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Il progetto di bonifica acustica: illustrazione di un caso pratico

Febbraio-Marzo 2021 - A cura di Filiberto Pisoni - Tecnico impiantista (mail: filiberto.pisoni@fastwebnet.it)

 

Nell’ambito di una controversia avviata da alcuni residenti, si è reso necessario redigere un piano di risanamento acustico di una storica segheria collocata nel centro abitato di una pregiata località turistica montana. Se l’attività avesse mantenuto le sue caratteristiche acustiche originarie avrebbe forse potuto restare a far parte del patrimonio acustico locale, tollerata dalla comunità ed addirittura per i turisti essere considerata una apprezzata particolarità acustica di una zona alpina; sennonché trasformandosi in una realtà produttiva moderna ha assunto una connotazione industriale anche dal punto di vista delle immissioni di rumore divenute estranee al contesto.

L’azienda, per cui l’accertato superamento dei limiti della Legge sull’inquinamento acustico, sia in periodo diurno che notturno, aveva condotto ad un parziale fermo degli impianti, aveva già in programma di trasferire le attività produttive in zona industriale entro i due anni successivi, anche per addivenire ad una soluzione delle problematiche acustiche.

In considerazione di ciò, al redattore del progetto di bonifica acustica venne chiesto che gli interventi proposti fossero realizzabili in tempi brevissimi con costi contenuti e che potessero essere utili anche nella nuova sede, oltre a ricondurre le immissioni entro i limiti normativi.

Le sorgenti le cui emissioni determinavano inquinamento acustico erano collocate all’esterno dei capannoni di lavorazione. Si trattava di tre celle di essiccazione, di due filtri a manichette autopulenti serviti da ventilatori radiali, di un ventilatore-pompa per segature, di un separatore a farfalla del solido sospeso e di un separatore a vaglio vibrante.

Per determinare l’entità del contributo alla rumorosità generale di ciascuna delle sorgenti indagate, sono state fatte attivare in sequenza e di ognuna è stata acquisita in contemporanea la rumorosità emessa alla fonte e quella immessa al ricettore (edificio di civile abitazione) più vicino.

L’analisi dei dati acquisiti indicava che nessuna azione singola era sufficiente a riportare i livelli di rumorosità ai valori definiti dai limiti dell’inquinamento acustico e che si rendeva necessario prevedere di attuare più soluzioni su ogni singola sorgente. Sono stati quindi condotti ulteriori rilievi fonometrici in immediata adiacenza alle sorgenti, in corrispondenza degli organi meccanici all’origine della sollecitazione e lungo le linee di propagazione della sonorità emessa.

 

Figura 1. Andamento temporale dei livelli medi "short LAeq" (linea di colore blu) e della banda a 1/3 ottava a 5 kHz (linea di colore rosso).

 

Queste rilevazioni hanno consentito di comprendere e di quantificare attraverso l’elaborazione dei dati quali caratteristiche – spettrali e di livelli emessi – avesse la parte udibile dai ricettori della emissione, da quale meccanismo fosse generata ed il grado di abbattimento che era da conseguirsi per ciascuna particolarità acustica delle sorgenti indagate, al fine di ricondurre le immissioni entro i limiti richiesti.

Ricavata la sonorità caratteristica di ciascuna sorgente è stato possibile valutare in quali punti del percorso sorgente-ricettore fosse più conveniente agire, giungendo alla definizione delle priorità degli interventi di insonorizzazione da adottarsi in ottemperanza ai vincoli di efficacia, costi di realizzazione, tempi di messa in opera e benefici percepiti dai ricettori.

Si è adottato il criterio di intervenire prioritariamente alla base del fenomeno vibratorio che ingenera la sonorità, sia perché i risultati così ottenuti hanno bassa aleatorietà rispetto alle modalità di utilizzo sempre variabili dei macchinari, sia perché la mitigazione è conseguita per tutti i ricettori, indipendentemente dalla loro posizione. Sono stati prescelti: gli interventi sugli impianti più rumorosi e che erano causa del superamento del limite diurno (06-22) e notturno (22-06), gli interventi che a parità di beneficio comportavano i costi minori e/o potessero restare in uso nella nuova sede aziendale, gli interventi che a parità di costi comportavano il maggior beneficio in termini di riduzione del livello medio o delle componenti acustiche con carattere tonale e impulsivo.

Per corrispondere agli obiettivi di contenimento dei costi e di rapidità di esecuzione, le soluzioni prospettate nell’ipotesi di risanamento sono state concepite per essere realizzate con manodopera della stessa azienda e l’impiego di materiali “poveri” e a basso costo lavorabili in sede, ivi già presenti e acquistabili da fornitori locali. Dei materiali si è minimizzata la varietà e affinché l’efficacia delle installazioni non venisse pregiudicata, si era offerta la supervisione del tecnico acustico.

