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Avvocato Luca D.A.L. BRIDI Patrocinante in Cassazione - Presidente del Foro immobiliare sez. Milano
Viale Col di Lana, 12/A - 20136 Milano (MI) tel. 02 86461163 - fax: 02 76020911 @ lucabri9@tiscali.it - lucabridi9@gmail.com PEC lucaduilio.bridi@milano.pecavvocati.it Pubblicata il 18/08/2024 Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 7101, del 23 maggio 2024 (pubblicata il 12 agosto 2024)
(Presidente dott. Gerardo Mastrandrea, Consigliere
dott.ssa Silvia Martino, Consigliere dott. Michele Conforti, Consigliere
dott. Luca Monteferrante, Consigliere Estensore dott. Luigi Furno) Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha delineato e confermato principi cardine nelle considerazioni giuridiche di cui al punto 5.2 e 5.3 che cosi si esprimono. In tale quadro s’inseriscono, per quanto più rileva nel presente giudizio, le ordinanze di cui all’art. 50, comma 7, del D.lgs. n. 267/2000. In coerente applicazione di tali principi, il Consiglio comunale, con la deliberazione n. 50, del 22 ottobre 2020, ha definito specifici indirizzi in materia di regolazione degli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi sulla base dei quali il Sindaco può, con proprie ordinanze, definire specifici orari di apertura e chiusura degli esercizi, anche diversamente disciplinando tra l’attività condotta all’interno del locale ovvero nel plateatico. Tra gli indirizzi approvati vi è, per quanto di rilievo nel presente giudizio, quello inerente alla “Regolazione degli orari degli esercizi commerciali”, che, in particolare, prevede che “Questo Consiglio, in attuazione delle potestà legislativamente riconosciute dall’art. 50, commi 7 e 7bis, del d.lgs. n. 267/2000, intende definire specifici indirizzi in materia di regolazione degli orari degli esercizi commerciali, al fine di garantire, per tutto il periodo di vigenza della procedura autorizzatoria semplificata delle strutture leggere di cui al presente provvedimento deliberativo, una regolare e disciplinata convivenza tra le funzioni residenziali e le attività di pubblico esercizio e svago, ferme restando le disposizioni normative, maggiormente restrittive, emanate in materia di prevenzione epidemiologica da COVID-19. Gli indirizzi rispetto alla regolazione degli orari degli esercizi commerciali, artigianali alimentari e di tutti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande vengono individuati, fuori dall’attuale emergenza sanitaria, nei seguenti: (i) gli orari di apertura e chiusura delle attività commerciali, artigianali alimentari e di tutti gli esercizi somministrazione di alimenti e bevande sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti, nel rispetto della normativa vigente; (ii) il Sindaco, in attuazione delle potestà legislativamente riconosciute dall’art. 50, commi 7 e 7 bis, del d.lgs. n. 267/2000 e fermi restando provvedimenti normativi maggiormente restrittivi, può, con proprie ordinanze, definire specifici orari di apertura e chiusura di tali esercizi, anche diversamente disciplinando tra l’attività condotta all’interno del locale ovvero sul plateatico, conseguentemente al rilascio di specifica, concessione di occupazione di suolo pubblico, anche temporanea leggera. Tale delimitazione oraria può riguardare anche solo singoli esercizi o specifiche e determinate vie, quartieri, zone ed ambiti urbani maggiormente interessati da: esigenze di regolare ed equilibrata coesistenza di funzioni residenziali ed attività commerciali, avuto riguardo alla rilevante presenza di locali, alla densità abitativa e alla morfologia dei luoghi; problemi di ordine pubblico segnalati dalle competenti Autorità e di sicurezza urbana risultanti anche dalla quantità e rilevanza di segnalazioni, esposti, sanzioni comminate ovvero da reiterati problemi connessi all’inquinamento acustico ed ambientale. Di tali circostanze, cui consegue l’emissione di provvedimenti sindacali di limitazione degli orari, deve essere acquisita agli atti dell’Amministrazione comunale evidenza documentale chiaramente comprovante la sussistenza delle condizioni che comportano l’assunzione delle limitazioni orarie disposte; (iii) anche al fine di tutelare le diverse esigenze dei cittadini che potrebbero subire pregiudizi derivanti dal disturbo alla quiete pubblica e da problematiche connesse all’abuso di bevande alcooliche e all'abbandono di contenitori di bevande in vetro, con conseguenze anche in termini