo farmaceutico, dove potrebbero intervenire per facilitare lo screening dei vari farmaci e la scoperta di nuovi principi attivi.

I primi prototipi di pinze (tweezer) acustiche sono stati realizzati collocando dei trasduttori digitali sulla superficie di un chip piezoelettrico; sono questi trasduttori le sorgenti delle onde sonore. Poi, usando le tecniche di fotolitografia standard, tipiche dell’industria elettronica, sono stati creati sulla superficie del chip dei micro canali nei quali un piccolo quantitativo di liquido consente il libero movimento delle cellule o delle particelle. A questo punto non resta che far partire la “musica”.

I bioingegneri americani sono soddisfatti dei primi test eseguiti sui prototipi, che si sono rivelati efficaci nel manipolare sia piccoli grani di polistirene fluorescente del diametro di 1,9 micrometri sia cellule ematiche animali e cellule batteriche. La versatilità delle pinze acustiche si è manifestata anche per il fatto che le prestazioni sono risultate indipendenti dalla forma delle cellule (sferiche o cilindriche) come pure dalle proprietà elettriche, magnetiche e ottiche delle particelle. Le configurazioni volute sono state raggiunte in pochi secondi e si è intravista anche la possibilità di separare le cellule vive da quelle morte e di individuare e riconoscere tipi diversi di particelle.

 

 

 

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