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Pubblici esercizi, un disagio o una risorsa?
Maggio 2006 - A cura di Luciano Mattevi
 

 

Sono sempre più numerose le segnalazioni alle Autorità di controllo di coloro che vivono in vicinanza di pubblici esercizi la cui apertura si protrae fino a tarda notte, accompagnata da musica ad alto volume e schiamazzi degli avventori. Certamente, è doveroso riconoscere a tali attività un importante ruolo sociale e culturale o, semplicemente, una “valvola di sfogo” per quanti, dopo una settimana di lavoro, hanno necessità di trascorrere con gli amici qualche ora in allegria. Ciò non toglie che la voglia di divertimento degli uni si debba contrapporre all’esigenza di quiete di quanti hanno, invece, necessità di riposare, specie se tale esigenza coinvolge persone anziane e bambini.

In molte circostanze, oltre al disagio per il danno acustico e psicoacustico subito, si deve fare i conti anche con l’inerzia delle Amministrazioni locali, le quali accusano una certa lentezza nell'attivare gli strumenti utili per far cessare, da subito, le cause del disturbo lamentato.

Recentemente, si è assistito ad un’importante svolta nell’azione penale avanzata da alcune Procure che, adottando una politica dura nei confronti di quei gestori trasgressori, hanno impiegato misure cautelari forti, quali il sequestro preventivo del locale “fracassone”.

Tale azioni, pur risultando indubbiamente efficaci, non sono ancora applicate con omogeneità sull’intero territorio nazionale, a scapito di una coerente garanzia per quanti soffrono il medesimo disagio.

Un fatto pare chiaro, di fronte a così tanta incertezza interpretativa, la problematica legata alla gestione dei pubblici esercizi affonda le sue radici in ragioni sociali ed economiche certamente complesse. I bar di oggi sono assai diversi da quei locali di un tempo in cui trascorrevano i pomeriggi e le serate i nostri padri o, per i più giovani, i nostri nonni. I bar erano situati all’interno del centro abitato, perché luogo affollato e in posizione comoda da raggiungere anche a piedi, perché l’automobile era un mezzo per pochi e il “divertimento” lo si perseguiva con un bicchierino di vino (alle volte anche due) e, magari, una partita a carte con gli amici, un gioco antico che non si protraeva quasi mai oltre la mezza notte. Oggi, le nuove gestioni utilizzano quelle medesime strutture ma ciò che avviene dentro e fuori dai locali è molto diverso. La gente arriva con l’auto anche dai paesi vicini. La musica ad alto volume e i superalcolici allietano le notti di coloro che vogliono divertirsi fino alle prime ore del mattino a scapito di quanti vorrebbero, semplicemente, dormire.

Le Amministrazioni locali non vogliono o non sanno più quale ricetta inventare per arginare questo fenomeno, con la conseguenza che chi si trova coinvolto nella rivendicazione di tali disagi vede passare anche degli anni prima di arrivare ad un’efficace e concreta soluzione.

La norma di riferimento in materia di inquinamento acustico (Legge n. 447/95) ha fissato dei valori limiti assoluti e differenziali per il rumore prodotto dalla musica cui, secondo la recente giurisprudenza, è assoggettato anche il rumore prodotto dalle urla e dagli schiamazzi degli avventori. Il gestore del locale è ritenuto, per questo, responsabile del disturbo provocato dagli schiamazzi degli avventori qualora gli stessi siano prodotti nella pertinenza esterna dei pubblici esercizi o nelle sue immediate vicinanze (Cassazione Penale sezione I, 08 aprile 2003 - Ud. 28/03/2003 - Sentenza n. 16686).

Un’adeguata e pronta azione di controllo, di certo, può determinare la cessazione di una condotta illecita, ma poco contribuisce ad evitare che simili fenomeni abbiano origine. Non rimane, quindi, che adottare una politica basata sulla prevenzione e ciò è possibile, soprattutto, con la corretta gestione del territorio, limitando l’insediamento di luoghi adibiti allo svago all’interno di aree ove sono presenti abitazioni.

Qualche tempo fa, la stampa ha dato risalto all’iniziativa promossa dal comune di Modena, il quale ha avviato una politica di decentramento di quei pubblici esercizi "a rischio", spostando tali attività dall’interno del centro abitato alla periferia, nelle vicine zone commerciali e industriali, con la contemporanea istituzione di un collegamento, con mezzi pubblici, per portare i giovani sul luogo del divertimento. Tale iniziativa, era stata peraltro accompagnata da numerose critiche, specie degli stessi esercenti, certi che ciò avrebbe prodotto l’abbandono del “centro” e la nascita di zone “dormitorio”. A prescindere dalle considerazioni personali, è certamente ammirabile l’adozione di scelte così radicali e coraggiose.

La soluzione “ideale” forse non esiste, ogni caso va analizzato a se; tuttavia, l’iniziativa del comune di Modena insegna che, qualora vi siano adeguata volontà e impegno, le cose possono e debbono cambiare.

 

 

 

 

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