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Chi va piano, va lontano …senza fare rumore!
Novembre 2013 - A cura di Luciano
Mattevi Il rumore generato dal traffico veicolare rappresenta oggi una delle principali sorgenti di rumore in ambito urbano, e non solo, dal momento che la fitta rete stradale si sviluppa sull’intero territorio nazionale interessandone vaste porzioni. Il rumore generato è spesso elevato procurando inevitabili effetti su quella parte della popolazione esposta. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) promuove da tempo l’attenzione sugli effetti cagionati dal rumore, con particolare attenzione a quello generato dal traffico veicolare urbano, ritenendolo uno dei fattori di maggior degrado della qualità della vita della popolazione. La stessa O.M.S. ha altresì fornito le soglie entro le quali possa essere auspicabile voler ricondurre il rumore, almeno nelle aree ad elevata densità di persone, ovvero le aree residenziali, indicando in 55 dB(A) diurni e 45 dB(A) notturni quel “tetto” al rumore utile per evitare di poter incorrere negli effetti cagionati da questo inquinante. Tali valori appaiono indubbiamente particolarmente restrittivi, oltreché difficilmente rapportabili ai ben più elevati livelli che tipicamente possiamo riscontrare nelle nostre città, giacché questo particolare contesto di digrado è frutto di due principali azioni. La prima, conseguente alla politica dei trasporti, dal momento che in ambito nazionale negli ultimi decenni si è incentrata sullo sviluppo di mezzi di trasporto privati, quali l’automobile, così pure come è stato riversato su gomma la stragrande parte del trasporto delle merci, con inevitabili ricadute in termini di inquinamento. Al riguardo, è bene ricordare che l’apporto energetico di rumore di un mezzo pesante (T.I.R.) può essere considerato equivalente a ben 10 volte quello generato da un veicolo leggero (auto). L’altro particolare aspetto riguarda lo sviluppo assunto dall’assetto urbanistico che interessa, in particolare, l’edilizia abitativa, allorquando l'edificazione di nuove aree siano poste a ridosso di arterie stradali ad elevato impatto sonoro, come al contempo quando aree residenziali preesistenti siano interessate dalla realizzazione di nuove vie di comunicazione, apportando elevati livelli di rumore laddove prima erano assenti o, comunque, sufficientemente contenuti. Nonostante in Italia sia stata emanata da tempo un’apposita normativa che disciplina il rumore generato dall’esercizio delle infrastrutture stradali, facente capo al d.P.R. 30 marzo 2004, n. 142 recante “Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell'articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447”, grazie al quale è stato possibile dare attuazione alle disposizioni regolamentari disposte dal D.M. 29 novembre 2000 recante “Criteri per la predisposizione dei piani degli interventi di contenimento del rumore”, la situazione non sembra sempre volgere al meglio, almeno stando alle aspettative riposte in quanti lamentano da tempo livelli di rumore inaccettabili che degradano, giorno per giorno, la qualità delle loro vita dentro casa, magari costringendoli a mantenere le finestre chiuse anche durante la bella stazione per evitare di venire esposti ai rumori intrusivi prodotti dal traffico. Fra le principali e più diffuse soluzioni messe in capo vi è quella di adottare degli schermi protettivi, altrimenti detti barriere antirumore, eretti nel tentativo di arginare almeno quelle situazioni più critiche, anche se, spesso, queste soluzioni non offrono risposte ottimali, poiché assolvono a proteggere, in ogni caso, piccole porzioni di territorio e, anche dove presenti, non in modo omogeneo. Ad esempio, ai piani bassi degli edifici può venir garantita una protezione maggiore rispetto a quelli dei piani più elevati, così come pure gli edifici più vicini alla barriera risentono maggiormente degli effetti protettivi rispetto a quelli più distanti. Allora che fare? Una soluzione tanto semplice quanto efficacie sembra possa arrivare da una delle tante proposte che stanno nascendo in quei Paesi europei maggiormente sensibili a queste problematiche, fra i quali, ancora una volta, troviamo la Germania, la quale è sta la prima ad avviare nel 1983, con un progetto pilota nella piccola città tedesca di Buxtehude, la riduzione della velocità a 30 km/h. I risultati attesi, almeno in linea teorica, dovrebbero apparire interessanti, poiché con la riduzione di tale parametro si va ad incidere sui principali fattori che sono responsabili del rumore generato dai veicoli, attribuibile principalmente al motore, quindi al rumore allo scarico, ed al rotolamento dei pneumatici. Sulla scorta di tale iniziativa, che ha prodotto interessanti riscontri sia nel campo della riduzione del rumore ma anche in quello della sicurezza stradale per pedoni e ciclisti, altre città europee hanno deciso di seguire questo buon esempio, quali Berlino, Londra, Graz, Bilbao ma anche Milano e Arezzo, solo per citarne alcune. Gli aderenti nel prossimo futuro dovrebbe aumentare, grazie anche allo sforzo profuso da una recente iniziativa popolare dal titolo “30 km/h - rendere le strade vivibili!” dal momento che il limite dei 30 km/h rappresenta un modo economico e responsabile per aumentare la sicurezza, ridurre l'inquinamento e promuovere un modo di muoversi più intelligente. Per maggiori informazioni e per aderire all’iniziativa, può essere consultato il seguente indirizzo internet: http://it.30kmh.eu/. Non rimane dunque che rivolgere l’accalorato augurio che altre numerose Amministrazioni italiane possano prendere spunto da questa pregevole iniziativa che racchiude comunque la virtù di non avere costi o quasi, se si escludono quelli per la cartellonistica e la segnaletica stradale, in ogni caso decisamente inferiori a quelli altrimenti previsti per la realizzazione di barriere antirumore o asfalti fonoassorbenti, soluzioni queste che non sempre possono trovare attuazione in ambito urbano, compiendo un primo passo verso la costruzione delle città di domani, così come desiderano che siano i cittadini dell’Europa.
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