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Barriere antirumore e microclima
Febbraio 2006 - A cura di Luciano Mattevi
 

 

Con sempre maggiore frequenza sono costruite lungo strade, ferrovie o a ridosso di attività produttive barriere antirumore, realizzate con diversi tipi di materiale: legno, c.l.s., biomuro, alluminio, ecc..

Gli effetti protettivi di una barriera, in termini di abbattimento dei livelli di rumorosità, sono oramai noti, ma siamo veramente sicuri che una barriera antirumore sia la soluzione migliore per l’abbattimento dei livelli di rumorosità?

Le basse temperature di questi giorni hanno sollevato un problema spesso trascurato durante la progettazione di tali manufatti, ossia l’alterazione del microclima creata dalla barriera antirumore.

Di recente sono stato chiamato ad eseguire una serie di misurazione lungo un tratto di tangenziale, nei pressi di alcuni edifici interessati dalla realizzazione di una barriera antirumore. Sono rimasto alquanto stupito nel costatare che a ridosso della barriera la neve caduta nei giorni scorsi era ancora consistente, mentre a soli pochi metri i caldi raggi solari avevano sciolto il manto nevoso e il terreno appariva asciutto.

Certamente, oltre ad un oscuramento della visuale, la barriera riduce l’irraggiamento solare delle facciate degli edifici, i quali sono pertanto esposti a temperature più rigide, con conseguente aumento dell'energia destinata al riscaldamento e al condizionamento dei locali.

Le condizioni del microclima sono importanti non solo per coloro che risiedono all’interno degli edifici ma anche per chi transita a piedi o in bicicletta, i quali vengono esposti a basse temperature e al pericolo di incidenti causa, ad esempio, la formazione di ghiaccio.

Una soluzione al problema consiste nell’adottare pannelli trasparenti nella parte superiore della barriera, al fine di aumentare l’illuminazione e garantire un sufficiente irraggiamento, evitando che all’interno delle residenze si creino marcate variazioni del microclima.

Tuttavia, la soluzione maggiormente compatibile è quella che utilizza elementi naturali, quali tomi inverditi, i quali, oltre a migliorare il microclima, migliorano sensibilmente l’inserimento visivo dell’opera stimolando la creazione di ambienti sani e piacevoli.

La disciplina che si occupa di analizzare tali aspetti è l’ingegneria ambientale, la quale utilizza piante vive o parti di esse per realizzare interventi particolarmente efficaci.

Le tecniche di ingegneria naturalistica possono essere applicate nel consolidamento e nella stabilizzazione delle scarpate, in ambito stradale e ferroviario, per la riqualificazione ecologica di rilevati e trincee, ma anche per la realizzazione di barriere e rilevati vegetali antirumore mediante rilevati rinverditi e messa in opera di barriere vegetali per combattere la diffusione di polveri. In ogni caso, sono da evitare, per quanto possibile, opere sovradimensionate o comunque opere a complessità eccessiva rispetto al problema da risolvere.

I progetti che riguardano le opere con tecniche di ingegneria naturalistica sono redatti dal progettista, sulla base di un approfondito studio dell’assetto locale, delle caratteristiche delle componenti ambientali presenti e degli obiettivi dell’intervento, con l’individuazione delle metodologie che meglio rispondono ai necessari criteri di efficacia, compatibilità ambientale ed economicità dell’opera.

 


Bibliografia
Manuale tecnico di Ingegneria Naturalistica della Provincia di Terni
AA.VV., 1994 - Atti del Corso di formazione professionale in Ingegneria Naturalistica promosso dalla Regione del Veneto, Belluno.
Schiechtl H.M., Stern R., 1992 - Ingegneria Naturalistica. Manuale delle opere in terra, Edizioni Castaldi, Feltre (BL).
Schiechtl H. M., 1973 - Bioingegneria Forestale. Basi, materiali da costruzione vivi, metodi, Edizione Castaldi, Feltre (BL).
Sauli G., Cornelini P., Preti F., 2002 - Manuale di Ingegneria Naturalistica applicabile al settore
idraulico nella regione Lazio, Regione Lazio, Roma.

 

 

 

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