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La classificazione acustica, fra realtà e illusione
La classificazione acustica è uno strumento di governo attraverso cui i Comuni definiscono i valori massimi di rumorosità per ciascuna classe omogenea di territorio, in relazione alla loro reale destinazione d’uso. La normativa di settore ha sancito l’obbligo, da parte dei comuni, di procedere alla classificazione acustica del proprio territorio, secondo le sei classi indicate nella tabella “A” del d.P.C.M. 14 novembre 1997 recante “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”. Ciò nonostante, a tutt’oggi sono ancora poche le Amministrazioni che si sono dotate di tale strumento. Per il vero, la considerazione espressa non può essere generalizzata, giacché vi sono Regioni che, nel corso di questi anni, hanno sostenuto con impegno il compito di incoraggiare lo sviluppo di tale strumento, come la Lombardia, l’Emilia-Romania, la Toscana e la Liguria alle quali va certamente riconosciuto il merito di aver perseverato con insistenza o, per meglio dire, senza perdere la speranza, nonostante un clima di generale latenza. Il dato certamente più angosciante è constatare che a distanza di oltre 15 anni dall’emanazione del d.p.c.m. 1° marzo 1991, primo riferimento normativo in Italia in materia di protezione del rumore ambientale, vi sono ancora molti amministratori che si interrogano sull’utilità o meno di procedere alla stesura di tale strumento, il che è certamente sintomatico di come non si sia maturata una coscienza sociale tesa a considerare il “rumore” un fattore di primaria importanza per la salute di ogni cittadino. Individuare le reali cause e mettere in campo le contromisure non è semplice poiché vi sono più fattori ostili concatenati, i quali fanno perno sulla convinzione generale che il rumore sia, e rimanga, un problema “degli altri”, ovvero di chi si trova coinvolto, più o meno volutamente, in una vicenda di disagio. Si pensi a chi risiede in vicinanza di una strada, di una fabbrica o di un pubblico esercizio (discoteca, pub, ecc.). Certamente, la mancanza della classificazione acustica ostacola e, alle volte, preclude, l’avvio di importanti adempimenti che le Amministrazioni sono chiamate ad adottare per avviare una concreta opera di contenimento della rumorosità, fra cui: - revisione dei Piani regolatori (PRG) in armonia con le classi acustiche, evitando di porre a contatto aree i cui limiti si discostano in misura superiore ai 5 dB(A); - individuazione dei valori limite di immissione per le infrastrutture stradali, nei tratti in gestione alle Amministrazioni comunali; - adozione dei piani di risanamento acustico comunali; - stabilire l’assoggettabilità degli impianti a ciclo produttivo continuo ai valori limite differenziali di immissione (art. 4 del d.p.c.m. 14.11.1997); - eseguire la valutazione del clima acustico per i ricettori sensibili (scuole, ospedali, case di cura e di riposo, ecc.) coerentemente ai valori assoluti ad essi propri; in generale, una minore tutela dei soggetti disturbati. Da più parti è stata mossa la critica che l’assenza di un regime sanzionatorio, a carico di quelle Amministrazioni inadempienti, ha favorito un clima spossato nel quale primeggia l’idea del “stiamo ad aspettare”. Sta di fatto che, agire per il timore di eventuali responsabilità non pare la soluzione più ragionevole; piuttosto, è necessario valutare con attenzione ciò che viene a mancare nel caso in cui la classificazione acustica sia assente, ossia l’opportunità di un ambiente e una qualità della vita migliori.
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