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Ultimo aggiornamento: 05 febbraio 2023

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Analizzati, dunque, i rapporti tra la disciplina penale e quella amministrativa in tema di rumore, resta da effettuare un breve cenno agli aspetti pratici conseguenti l'applicazione delle norme, con particolare riferimento alle tecniche di indagine ed alle soluzioni adottabili.

L'attività di indagine deve necessariamente essere adattata alle concrete esigenze di volta in volta individuate. Gli accertamenti si basano tuttavia, in modo prevalente, attraverso la constatazione diretta dell'attività disturbante da parte degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria eseguita per lo più attraverso l'impiego di appositi strumenti di misurazione (fonometro) utilizzato direttamente o da un ausiliario di P.G. all'uopo nominato, anche se, va ricordato, non è necessaria una perizia per raggiungere la prova, giacché "…ai fini della configurabilità del reato di cui al primo comma dell'articolo 659 del C.P., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può fondare il Giudice il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti sicché risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità." (Cass. Pen., sez. I, 27 maggio - 11 luglio 1996, n. 7042).

I rilievi fonometrici costituiscono, tuttavia, la prova che le emissioni sonore hanno superato i valori limite stabiliti dalla specifica norma di settore e, quindi, la soglia della normale tollerabilità, aggiungendo ad un’ulteriore prova oggettiva per la violazione dell'art. 659 C.P..

Le misurazioni, di regola, sono riferite ai limiti fissati dal d.P.C.M. 14 novembre 1997 recante "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore" e di altre norme richiamate che, indipendentemente dai problemi interpretativi sopra rappresentati, la cui soluzione è rimessa all'apprezzamento del magistrato, costituiscono pur sempre un utile punto di riferimento.

Per acquisire dati di sicura affidabilità, il controllo è normalmente effettuato con l'accesso ai luoghi interessati dal disturbo, senza il preventivo avviso del titolare dell'attività (T.R.G.A. - 10 luglio 2003 - sent. N. 262), avendo cura di annotare le ore in cui si è assistito al fenomeno rumoroso causa del disturbo lamentato, provvedendo nel contempo a fornire una descrizione delle situazione in concreto riscontrata.

I verbali che documentano tali attività, per lo più effettuati in base al disposto dell'art. 354 c.p.p. (Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro) hanno poi ingresso al dibattimento quali atti irripetibili oppure, quando sono disposte direttamente dal Pubblico Ministero, sono effettuate con modalità tali da non pregiudicarne la successiva utilizzazione. In tale contesto, è possibile il sequestro dei mezzi causa del reato, sia a fini probatori, sia per impedire il protrarsi del reato stesso, valutando con attenzione e prudenza le varie circostanze che hanno determinato il fatto e la gravità delle stesse.

Assume altresì rilevanza l'acquisizione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti (art. 351 c.p.p.), le quali potranno riguardare non solo l'intensità del rumore e l'effettivo disturbo arrecato, ma anche altri aspetti del fenomeno quali, ad esempio, le modalità e gli orari di determinate attività, ecc.. Qualora le sommarie informazioni siano rese dalla persona nei cui confronti sono svolte le indagini (art. 350 c.p.p.), l’agente accertatore, prima di assumere le sommarie informazioni, invita la persona a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell'art. 97, comma 3 c.p.p. (difensore d'ufficio). Dovrà inoltre essere verificato presso l'amministrazione comunale o altri enti territorialmente competenti, quali siano i regolamenti o gli altri provvedimenti che disciplinano le attività rumorose segnalate.

Per quanto sopra esposto, è di fondamentale importanza che l’agente accertatore possa disporre di un'adeguata preparazione, anche con riferimento agli aspetti tecnici della materia, in modo da poter sostenere efficacemente il ruolo di testimone nella successiva fase dibattimentale del procedimento.

Considerato inoltre che le contravvenzioni contemplate dall'art. 659 c.p. hanno natura di reato eventualmente permanente, è generalmente ritenuta ammissibile l'applicazione della misura cautelare reale del sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) al fine di interrompere la permanenza in atto o di evitare che la disponibilità dello strumento utilizzato possa agevolare successive violazioni della disposizione penale.

La Corte di Cassazione pur ammettendo l'applicabilità della misura cautelare ha però correttamente precisato entro quali limiti la stessa debba estendere la propria efficacia. A tale proposito, si è escluso che possa essere operato il sequestro di un immobile quando questo è estraneo al reato, costituendo semplicemente il luogo dove il reato stesso è stato commesso. Ad esempio, “…non sarà possibile disporre il sequestro di un circolo ma, unicamente, dell'impianto di diffusione sonora che, installato all'interno dello stesso, genera rumori molesti” (Cass., sez. I, 11 dicembre 1992, Pozzi). Analogamente, è stata riconosciuta illegittima la misura cautelare applicata ad un pubblico esercizio per i rumori derivanti dall'attività che era svolta ma causati dagli avventori all'esterno del locale (Cass., sez. I, 15 gennaio 1994, P.M. in proc. Desideri) anche se va ricordato che "…è ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 659 C.P., per i continui schiamazzi e rumori provocati, con disturbo delle persone, dagli avventori di un bar, il gestore del medesimo. Infatti la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta anche l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento (attuazione dello ius excludendi, ricorso all'autorità, ecc.) per impedirne l'attuazione e la prosecuzione" (Cass. Pen., sez. VI, 24 agosto 1993, n. 7980).

Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione la misura viene dunque applicata quasi esclusivamente sugli strumenti utilizzati per la produzione del rumore. Tale soluzione consente inoltre, in alcuni casi, di salvaguardare contestualmente le esigenze di tutela della pubblica quiete e quelle economiche del contravventore subordinando la restituzione del bene sequestrato all'adempimento di specifiche prescrizioni. Tali prescrizioni possono essere supportate da differenti modalità, asseconda delle specifiche esigenze, le quali spaziano dagli interventi più radicali quali, ad esempio, la sostituzione degli impianti rumorosi o l'esecuzione di lavori di insonorizzazione, agli accorgimenti meno gravosi ma comunque efficaci quali, ad esempio, l'apposizione di sigilli o la predisposizione di particolari soluzioni tecniche idonee ad impedire l'aumento di volume di un'apparecchiatura di diffusione sonora oltre un certo limite (installazione di un limitatore della potenza acustica), ovvero la prescrizione di particolari modalità di esercizio dell'attività (spostamento di macchinari in altre parti dello stabilimento, chiusura di determinate aperture che determinano la diffusione del rumore in particolari direzioni ecc.).

 

 

 

 

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