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Monitoraggio acustico, una pratica spesso trascurata

Giugno 2010 - A cura di Luciano Mattevi

 

Il rilevamento dell’inquinamento fonico viene operato quasi sempre attraverso delle misure a “spot”, ossia in periodi di tempo limitati, rappresentativi del fenomeno rumoroso oggetto di analisi. Tali periodi possono essere definiti dal tecnico addetto alle misurazioni o, per talune sorgenti (traffico veicolare, ferroviario e aeroportuale), essere indicati da specifiche norme di settore. In tutti casi, tuttavia, il tempo di misura risulta compreso entro un arco temporale assai ristretto rispetto alla durata della specifica sorgente. Ad esempio, per la verifica dei valori limite di immissione delle infrastrutture stradali, il punto 2 dell’Allegato C al D.M. 16 marzo 1998 recante “Tecniche di rilevamento e misurazione dell’inquinamento acustico” stabilisce un tempo di misura non inferiore ad una settimana. Per analizzare il rumore da traffico veicolare, quindi, viene giudicato sufficiente un periodo corrispondente ad 1/52 di anno per stabilire se quella determinata infrastruttura possa o meno superare i limiti di legge.

Senza addentrarci troppo nella tematica, pare utile ricordare che l’andamento dei livelli di rumore prodotti dal traffico veicolare è caratterizzato, in larga parte, dalla variazione dei volumi di traffico, oltreché dalla sua composizione, ossia dalla suddivisione fra veicoli leggeri e veicoli pesanti. Di conseguenza, misure eseguite in periodi differenti possono restituire livelli medi settimanali assai diversi. Stessa considerazione può essere estesa ad altre sorgenti, quali attività industriali o pubblici esercizi. Tuttavia, non va trascurato come non possa essere dedicato eccessivo tempo alle verifiche, altrimenti il numero di accertamenti/anno calerebbe o, comunque, necessiterebbero di un numero di addetti maggiore, in entrambi i casi, i costi aumenterebbero in maniera eccessiva.

Definire dunque un metodo di indagine coerente alle esigenze espresse dalla sorgente da indagare significa avere maggiore certezza del dato esposto e permette di vigilare sulla condotta del soggetto sottoposto a controllo, stimolando in esso una maggiore “sensibilità” e attenzione. Fino a poco tempo fa ciò risultava improponibile con stazioni di monitoraggio prive di presidio, le quali risultavano in balia di eventi difficilmente identificabili nella fase di post-elaborazione. Oggi non è più così, lo sviluppo tecnologico ha interessato anche il settore dell’acustica ambientale e molte aziende produttrici di strumenti hanno in catalogo soluzioni in grado di fornire, oltre ai dati sul rumore, anche numerosi altri parametri, quali quelli meteo, trasmissione di messaggi di “allerta” ad un telefonino, video riprese del sito di misura e altro ancora. Una svolta decisiva, che può contribuire a far rinascere l’interesse verso tali applicazioni. Nel contempo, l’indirizzo espresso dalla Comunità europea è sempre più rivolto a fornire dati ambientali a lungo termine, sia nel campo delle verifiche, come indicato dalla direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale, sia in materia di accesso del pubblico all’informazione ambientale, in attuazione della direttiva 2003/4/CE.

Il controllo dei limiti di legge non è sempre e solo quello svolto dall’organo di controllo (Agenzia Regionali per la Protezione dell’Ambiente e Comuni), sebbene rappresenti il solo ed esclusivo soggetto titolato alla valutazione di una condotta lecita, bensì può essere esteso anche all'azione volontaria di quelle aziende che intendono instaurare con i cittadini un clima di reciproca fiducia, fornendo loro un’informazione chiara e trasparente di ciò che viene prodotto e del contesto in cui viene diffuso un determinato agente inquinante. Una soluzione che, peraltro, può essere introdotta all’interno delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), quale prescrizione del provvedimento di autorizzazione all'esercizio di un impianto secondo precise condizioni, conformi ai requisiti del D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 di recepimento della direttiva comunitaria 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC).

In tale contesto, il rumore può diventare, quindi, il precursore di questa nuovo modo di gestire le risorse di un territorio, in un clima di serietà e di serenità, giacché pare iniquo che l’interesse di pochi sovrasti al disagio di molti.

 

 

 

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