Risulta difficile valutare il corretto operato dell'Amministrazione senza
disporre di un approfondito esame degli atti prodotti. Al contempo, è
necessario considerare che, intraprendere un'azione di opposizione alla
realizzazione di un'attività produttiva a ridosso di un'area
residenziale, appare oramai un'azione tardiva. Infatti, allorquando se ne
fossero manifestati gli estremi, si sarebbe potuto avviare un ricorso
gerarchico al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) in occasione
dell'ipotesi di revisione delle strumento urbanistico (P.R.G.), oppure
delle successive autorizzazioni edilizie, qualora prive dei necessari
elementi di salvaguardia della popolazione esposta al rumore.
Tuttavia, può risultare al contempo utile fornire alcune indicazioni, di carattere
prettamente generale, per cercare di presentare una panoramica dei principali aspetti
in materia di inquinamento acustico che
coinvolgono la gestione di una pratica edilizia per la costruzione e
l'esercizio di attività produttiva.
Fatta salva la
corrispondenza fra ciò che è stato edificato e
le limitazioni definite dalle norme di attuazione del Piano Regolatore Generale (PRG), in difetto delle
quali si aprirebbero anche le ipotesi di illecito edilizio,
l'autorizzazione all'edificazione e al successivo esercizio dell'attività
produttiva è vincolato alla presentazione di una documentazione
di impatto acustico redatta, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della
Legge 26 ottobre 1995, n. 447 e s.m.i., recante "Legge quadro
sull'inquinamento acustico", da un Tecnico Competente in Acustica
Ambientale (TCAA) di cui all'articolo 2, comma 6, della medesima
Legge quadro.
Tale documentazione deve
perlomeno riportare, in relazione al tipo di attività, la tipologia degli
impianti installati, l'entità dei livelli di emissione e di isolamento
acustico della struttura nella quale sono installati, oltre a descrivere i
sistemi di contenimento del rumore adottati per contenere le
immissioni di rumore, il periodo di funzionamento
e la stima dei livelli prodotti nei pressi dei ricettori
esposti al rumore dell'attività, al fine di soddisfare i valori
assoluti (emissione ed immissione) definiti dalla Classificazione
Acustica del territorio comunale o in sua assenza dei valori di
accettabilità di cui all'articolo 6, del d.P.C.M. 1° marzo 1991,
oltreché dei valori limite differenziali di immissione di cui
all'articolo 4, comma 1, del d.P.C.M. 14 novembre 1997, recante "Determinazione
dei valori limite delle sorgenti sonore". Quest'ultimi vanno
riferiti all'interno degli ambienti abitativi esposti al rumore, a
finestre aperte o a finestre chiuse, a seconda di quale che sia la
maggiore condizione di disturbo.
Qualora i titoli edilizi e
di esercizio dell'attività siano stati concessi senza tale
valutazione o la stessa riporti condizioni diverse da quelle messe in
atto, essendo questo pregiudizievole alla legittimità dello stesso titolo
edilizio, il Comune potrà decidere di sanare l'autorizzazione pendente
richiamando
il titolare dell'autorizzazione ad una integrazione/modifica della
documentazione, al fine di garantire il rispetto dei predetti limiti di
rumore; oppure, potranno essere disposte da parte dello stesso Comune le verifiche fonometriche all'Agenzia Regionale per la
Protezione dell'Ambiente (ARPA) territorialmente competente, sgravando
così la popolazione esposta al disagio da rumore dalle spese
per l'avvio di tali verifiche in autonomia.
Qualora all'esito di tali
verifiche fonometriche venisse accertato il supero dei valori limite di
rumore previsti dalla vigente normativa pubblicistica sopra richiamata,
è prevista l'irrogazione della sanzione
amministrativa di cui all'articolo 10, comma 2, della L.447/95 e
l'emanazione di apposita diffida con la quale disporre il rientro, entro
un congruo termine, nei limiti di rumore.
Alla luce di quanto
indicato, pare indubbio che un'azione di salvaguardia preventiva, può spesso produrre
maggiori vantaggi a tutti i soggetti coinvolti; in primis
alla
popolazione esposta al rumore, alla ditta e, non da ultimo, alla stessa
Amministrazione comunale che, in alternativa, sarebbe chiamata alla gestione di
un
procedimento amministrativo promosso in conseguenza delle violazioni
accertate; ne consegue che:
"prevenire è meglio che curare". In tale contesto, v'è
da aggiungere che,
l'articolo 4, comma 1, lettera a), della L.447/95, limita il
contatto diretto fra aree i cui limiti si discostano in misura superiore a 5 dB(A),
ossia i c.d. "salti di classe", quali quelli
creati fra una zona residenziale esistente
accostata ad una zona produttiva di nuova edificazione.
Ciò considerato, data la
peculiarità del caso presentato, pare utile voler dapprima
promuovere al Comune apposita istanza di accesso degli atti che hanno
determinato la
definizione dei relativi titoli autorizzativi. In seguito, si potrà
valutare, con il supporto di un'adeguata figura tecnico/legale, le
opportune azioni da intraprendere per fornire una pronta
soluzione ai disagi lamentati.
Da ultimo, qualora il
Comune si dimostrasse latente e sempreché ve ne siano i presupposti
giuridici,
si potrà presentare il caso anche all'esame dell'Autorità Giudiziaria,
sulla scorta del
disposto ex articolo 659 C.P. che disciplina il disturbo delle
occupazioni ed il riposo delle persone, qualora al disturbo lamentato,
intercettando una pluralità di soggetti, ossia più abitazioni, ne segua
un esplicito interesse.