Tutte le sorgenti da mitigarsi erano servite da motori elettrici e presentavano una componente di rumorosità ascrivibile alla magnetostrizione derivante dal controllo elettronico della corrente. Questa componente non solo aveva un peso importante nel realizzare il livello di pressione sonora generale, ma con i suoi fischi e sibili modulati si imponeva all’attenzione. Si è perciò potuto prevedere di eliminarla installando filtri sinusoidali sulle linee di alimentazione dei motori. Il filtro sinusoidale ha la capacità di ridurre drasticamente i picchi di corrente caratteristici dei controlli switching o PWM, consentendo riduzioni della rumorosità fino a 20 dB e l’eliminazione dei fischi.

 

  

Figura 2. Andamenti della rumorosità con filtro e senza filtro rappresentati attraverso la curva tratteggiata "Sinewave" e dalla curva "PWM Power".

 

Sui motori elettrici si è previsto di intervenire anche con la sistemazione delle parti meccaniche in movimento, il controllo dei supporti ed il rivestimento interno dei carter di copertura con materiale fonoassorbente. Ultimati gli interventi fisici, si sono colte le opportunità di miglioria offerte dalla possibilità di programmare sotto supervisione fonometrica i parametri di gestione del controllore, ottimizzando le emissioni acustiche tramite l’opportuna regolazione dell’elettronica di controllo.

La rumorosità delle celle di essiccazione, unica sorgente in uso durante il periodo notturno, derivava dalla turbolenza generata nel flusso d’aria spinto da gruppi motore-elica assiali in parallelo e dalle vibrazioni che per via solida raggiungevano le pareti esterne. Ne risultavano emissioni cicliche e ritmiche caratterizzate da pulsazioni, battimenti, modulazioni ed emissione alle basse frequenze, aggravanti il disturbo.

L’obiettivo era di ridurre di almeno 10 dB il livello generale LAeq agendo alla base dei fenomeni con le sonorità che avevano il peggior rapporto disturbo-immissione, per scongiurare che dalla insonorizzazione potesse risultare addirittura l’aggravamento del fastidio arrecato da queste componenti. Si è perciò prevista una articolata serie di interventi.

Il primo componente alla base del flusso d’aria erano le eliche: oltre al controllo della bilanciatura si è prevista la registrazione uniforme del passo delle pale, differenziandola nei gruppi elica della stessa cella. Adattando poi la velocità di rotazione sarebbe stata equilibrata la portata ed insieme ridotta la pressione acustica in bassa frequenza ed impedita la ricombinazione delle pulsazioni di battimento: tutti questi risultati sono nella direzione di decaratterizzare quel rumore.

Oltre agli interventi sui ventilatori e sulla gestione del controllo si è valutata una razionalizzazione dei flussi d’aria interni, prevedendo contropareti, pareti inclinate e deflettori. Questi elementi, fonoisolanti in quanto si interpongono fra i ventilatori e le pareti delle celle e fonoassorbenti in quanto realizzati parzialmente in lana di legno mineralizzata, avrebbero agito per ridurre le turbolenze nei dintorni delle eliche, aumentandone l’efficienza e riducendo ulteriormente il rumore.

Si è osservato che la rumorosità interna agli essiccatori promanava all’esterno anche dagli sfiati sulla copertura. Si è lì prevista una doppia deviazione del flusso: una all’interno delle celle ed una esterna, la seconda con il montaggio di un cappello per ogni camino; entrambe erano realizzate in lana di legno mineralizzata.

Era stato constatato che dalla parte posteriore di uno degli essiccatori promanava più rumore che dagli altri: la causa consisteva nelle vibrazioni della centina di supporto dei ventilatori assiali che un puntone trasmetteva alla parete. Per eliminare il rumore prodotto tramite questo collegamento rigido è stato previsto di interromperne il percorso di propagazione interponendo un elemento elastico a disaccoppiare gli elementi strutturali.

Le lavorazioni di questa industria necessitavano di due linee di aspirazione delle segature, i cui filtri partecipavano alla emissioni diffondendo attraverso le pareti del corpo macchina il rombo dell’aria spinta dai ventilatori esterni e la porzione in bassa frequenza del getto dell’aria nelle manichette interne al corpo del filtro.

Per attenuare queste sonorità si è individuata la soluzione di rivestire i lati dei corpi filtranti che irradiavano nella direzione dei ricettori con una schermatura disaccoppiata, con struttura in listelli di legno e schermo in pannelli di lana di legno mineralizzata. Per non gravare sui supporti di disaccoppiamento, che avrebbero perduto in breve tempo efficacia e durata schiacciandosi sotto il peso della barriera, questo è stato scaricato a terra rinunciando all’attenuazione, peraltro trascurabile, derivabile dall’aumento della massa del filtro.

Le valvole di sparo esterne ai filtri emettevano un rumore di tipo impulsivo fortemente caratterizzante. Erano avvitate su un corto tubo metallico da 1” saldato ad un serbatoio cilindrico di diametro circa 100 mm, lungo quanto il corpo del filtro stesso e comune per tutte.

 

  

Figura 3. Foto delle valvole di sparo del silo segatura (a destra) e schema delle soluzione di intervento di riduzione del rumore (a sinistra).