di tutela dell’ambiente e del decoro urbano, potrà essere, altresì, adottata ordinanza sindacale di riduzione degli orari degli esercizi commerciali, vietando, negli orari specificamente fissati dalla medesima ordinanza, la vendita da asporto, anche attraverso distributori automatici, di bevande in contenitori di vetro o latta da parte (a) dei titolari di attività commerciali in sede fissa e su aree pubbliche, (b) dei titolari di attività artigianali con vendita di beni alimentari di produzione propria (quali pizzerie da asporto, kebab ed attività analoghe) e (c) dei titolari di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande; resta salva la mera consegna a domicilio. Conseguentemente i titolari di attività di somministrazione di alimenti e bevande potranno somministrare bevande alcooliche e non alcoliche in ,contenitori di vetro solo all’interno dei propri locali ovvero negli spazi esterni concessi in occupazione anche temporanea; la consumazione dovrà avvenire nello spazio di proprietà/concessione dell’esercizio commerciale, nei limiti orari di apertura dell’esercizio, con divieto di asporto e consumazione in prossimità/adiacenza dello stesso, anche rispetto a bevande somministrate in contenitori di plastica/carta/ materiali diversi dal vetro o dalla latta”. Dall’esame del contenuto della delibera consiliare sopra riportato può fondatamente che ritenersi che l’ordinanza n. 41 è stata adottata, ai sensi dell’art. 50, comma 7, TUEL, in maniera coerente con le funzioni che lesono proprie. Le limitazioni orarie previste dalla predetta delibera consiliare possono, infatti, riguardare anche singoli esercizi o specifiche e determinate vie, quartieri, zone ed ambiti urbani maggiormente interessati dalla necessità di contemperare le esigenze della comunità residenziale con quelle delle attività commerciali, avuto riguardo alla rilevante presenza di locali, alla densità abitativa e alla morfologia dei luoghi. 5.3. Parimenti infondata è l’ulteriore sub-censura che fa leva sul rilievo per cui, in presenza del superamento delle “soglie di attenzione” del rumore ambientale, il Comune avrebbe dovuto adottare il piano di risanamento acustico previsto dall’art. 7, della legge n. 447/95 (Legge quadro sull’inquinamento acustico). Tale conclusione urta contro la considerazione per cui, sulla base di quanto prevede l’art. 2, comma 1, lett. a), della L. 447/1995, si definisce inquinamento acustico “l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo onell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le normali funzioni degli ambienti stessi”. È, pertanto, errato l’assunto delle società ricorrenti secondo cui tra i rumori in grado di arrecare fastidio, disturbo o pericolo per la salute umana non vi sarebbero quelli immessi nell’ambiente esterno ma unicamente quelli oltre soglia all’interno dell’ambiente abitativo. Contrariamente dunque a quanto affermato nell’atto di appello, la mancata verifica del valore limite differenziale di immissione non preclude l’emanazione da parte del Comune di provvedimenti a salvaguardia della salute dei cittadini nei casi in cui, come in quello di che trattasi nel presente giudizio, sia stato accertato il superamento, in modo estremamente significativo (cfr. conclusioni relazione tecnica ARPA), dei valori limite assoluti di immissione. Ciò in quanto la verifica dei valori limite assoluti di immissione non è condizionata al livello di rumore residuo, come invece assumono le parti appellanti, in quanto, ai sensi dell’art. 3, comma 1, DPCM del 14 novembre 1997, i valori limite assoluti di immissione sono riferiti al rumore immesso nell’ambiente esterno nel periodo di riferimento (diurno o notturno) dall’insieme di tutte le sorgenti sonore in un dato sito. Ne consegue che correttamente il Ta.r. Milano, nella gravata decisione, ha concluso nel senso che “neppure la doglianza centrata sul concetto di inquinamento acustico può essere condivisa, poiché l’art. 2, comma 1 lett. a), della legge 1995 n. 447 lo definisce come “l’introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle 30 attività umane, pericolo per la salute umana…”, sicché proprio i rumori immessi nell’ambiente esterno sono compresi nel concetto di inquinamento e non solo quelli relativi all’ambiente abitativo, fermo restando che nel caso di specie sono proprio quelli esterni a determinare il radicale superamento dei limiti massimi consentiti”.
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