La
risposta della Redazione
...Costretto a chiudere
Egregio Lettore,
evitando di voler esprimere commenti circa i comportamenti
assunti dallo stesso locatore per rivendicare i propri disagi, presunti o
concreti che siano, non abbiamo di certo la presunzione di saper offrire una
spiegazione al Suo personale dramma. Tuttavia, se La può consolare, quanto Le è
accaduto non è frutto delle norme che regolamentano le immissioni sonore, né
tantomeno la conseguenza delle azioni promosse da quanti hanno titolo per poter
rivendicano legittimamente le proprie esigenze, entrambe espressione di civiltà,
bensì rappresentano, semmai, l'inevitabile conseguenza di altre disattese
azioni, fra le quali quella che designa l’idoneità urbanistica, avendo
consentito l'insediamento di attività aventi una loro tipicità di impatto sonoro
all'interno di contesti abitativi, peggio se assunta senza una preventiva stima
dell'impatto acustico generato, peraltro obbligatoria ai sensi dell'art. 8, c. 4
della L.447/95 recante "Legge quadro sull'inquinamento acustico". I
termini scaturiti fanno piuttosto parte delle conseguenze.
Di certo, Lei rappresenta una delle tante vittime di questa,
purtroppo ancora assai diffusa, superata prassi gestionale, anche se la Sua
preziosa testimonianza può rappresentare un indiscusso monito per quanti sono in
procinto di intraprendere un'attività, giacché, come Lei insegna, fare marcia
indietro è difficile se non impossibile, con conseguenze spesso irreparabili.
Quanto alla questione se sia o meno possibile addivenire, almeno
in parte, agli oneri di spesa indebitamente sostenuti, verrebbe da poter dire di
si, anche se questo implica, ovviamente, un preventivo, nonché approfondito,
esame del caso, oltreché l'esborso di ulteriori costi per portare, attraverso
l'ausilio di un buon legale, il caso in giudizio.
Da un primo, ancorché generale esame della vicenda, pare di
intravvedere alcuni punti critici che hanno preceduto la stipula del contratto
di locazione, qualora questo risulti sprovvisto di alcune chiare clausole poste
a garanzia di entrambi i contraenti, ovvero a carico di colui che cede un bene,
dietro un corrispettivo economico (canone), e di colui che lo riceve in
consegna, al quale gli deve essere assicurata la possibilità di usufruire di
quel bene, nei termini e per le ragioni per le quali è stato concesso. Ed è su
questa seconda parte che sembrano celare alcuni punti oscuri.
Qualora al momento della stipula del contratto era noto che i
locali sarebbero stati usufruiti come pubblico esercizio (bar), il locatore
avrebbe dovuto manifestarle eventuali carenze, quali ad esempio quelle relative
all'inadeguato isolamento acustico della struttura, o specifiche disposizioni
riguardanti le pertinenze interne ed esterne, anche inerenti gli orari, qualora
questi rappresentassero una condizione fondamentale per far fronte agli
inevitabili disagi sonori scaturiti dagli avventori nelle ore notturne, ed altro
ancora.
Avendo cognizione di tali vincoli, Lei avrebbe avuto la
possibilità di valutare, quindi decidere consapevolmente, se tali specifiche
condizioni avrebbero potuto, o meno, manifestare un suo interesse, ritenendole
comunque convenienti nella successiva gestione dell'attività. Tanto più che
alcune opere, laddove prive di un espresso vincolo contrattuale, non avrebbero
dovuto rientrare fra quelle poste a carico del locatario, facendo queste parte
di spese generali inerenti le norme di messa in sicurezza e di igiene dei locali
usufruiti dal pubblico, in carenza delle quali avrebbero potuto insorgere gravi
vizi, tali da poter far diminuirne, in modo apprezzabile, l’idoneità all’uso
pattuito.
Cordialmente.