 

Si è previsto di disaccoppiare il serbatoio dal corpo macchina interponendo materiale resiliente al contatto e di rivestire la superficie con una guaina bituminosa al piombo. Il risultato atteso era di smorzare le vibrazioni delle pareti del serbatoio generate dall’urto prodotto dallo sblocco della valvola e costituire barriera per il rumore prodotto dal flusso all’interno del serbatoio.

Sul tubo da 1” tra la valvola e il serbatoio poteva essere aggiunta una massa costituita da un collare di ferro in due pezzi del peso di almeno 1kg per ridurre l’energia meccanica dell’impulso trasmesso dalla valvola al serbatoio.

La connessione fra la valvola di sparo ed il circuito interno al filtro era affidata a raccordi flessibili lunghi 25 cm che, a causa della cedevolezza radiale del tubo, consentivano la propagazione in aria dell’impulso generato dal fronte d’onda all’apertura della valvola. Si previde di contenere le emissioni incapsulando il tubo in un controtubo – in due pezzi per consentire la manutenzione – interponendo lana di acciaio fine nell’intercapedine, come avviene nei silenziatori di scarico.

Si era infine constatato che alcune elettrovalvole mostravano talvolta incertezze nella chiusura, denunciate da una coda di emissione ad alta frequenza (fischi nella banda dei 5 kHz): di queste si è indicata la sostituzione.

Considerati gli interventi alla sorgente del rumore con un rapporto costi-benefici da ottimo a buono e stimato che potessero non essere sufficienti, si è valutato se vi fossero convenienti azioni sulle vie di propagazione per contribuire alla riduzione del rumore. Esclusi i separatori delle segature, gli altri macchinari erano posti in un cavedio formato dalle celle di essiccazione e dalla facciata dello stabilimento per cui era valutabile un fattore di direzionalità Q molto alto: tra 4 ed 8. Effettuare un unico intervento sul fattore di direzionalità lasciava prevedere riduzioni dell’ordine dei 3 dB ad un costo molto contenuto.

Inoltre, lo spigolo che la facciata formava con la sporgenza di sottogronda reindirizzava all’esterno, verso i ricettori, la pressione acustica dei macchinari presenti nel cavedio. Si è quindi previsto di realizzare una veletta in testa alla sporgenza della copertura, in assi di legno terminate a punta per sfruttare l’effetto di ulteriore attenuazione delle onde, rifratte dalla estremità della barriera. Nel volume ricavato fra facciata, copertura e veletta fu previsto di inserire una trappola acustica costituita da un sistema di elementi fonoassorbenti in pannelli di fibra di legno mineralizzata; la regolazione in opera dell’inclinazione dell’elemento centrale consentiva di ottenere per interferenza acustica la compensazione della distribuzione spettrale del rumore da controllarsi.

La sintonizzazione sulla più opportuna frequenza dell’interferenza acustica distruttiva doveva essere conseguita sulla concomitanza dell’emissione più importante e della regolazione di inclinazione riscontrata in tempo reale dall’analizzatore di spettro.

 

Alcuni spunti di riflessione

Le opere di mitigazione acustica descritte si prefissavano di cancellare o, qualora non possibile, ridurre quelle componenti di rumore che appaiono particolarmente fastidiose all’orecchio di un ascoltatore, quali i fischi, gli stridii e le componenti spettrali “stabili” che contraddistinguono quei rumori alieni al contesto del rumore ambientale caratteristico della zona.

Al contempo, avrebbero cercato di conservare, sebbene a livelli più contenuti, quella parte del rumore che risulta caratteristica di tale attività produttiva centrata sulla lavorazione del legno, andando a caratterizzare il “clima sonoro” della zona nella quale la componente antropica diviene un componente imprescindibile del rumore ambientale.

Tuttavia, tale progetto non ha avuto compimento poiché il titolare dell’attività ha preferito indirizzare l’intervento di contenimento delle immissioni sonore nella realizzazione di uno schermo protettivo (barriera antirumore) eretto a ridosso delle principali sorgenti, per un’altezza tale da racchiuderle. Così facendo, se da un lato la barriera ha consentito di ridurre i livelli di rumore entro i limiti fissati dall’attuale Ordinamento pubblicistico, dall’altro la sonorità della specifica sorgente è rimasta pressoché inalterata a scapito della qualità dei livelli sonori percepiti.

Questa considerazione pone l’attenzione su un aspetto molte volte trascurato nell’ambito della definizione delle opere di contenimento del rumore che coinvolge il giudizio soggettivo espresso nell’ambito della bontà dell’intervento di mitigazione realizzato e non solo sulla quantità delle immissioni effettivamente abbattute. Ciò, infatti, intercetta aspetti che riguardano il campo della psicoacustica attraverso la quale, nella valutazione del rumore, non ci si limita a stabilirne l’entità fisica della pressione sonora ma ci si spinge oltre per cercare di riconosce anche un altro altrettanto importante criterio di giudizio che è quello della qualità del suono percepito. Ma questo sarà materia di uno dei prossimi articoli.

 

 

 

 

 

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