Ordinanza Cassazione, II Sez. Civ., n. 20096/2023
 

Intollerabilità delle immissioni acustiche.

Il Tribunale di Treviso con sentenza n 2070/2013, in accoglimento delle domande di parte attrice, accertava l'intollerabilità delle immissioni acustiche e olfattive provenienti dalla proprietà dei convenuti, sulla base della CTU svolta nel procedimento ex art. 700 c.p.c; confermava il provvedimento ex art. 700 c.p.c. dando atto dell'ottemperanza al medesimo; condannava i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni subiti dalle parti attrici, condannava i soli sigg.ri C e B, in qualità di proprietari del ristorante, alla rimozione del camino di aspirazione e tutti i convenuti alla rimozione delle antenne televisive apposte sulle parti comuni del condominio. Con sentenza n. 1600/2016, la Corte di Appello di Venezia, nel rigettare il gravame proposto dai sigg.ri C e B , ha confermato integralmente la decisione impugnata. In particolare, la Corte territoriale:

1) ha ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione, sostenendo la correttezza del metodo di misurazione "a campione" delle immissioni utilizzato nella CTU;

2) ha ritenuto congrua la liquidazione del danno determinata in via equitativa;

3) ha giudicato infondato anche il secondo motivo di gravame, rilevando che, in base al regolamento condominiale, devono essere sottoposte all'autorizzazione dell'assemblea condominiale non solo le innovazioni, ma anche le mere modifiche, tra le quali rientra la realizzazione della canna fumaria.

 

La Corte di Cassazione seconda sezione civile, ha confermato i tre motivi.

 

1) Misurazione a campione

Le modalità di scelta dei locali a campione ed i risultati dei rilievi hanno consentito di ritenere provato che le immissioni rumorose abbiano riguardato tutti gli appellati. Si legge in sentenza, con riferimento alla critica alla CTU formulata dagli odierni ricorrenti con il motivo di appello: "il metodo a campione non giustifica queste conclusioni dal momento che il perito lo ha posto in essere ragionevolmente, effettuando le perizie sugli appartamenti più lontani e più vicini alla pizzeria cioè quelle di FT e D, posti al primo e al terzo piano, essendo logico che quella distanza intermedia fossero ugualmente interessati se, come l'esperimento ha dimostrato, tanto i luoghi più vicini tanto quelli più lontani rispetto alla pizzeria pativano analogamente immissioni intollerabili". Aggiunge la Corte veneziana la significatività della circostanza che anche i periti di parte non avessero contestato il metodo a campione. Valorizzando le risultanze della consulenza tecnica di ufficio espletata la Corte distrettuale - con un giudizio in fatto, riservato al suo apprezzamento - è comunque pervenuta alla conclusione che le lamentate immissioni provenienti dal locale pizzeria superassero i limiti della normale tollerabilità in tutti gli appartamenti.  L:'apprezzamento del giudice a quo non ha determinato alcuna violazione degli artt. 2727 e 2729 e.e. Il ricorrente invoca al riguardo alcuni precedenti che sono stati successivamente confermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali la denuncia di violazione o falsa applicazione dell'art. 2729 e.e. si può prospettare quando il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri. La gravità allude ad un concetto logico, generale o speciale, che deve fondare la presunzione su un ragionamento probabilistico, per cui dato un fatto A noto è probabile che si sia verificato il fatto B (non è condivisibile, invece, l'idea che vorrebbe sotteso alla "gravità" che l'inferenza presuntiva sia "certa"), La precisione esprime l'idea che l'inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti. La concordanza integra un requisito del ragionamento presuntivo che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori considerati, volendo esprimere l'idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante e con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi. Alla luce di tali premesse, le Sezioni Unite hanno affermato che compete alla Corte di Cassazione controllare se la norma dell'art. 2129 e.e., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta, ma non anche quando la critica al ragionamento presuntivo svolto dal giudice si risolva in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, posto che, in questo caso, ci si pone nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e "su un terreno che non è quello del n. 3 dell'art. 360 cod. proc. civ. (falsa applicazione dell'art. 2 729, primo comma, cod. civ.), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti" (Cass. S.U. n. 1785/2018).

