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Il rumore, da tenere fuori di casa

Novembre 2010 - A cura di Luciano Mattevi

 

Il rumore entra nelle nostre case e, come un “nemico invisibile”, si insidia nella nostra vita, alterando il nostro umore, le nostre relazioni sociali, le nostre abitudini, la nostra salute e, come se ciò non bastasse, riduce il valore della nostra casa che con tanto sacrificio abbiamo acquistato a caro prezzo.

Nonostante questi evidenti quanto dannosi effetti, non di rado troviamo ancor oggi numerosi rappresentanti delle Istituzioni che giudicano le proteste dei cittadini disturbati dal rumore l'attacco isterico di quanti non va mai bene nulla, forse perché fautori di un'ideale di vita improponibile nelle nostre città, nelle quali non riusciamo più ad immaginare una realtà senza traffico o senza le urla delle movida notturne, sorgenti che consideriamo oramai "parti inscindibili del progresso" o, perlomeno, di una parte di esso, quella che è rivolta unicamente a preservare, senza compromessi, l’occupazione e il reddito.

Un simile giudizio non può che suscitare rammarico e preoccupazione in quanti hanno posto loro fiducia, conferendogli il titolo di “garanti” della tutela degli interessi della collettività, con l’obiettivo di far assicurare a tutti il rispetto delle regole, nel preciso intento di offrire a tutti un'esistenza degna del "vivere civile", nella quale la tutela del diritto al lavoro e alla produzione e la tutela del diritto alla salute e alla tranquillità di ciascun individuo sono poste sullo stesso piano, coerentemente al principio sancito dall’art. 3, co. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana, il quale recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

I padri della nostra Carta costituzionale, che forse è bene ricordare esprime il pensiero di un’ampia schiera politica, avevano ben chiaro il concetto di come non fosse possibile assicurare un interesse collettivo senza la tutela dell’interesse del singolo; un concetto questo espresso in un periodo storico nel quale era ancora vivo il ricordo di quanti hanno sofferto, lottato e sacrificato la propria vita per la pace, nella speranza di un futuro migliore, per se e per le generazioni a venire.

Forse in questo periodo avido, in cui il ricordo di quei anni risulta ormai sfumato, nel quale restiamo “impressionati” più dall'andamento degli indici di borsa che dai fabbisogni delle persone, abbiamo scordato l’importanza di come, per vivere in una società tanto eterogenea, abbiamo la necessità di poter contare su regole certe, quelle stesse limitazioni che ci assicurano la “tranquillità” di poter riposare, lavorare, studiare, investire il nostro tempo e il nostro danaro in quell’ambiente dove trascorriamo gran parte della nostra esistenza, ovvero la nostra casa.

Un bene tanto prezioso va tutelato e preservato da fenomeni intrusivi inquinanti, qual è il rumore, ovvero da ciò che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito come “fenomeno sonoro non gradito”, che caratterizza le nostre metropoli a causa del traffico veicolare, delle industrie, delle attività ricreative, dei pubblici esercizi che, non di rado, invadono anche gli spazi pubblici esterni, con le urla e gli schiamazzi dei loro giovani avventori, nel nome di quello che oggi definiamo, ormai senza pudore, “divertimento”.
 

 

 

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