parrebbe probabilmente fin troppo ovvio pretendere che
l'insediamento di attività rumorose all'interno di aree destinate
prevalentemente, se non esclusivamente, alla residenza sia
osteggiato, sin dall'origine, all'interno dei regolamenti edilizi.
Ciò al fine di salvaguardare la preziosa risorsa del "silenzio",
specialmente nelle ore notturne, normalmente destinate al riposo e
al sonno, ascritto tra i fondamentali diritti dell'uomo.
A tal riguardo, nell'ambito dell'Ordinamento pubblicistico in capo
alla legge n. 447 del 26 ottobre 1995, recante “Legge quadro
sull’inquinamento acustico”, l'istanza di autorizzazione
all'esercizio di attività o all'installazione di impianti rumorosi,
quali quelle preposte alla diffusione di musica, soggiace alla
presentazione di una documentazione previsionale di impatto acustico
(ex art. 8, c. 4, L.447/95), redatta da un Tecnico Competente
in Acustica (TCA) iscritto nell'elenco nazionale (ENTECA), nella
quale, oltre a fornire una rappresentazione dei livelli di rumore
generati (musica, traffico veicolare indotto, componente antropica,
etc.), deve indicare gli eventuali presidi adottati al fine di
assicurare il rispetto dei limiti assoluti di rumore (emissione ed
immissione) indicati dalla Classificazione Acustica del territorio
comunale (ex art. 6, c. 1, lett. a), L.447/95), oltreché di
quelli differenziali di immissione (ex art. 4, c. 1, d.P.C.M.
14/11/97) all'interno degli ambienti abitativi esposti al rumore.
L'assenza di tale documentazione può dunque costituire motivo di
ricorso avverso il provvedimento autorizzativo rilasciato dal
Comune, ovvero reclamare l'adeguamento di tale titolo, in regime di
autotutela, da parte dell'Amministrazione referente, la quale potrà
altresì disporre di adeguati vincoli volti ad impedire o, almeno,
ostacolare l'insorgere di un uso smodato dei volumi, in contrasto
con quelli consentiti, volti ad evitare l'insorgere di superi alle
predette soglie, quale a titolo indicativo, l'impiego di un apposito
"limitatore" o "compressore dinamico" dei volumi. Nel qual caso, la
"taratura" di tale presidio dovrà essere eseguita da parte di un TCA,
il quale fornirà indicazione delle relative regolazioni all'interno
di apposita relazione che supporterà la verifica disposta dal
personale incaricato dal Comune nel corso dei relativi controlli (ex
art. 14, L.447/95).
Il Comune potrà inoltre suffragare i predetti provvedimenti di
competenza, anche avvalendosi dei risultati di una verifica
fonometrica disposta mediante il supporto tecnico dell'Agenzia
Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA), all'esito della
quale disporre i provvedimenti sanzionatori (ex art. 10, c.
2, L.447/95), e diffidare il rientro nelle soglie di rumore tramite
la predisposizione, da parte del soggetto responsabile, di apposito
Piano di Risanamento Acustico, redatto da un TCA, da realizzare
entro un congruo termine.
Fatto salvo quanto sopra espresso, le controversie relative al
disturbo tra vicini possono in ogni caso trovare una loro
rivendicazione all'interno del tradizionale Ordinamento civile (ex
art. 844 c.c.) in occasione delle quali sollevare l'eventuale
superamento della soglia della c.d. "normale tollerabilità" per far
valere le eventuali responsabilità risarcitorie patrimoniali da
perdita subita (ex art. 1223 c.c.) e non patrimoniali (ex
artt. 2043 e 2059 c.c.) e, se del caso, invocare l'azione inibitoria
(cessazione della musica) qualora l'entità delle immissioni sonore
denunciate costituiscano una seria minaccia alla tradizionale vita
domestica o, peggio, alla Salute degli occupanti (ex art.
Art. 32 Cost.) allorché costituiscano causa di un acclarato degrado
del sonno, particolarmente provato a causa dei rumori in bassa e
bassissima frequenza che possono accompagnare la diffusione della
musica.
In particolare il Tribunale civile di Como, con sentenza
312/2019 (poi confermata dalla Corte d'Appello di Milano con
sentenza 72/2023), ha
dato atto che all'esito delle indagini effettuate, era emerso –
anche tramite la CTU - che le attività producevano, all'interno
dell'abitazione degli attori, il palese superamento dei limiti
sopra evidenziati di accettabilità amministrativa e di
tollerabilità giurisprudenziale. Nello
specifico, il CTU ha rilevato che nell'abitazione degli attori
si verificavano immissioni di rumore particolarmente gravose
quando le finestre erano aperte e nella circostanza in cui si
manifestavano fenomeni riconducibili all'attività; in
particolare è stato riscontrato che le misurazioni effettuate
nel soggiorno dell'abitazione rilevavano un costante superamento
dei limiti imposti dalla legge specialmente nelle ore notturne
precisato che l'abitazione dei ricorrenti rientra ad uso
prevalentemente residenziale. Per
queste ragioni il Giudice ha accolto il ricorso disponendo la
tutela inibitoria e risarcitoria.
Nello specifico anche in
sede penale viene sanzionata
la "musica a palla” e l'impianto
di aerazione a pieno regime di una palestra. Così la
responsabile centro fitness, collocata in un edificio, finisce
condannata per «disturbo della quiete pubblica». A
inchiodarla non solo gli accertamenti tecnici ma anche la
deposizione dell’amministratore di condominio, che ha raccolto
le lamentele delle famiglie che abitano nel palazzo (Cassazione,
sentenza n. 17124/2018, Sezione Terza Penale, depositata il 17
aprile 2018). Alla luce di
quanto esposto anche il Tribunale di Chieti 984/2017 ha
condannato “Il
titolare della palestra rumorosa, a causa del disturbo della
quiete pubblica, e deve risarcire i danni alle parti civili”.
In ogni caso, considerata la particolare situazione che Lei ha
inteso rappresentare ed al fine di fronteggiare l'eventuale
inerzia dell'Amministrazione pubblica competente, pare utile
voler usufruire di un preliminare consulto legale e di
un’analisi acustica di un TCA, grazie ai quali riconoscere la
strategia operativa che meglio si confà al caso in esame,
oltreché, all'occorrenza, usufruire di adeguati riferimenti per
supportare davanti all'Autorità una pronta e risolutiva
cessazione dei disagi lamentati.