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Ridurre l’inquinamento fonico favorendo il "muoversi sostenibile"

Maggio 2013 - A cura di Luciano Mattevi


Fra i 27 Paesi membri dell’Unione Europea l'Italia si pone ai vertici della classifica per tasso di motorizzazione, ovvero per numero di veicoli immatricolati in rapporto alla popolazione residente (Fonte: ISTAT). Un dato che solo apparentemente può essere letto in misura positiva, magari associandolo al grado di benessere economico di una nazione, poiché un così alto numero di motorizzati comporta, inevitabilmente, anche alti tassi di inquinamento del territorio, atmosferico e soprattutto fonico.

I costi sociali impegnati per ridurre gli effetti cagionati dal rumore, sommati a quelli sanitari indotti da esposizioni a livelli di rumore elevati, sono enormi, dal momento che l'inquinamento si riversa in primis sulla salute degli individui (Art. 32 Cost.), sia attraverso una forma diretta, rappresentata dal carico di malattia, sia indiretta, giornate sottratte al lavoro, senza contare il deprezzato valore degli immobili destinati ad uso abitativo. Ciò nonostante, le politiche di trasporto paiono ancora indecise nel voler cambiare rotta, emigrando dal sostegno ad un'industria dell'automobile oramai superata come moderna nozione di mobilità, almeno così come l'abbiamo intesa fino ad oggi, tralasciando il fatto che, oramai, tale settore pesa più sul deficit della bilancia commerciale che sulla reale capacità produttiva dei nostri stabilimenti. Eppure, rinnovare un sistema produttivo oramai gravato da numerosi oneri, ad uno innovativo di trasporto collettivo aprirebbe le porte ad un'economia accentrata su risorse prevalentemente locali, con evidenti ricadute occupazionali, forse, per non dire certamente, superiori a quelle occupate nella più tradizionale industria automobilistica nostrana.

Il traffico veicolare, rappresenta nelle città la principale fonte di inquinamento fonico. Ridurre il traffico porterebbe non solamente significative riduzioni ai livelli di rumore oggi presenti nelle aree urbane, ma oltretutto favorirebbe la riduzione di quei costi oggi destinati a mitigarne gli effetti, coerentemente a quanto richiesto dalla Direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2002 relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Enrique Penalosa, ex Sindaco di Bogotá (Colombia), sosteneva che "Un Paese sviluppato non è un Paese dove i poveri possiedono un’automobile, è un Paese dove i ricchi usano il trasporto pubblico".

Troppo spesso viene preferito curare il malato piuttosto che combattere la malattia. Le città rappresentano un luogo di vita, in cui le esigenze di lavoro, di svago e di riposo, devono necessariamente trovare una loro giusta collocazione.

Alcuni studi sociologici cercando di correlare l'entità del livello di antropizzazione con il degrado del paesaggio sonoro, avendo questo ripercussioni dirette sulla "produttività" della società. Semplificando, pare indubbio che livelli elevati di rumore, accrescano il numero di disturbati, quindi di appelli davanti ai Giudici o alla Pubblica Amministrazione, proteste, sofferenze che, inevitabilmente, gravano sui costi sociali.

Quei Paesi, dunque, che avranno maggiore attenzione alla gestione del rumore, con tutta evidenza, saranno chiamati a dover sostenere minori oneri sociali, preziose risorse che potranno, invece, essere destinate ad investimenti per la ricerca e l'innovazione, fattori indispensabili per la crescita.

L'Europa da tempo è impegnata in questo importante e, certamente, ambizioso progetto, a noi spetta solo il compito di saper sostenere, alimentando, questo indirizzo, dando attuazione alle indicazioni assunte dalla richiamata Direttiva, forse un primo passo per "voltare pagina".

 

 

 

 

 

 

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