 

 2) Liquidazione equitativa del danno

Quanto al riconoscimento e alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale sofferto dai condomini, la decisione impugnata ha ritenuto la sentenza di primo grado, "anche alla luce della CTU svolta, logicamente ed esaurientemente motivata in tutte le varie componenti che, nella situazione di fatto dedotta in giudizio, concorrono a fare ritenere l'attività di pizzeria in discussione come idonea per le modalità con cui è stata svolta, a ledere la tranquillità dei singoli condomini, ai quali va quindi riconosciuto un ristoro con la determinazione di cui sopra dei danni a ciascuno dei condomini spettante quale risarcimento del danno connesso al peggioramento delle condizioni di vita". Il motivo non coglie nel segno, non solo perché si risolve anche in questo caso nella richiesta di una nuova valutazione dei dati processuali non permessa a questo Giudice, ma - soprattutto - perché la sentenza del giudice a quo si colloca nel solco di precedenti di questa Suprema Corte. Alle decisioni riportate in sentenza si può aggiungere Cass. SS.UU. n. 2611/2017, la quale ha precisato che "l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 della qonvenzione europea dei diritti dell'uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni" e, più di recente, Cass. n. 11930/2022, le cui argomentazioni sono volte a precisare che l'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili "può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune  esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita". I rilievi dei ricorrenti sulla preesistenza dell'esercizio commerciale, che avrebbe dovuto giustificare almeno una riduzione della liquidazione del danno, si scontrano con l'esclusione - affermata da questa Corte in più occasioni, in tema di liquidazione del danno da immissioni - "di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rie tra nello schema de/l'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 cod. civ., e specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del aanno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. 11 (Cass. n. 5844/07; n. 20668/10; n. 6906/2019). Quanto alla contestata mancata graduazione del danno va qui confermato quanto già indicato dalla stessa Corte distrettuale e cioè che il quantum del pregiudizio, determinato equitativamente, dal giudice di prime cure, è stato ritenuto congruo, "in relazione al pregiudizio sofferto e all'attività commerciale condotta nell'edificio", che come valutazione di merito, razionalmente condivisibile, non è soggetta ad un sindacato di legittimità.

 

3) Regolamento condominio

Il motivo non considera la presenza del regolamento condominiale di natura contrattuale che ha rafforzato i poteri assembleari, prevedendo che l'intervento dell'assemblea sia necessario anche per le modifiche volte al miglioramento della cosa comune. Precisamente, secondo quanto riportato in atti da entrambe le parti, l'art. 8 comma 1 ° del regolamento condominiale recita: "Qualora un condomino intendesse eseguir sia nell'interesse proprio che del condominio opere che comportino innovazioni esse dovranno ottenere la reventiva approvazione dell'assemblea con la maggioranza qualificata per gli artt. 1120 e 1121 c.c.". Il tenore del comma 2 ° è il seguente: "qualora il condomino intendesse eseguire solo delle modifiche per il miglioramento della cosa comune egli dovrà sottoporle in ogni caso all'assemblea, la quale non potrà negare il proprio consenso se trattasi di modifiche previste dall'art. 1120 e.e.". È il caso di precisare anzitutto che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass. n. 20694/,2018), l'interpretazione di un atto negoziale (come il regolamento condominiale contrattuale) "costituisce un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell'ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all'art. 1362 e segg. c.c.., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione)". Nell'interpretazione del regolamento contrattuale, il giudice deve utilizzare i canoni ermeneutici previsti dal codice civile e quindi leggere le clausole complessivamente e non limitarsi alla singola disposizione (art. 1363 e.e.) e cercare di ricostruire la volontà e l'intenzione delle parti contraenti (art. 1362 c.c.) (Cass. n. 10478/2018). Proprio la ricostruzione della volontà delle parti ha condotto alla decisione assunta, che non ha affatto omesso di pronunziarsi al riguardo, ma ha interpretato il regolamento condominiale nel senso di ritenere l'autorizzazione assembleare necessaria in entrambi i casi (innovazione o modifica), da  espressamente atto che furono proprio gli stessi appellanti in primo grado ad ammettere la necessità dell'approvazione assembleare (si legge a pagina 6 della sentenza che "gli appellanti in appello si sono limitati ad eccepire l'inutilità dell'autorizzazione abbandonando l'affermazione dell'esistenza della medesima proposta"). Con il che, nessuna violazione dei criteri ermeneutici è lato ravvisare nella sentenza impugnata.

 

 

 

Avv. Luca D.A.L. Bridi

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