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Il concerto della discordia
Il recente concerto di Vasco Rossi allo stadio “San Siro” di Milano ha acceso l’annoso dibattito fra coloro che sostengono tali appuntamenti musicali, a “tutto volume”, e coloro che durante questi appuntamenti assaporano unicamente il lato meno piacevole, ossia quello legato al disturbo generato all’interno delle proprie abitazioni. Un aspetto questo che ha diviso l’opinione pubblica, arrivando, in certi casi, a minimizzare, finanche considerare ridicole, le ragioni della controparte, non ritenuta sufficientemente rispettosa delle libertà individuali. E’ già, perché proprio di questo si tratta. Si può ritenere un “diritto” poter assistere ad una manifestazione canora che attira un così numeroso pubblico, fra giovani e meno giovani, assorti nella rievocazione di ricordi che ha saputo ispirare uno dei principali cantanti della musica italiana? Se mi è consentito esprimere una mia personale opinione, direi di si. Al contempo, si può considerare un “diritto” poter godere appieno della propria abitazione, consentendo il riposo e, in generale, lo svolgimento di una piena e completa attività domestica? Anche in questa circostanza, la mia risposta non può che essere affermativa. Ma allora, perché se entrambe le parti hanno una giustificata ragione, si assiste ad una reciproca accusa di scarsa sensibilità, tolleranza e, in generale, di senso civico? Non esiste una sola risposta ma, probabilmente, ce ne sono tante quante il numero di persone chiamate ad esprimere una propria valutazione sulla vicenda, magari condizionate dal fatto che quel genere musicale può, o meno, piacere o, semplicemente, dall’essere sostenitori della necessità di dover garantire all’interno delle abitazioni livelli di rumorosità accettabili. Allora, che fare? Credo che avere la sensibilità di assicurare il rispetto delle diverse esigenze sia una buona regola da cui partire e, sulla base di questa, cercare un equo compromesso fra le parti. Non esiste una ragione più giusta dell’altra, ne un diritto che possa avere l'insita presunzione di poter prevaricare sull’altro. Tuttavia, è dovere della classe dirigente, degli amministratori locali e di quanti sono chiamati a decidere sulla vicenda, trovare una soluzione condivisa. In ogni caso, laddove le esigenze siano diametralmente opposte, probabilmente, alla base vi sono scelte gestionali inadeguate. Cerco di spiegarmi meglio. Quanti di noi condividerebbero l’idea di veder costruito davanti a casa una grande struttura impiegata stabilmente al divertimento? Posso immaginare pochi, ed io, per primo, sarei uno di questi. Inoltre, se ciò accadesse, è probabile che l’avvio di accese polemiche giunga a compimento di una serie di circostanze nelle quali si ha avuto modo di offrire: dapprima tolleranza, poi invocare una limitazione e, solo infine, passare ad un’accesa contestazione. L’esigenza di disporre di idonei spazi da destinare al “divertimento” è una necessità, oltreché un diritto di una società evoluta e civile; tuttavia, queste strutture devono trovare la giusta collocazione al fine di limitare, se non impedire, l’insorgenza di contrasti fra coloro che hanno il legittimo diritto di riposare e godere appieno di una vita tranquilla all’interno delle proprie mura domestiche e chi, invece, si attende di poter dare sfogo alle proprie passioni canore. Ciò nonostante, i
luoghi isolati di oggi non devono diventare le periferie residenziali di domani.
Consentire l’edificazione di abitazioni vicino a importanti sorgenti di rumore
non è meno grave che consentire lo svolgimento di attività ad elevato impatto
all’interno di contesti residenziali, con la sola precauzione di pretendere da
loro, solamente, una maggiore tolleranza.
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